venerdì 4 maggio 2012

Amanti degli animali o animalisti irrazionali?

Desidero, dopo il buon successo di lettori che ha avuto l’articolo Green Hill sotto attacco del “terrorismo animalista”, (1)  chiarire un po’ di concetti, sperando di non doverci tornare sopra in futuro.

Gli animali mi piacciono, ma provo un ribrezzo atavico come se vedessi un qualcosa di particolarmente ripugnante, quando sento parlare di animalisti e animalismo, due estremismi linguistici, culturali e sociali, puzzano di radicalismo talebano e lo si è visto a Montichiari con l’irruzione e il furto di animali che hanno comportato degli arresti, ora rilasciati..

Rispetto per gli animali non significa però non saperli apprezzare per quello che danno come affetto, come aiuto alle persone anziane, ai bambini e compagnia briscola, dove provare sentimenti di non violenza e di non maltrattamento, significa sapere che oltre la funzione familiare, protetti assurdamente per legge, con l’astruso termine di “animale d’affezione”, concetto che dice tutto e nulla, eppure permette a dei fanatici di rubare una proprietà, ma semplicemente accettarli per quello che sono esseri: evolutosi meno e/o in modo diverso rispetto dell’Homo Sapiens Sapiens..

 Piaccia o no l’animale, a patto che non venga regalato da qualcuno che in casa ha delle eccedenze produttive da parte delle genitrici, o “adottato” andando a prenderselo in qualche canile dove possono ritrovare con i nuovi padroni una serenità perduta dopo una vita fatta a volte di violenze e torture, il più delle volte viene acquistato, con tanto di scontrino fiscale e/o fattura, come si fa col formaggio, la sabbia o il letame per concimare la terra. Quindi è un “oggetto animato” che emette suoni, a volte ineleggibili, alcuni dotati anche di un certo istinto, altri non diversi per la loro inedia o inutilità, come divano sfondato che lo si tiene in salotto perché dispiace gettarlo via o darlo al rigattiere.

Nonostante queste definizioni gli animali mi piacciono, perché sanno dare un calore e un affetto utile all’abbisogna nei casi di solitudine, malattia, compagnia, anche se a volte per necessità vengono utilizzati in gli altri impieghi e/o sfruttati più o meno contro la loro volontà andando contro legge.

L’animalista patologico, a differenza dell’amante degli animali è un radicale estremista che non farebbe male a una mosca, ma baste leggersi i commenti violentissimi che trovano su qualsiasi socal network, quando si tratta di maltrattamentio peggio di uccisioni,  fanno appare Josef Mengele come servile seguace delle suore della carità fondate da Madre Teresa di Calcutta, al secolo Anjeza Gonxhe Bojaxhiu, dove il cosiddetto essere umano pensante regredisce a livello intellettuale e dialettico a quello dell’ Homo habilis, in quanto emette parole sconnesse, non difformi quelle di una scrofa innamorata del maiale, con tutto il rispetto per questa specie di cui non si getta via nulla e che  in barba ai vegani, fornisce succulente costate, braciole e salumi di squisita bontà.

Ma l’aspetto più deleterio riguarda proprio la ricerca scientifica, dove anche ascoltando sul Tgcom 24 le strampalate opinioni di tanti animalisti, che parlavano dell’inutilità teorica della ricerca scientifica su cavie animali, omettendo però, per vergogna, di dire sì che ci possono essere sperimentazioni inutili su alcuni prodotti farmaceutici, tanto è vero che sembra che dopo l’uscita di nuovi farmaci sul mercato, l’85% venga ritirato in quanto dannoso per l’uomo, ma rimane quel 15% di utile a salvare delle vite umane.

 A riguardo la sperimentazione su animali, evitano accuratamente di parlare di farmaci veterinari,  si rende necessaria, in quanto fatta direttamente sui  soggetti interessati.

 Chi ama gli animali, e non li droga, ma ne ha cura, sa che in caso di malattia, ma anche come prevenzione, i farmaci vengono somministrati, anche per quanto concerne un discorso di sicurezza alimentare per i consumatori.

Il gonfi aggio con anabolizzanti è tutto un altro paio di maniche, sempre che non travalichi i termini della legalità.

