sabato 14 aprile 2012

Crisi economica, 9 suicidi nel Veneto, per un totale di 23 dall’inizio del 2012

A una prima superficiale lettura sembra una “Strage di Stato”, ma leggendo con attenzione le cifre, ci si rende conto di un fattore essenziale: ossia, quasi il 50% dei suicidi sono avvenuti in Veneto. Indice, dipende dai punti di vista, di una forte debolezza psichica nei confronti delle avversità della vita e/o dell’imprenditoria, di un’ammirevole capacità di libera scelta dell’individuo. In ogni caso il “Modello Nord Est” in questa circostanze, sta facendo ancora la parte del leone, come apripista di una tendenza che potrebbe far scuola e consolidarsi nel Paese.

Sembra diventata una moda quella degli imprenditori veneti, soffocati e strangolati dalla crisi economica, di togliersi dalle spese, suicidandosi.

 È la Cgia di Mestre ad alimentare il presunto allarme sociale, dovuto al fatto che nell’odierna società il suicidio è considerato un tabù, peggio ancora nel religiosissimo Veneto, tutto fabbricchette, p – e/ o l – adroncini con la quinta elementare, la terza media, chiesa, moglie, amante e Suv ultimo modello con la ciambella a Gpl, abito griffato comprato tarocco dai cinesi, per risparmiare.

I suicidi in questi casi non sono un allarme sociale, ma il modo con cui un certo tipo di imprenditoria pecoreccia, alla “poenta e osei” o da “risi e bisi” che per anni si è arricchita, sfruttando il lavoro nero, vivendo di sommerso, di “mistre” che facevano i lavori in casa, di notte, lavoratrici a cottimo sottopagate, senza contributi pensionistici, che oggi con la stretta della Guardia di Finanza che passa al setaccio i conti delle imprese, non soffermandosi sullo scontrino fiscale, sono in imbarazzo, impossibilitati a entrare entro un modo di pensare fatto di legalità, rispetto delle regole, della concorrenza, essendosi arricchiti per trent’anni con l’arraffo, con i capannoni e le abitazioni abusive, regolarmente condonate dai governi compiacenti.

Il suicidio rappresenta oggi in Veneto la conferma della Teoria evoluzionistica di Darwin, dove i più forti sopravvivono e gli imprenditori più piattole si “terminano” da soli, senza il bisogno dell’aiuto esterno, da parte di persone terze.

La catena di suicidi a detta di qualcuno sta soffocando la regione, ma a detta di altri, la sta liberando. Dove oltre a portare con se il naturale e umano dolore dei famigliari sopravvissuti,  sta creando  una ventata di pulizia, di legalità  a tutti i livelli, soprattutto per quanto concerne le Amministrazioni Comunali che nel corso dei decenni hanno avvallato, nel nome della crescita senza adeguata programmazione, un trend che a tutti pareva non dovesse finire mai.

È vero che esistono le difficoltà economiche, che la Pubblica Amministrazione paga quando vuole, che la Guardia di Finanza, spalleggiata finalmente da un esecutivo che ha dato briglia sciolta ai finanzieri, sta passando al setaccio i finti morti di fame, facendo emergere un pletora di ricconi nullatenenti, che vivevano e pasteggiavano come avvoltoi sulle spalle,  pasteggiando sulle carogne, della collettività. Ma è anche vero che l’andazzo, la bambagia della sopraffazione, del ladrocinio dei piccoli imprenditori, che si credevano intoccabili e furbacchioni, doveva prima o poi volgere al termine, e che il pensiero arruffone del “deprediamo fin che si può”, prima o poi doveva giungere al capolinea, anche in modo traumatico – per i famigliari – non per i diritti interessati.

È tipico della cultura italiana, ma anche veneta, lavarsi la bocca, sbandierando ai quattro venti che sono persone oneste, perbene, che non fanno mai nulla di illegale, che si muovono sempre all’interno dei confini della legalità e della correttezza, salvo poi, quando si inizia a grattare sopra la patina di lucido apparente, si scoprono gli altarini, gli intrallazzi,  il pantano,il lercio, il marcio putrefatto, il commistione tra piaceri del Pubblico nei confronti dell’amico imprenditore o dei figli di quest’ultimo, subentrati al padre che, avendo gli agganci giusti a “palazzo” continua a comportarsi con la mentalità degli anni settanta, non rendendosi conto che il mondo è cambiato.

Nove suicidi dall’inizio dell’anno sono più che altro una cagnara giornalistica orchestrata per fare pressione sul governo affinchè allenti la presa sulla garrota dei controlli fiscali mirati. Si usano i morti, che rispetto al numero di piccole medie imprese presenti nella regione, sono percentualmente irrisori, creando da nove singole realtà personali un ingiustificato allarme sociale, strumentalizzando una libera scelta dei singoli, ponendo l’attenzione  esclusivamente sui titoloni e le boutade ad effetto, con gli imprenditori che hanno scelto l’autodeterminazione e il controllo finale sulla loro esistenza, tracciando il percorso, che secondo il loro interesse, era il più opportuno e giusto.

La Cgia e tutte le associazioni di PMI e industriali, invece di attaccarsi a delle percentuali omeopatiche di suicidi, dovrebbero fare pressioni sul governo non tanto perché allenti lo strangolino dei controlli sugli imprenditori e sugli esercenti,a anzi dovrebbe farsi carico di spingere sull’acceleratore della pulizia del sistema imprese, grazie alla mannaia dei controlli mirati, usando Serpico al massimo delle potenzialità, chiedendo al governo lo sblocco dei crediti vantati dagli imprenditori, dopo aver ricontrollato che gli importi siano in linea con il mercato, e saldando il conto.

Se le associazioni degli imprenditori, invece di osteggiarla, facessero pressioni sul governo affichè l’Italia smettesse d’essere un Paese da terzo mondo industriale, approvando