A questi contestatori di Green Hill, dove sicuramente una parte dei gentili ospiti sarà inviata anche a centri che effettuano sperimentazione di farmaci a uso veterinario, in nome del loro animalismo radicale dovrebbero disobbedire alla legge che impone le vaccinazioni obbligatorie, non somministrare nulla al caro animale da compagnia terribilmente malato, nessun farmaco, pomata, unguento, puntura o quant’altro, perché potrebbero far assumere ai loro amati, farmaci che sono stati messi in commercio dopo la sperimentazione animale e non si sa quante carcasse, prima che il farmaco venga messo a punto, siano state gettate nel forno crematorio dell’industria farmaceutica.

L’amore per gli animali non deve far perdere di vista la ragione, l’intelletto superiore che differenzia la specie umana da quelle di categoria inferiore e non dotate di ragione, ma mosse solo dal puro istinto che si è affinato nel corso della loro evoluzione, assorbendo fino  ad un determinato punto, alcuni comportamenti che all’occhio influenzabile dal sentimento e affetto, possono essere scambiati per scintille di intelligenza.

Ma c’è un'altra patologia che sembra stia rinscimunendo mezzo pianeta, grazie ancora ai socia network: il proliferare di foto di bestie di ogni caratura, cani, gatti cavalli, scimmie e chi più ne ha più ne metta, come se gli internauti fossero affetti dalla patologia “metti l’animale  più buffamente idiota nel tuo diario”, altrimenti sei out.

Per carità, va bene voler bene alla propria bestia da compagnia, amare canide bastardo che tra i suoi avi manca solo un’antenata che sia stata ingravidata da un elefante o quello di pregio, comprato sborsando centinaia di euro, a meno che non vengano acquistati di contrabbando, per risparmiare, secondo la tipica taccagneria italiota(2) , o l’asino fotografato come fosse uno scienziato dell’U.C.L.A, dimenticando tutto il resto, come ci fosse una specie di narcolessia animalesca che sembra che li porti a vedere solo animali, cani, bestie, come se il massimo delle priorità esistenziali fosse il miagolio di  Mario, l’abbaiare di Monti, il ragliare di Vittoria, il nitrire di Brambilla.

E sopra a tutto questo chi ci marcia? L’industria veterinaria, quella dove gli animalisti tacciono e non aprono bocca, perché è vero che esistono veterinari e cliniche veterinarie oneste, che fanno il possibile, entro la ragione etica del buon senso, per salvare la vita degli animali, ma esistono anche i brigati, che si approfittano senza pietà dell’affetto – a volte anche morboso – dei proprietari, per propinare cure inutili, costose – leggesi accanimento terapeutico – visto che il proprietario paga, utilizzato come una vacca da mungere, sapendo che la vita dell’animale non potrà essere salvata, ma sfruttando l’attaccamento, riescono a spillare denaro, senza che questi fiatino, salvo poi svegliarsi, e iniziando a fare i conti quando l’amata bestia prende il volo, cessando di vivere, filandosela dritta verso il “Paradiso degli animali” – sempre che ne esista uno di simile per gli umani.

Ci vorrebbe una legge chiara che impedisca tutto questo, una legge che obblighi i veterinari e le cliniche veterinarie a sopprimere, tramite iniezione, quando sanno che l’animale è incurabile, ma questo non viene fatto, anche perché la ricerca – gratis – con i padroni che pagano, genera poi profitti, visto che chi può sapere se all’animale vengono somministrati farmaci autorizzati o anche sperimentali, solo per creare una casistica di morte o di sopravvivenza? Ma questo spetta all’etica e alla professionalità del veterinario e/o della clinica, dove non si può dire a priori che sia sempre così.

Gli animalisti fanatici non si rendono conto che sono le prime prede dell’industria farmaceutica veterinaria, sfruttati senza pietà, nel nome dei loro amati animali, ma vanno in piazza a protestare contro un canile, Green Hill, che alla fine svolge il proprio onesto lavoro anche per loro.

L’aspetto più deleterio è che taluni animalisti, non tutti, non si rendono conto d’essere, nell’insieme tra primi che avvallano tacitamente il ricchissimo business miliardario su scala planetaria, ma che non vogliono vedere, perché i loro bei principi relativistici e ballerini crollerebbero miseramente, comprendendo che alla fine andare contro la sperimentazione animale equivale a condannare a morte certa non solo i loro protetti, ma anche a mettere a repentaglio la sicurezza del bestiame, mettendo poi a repentaglio la salute dei consumatori.

Marco Bazzato
04.05.2012





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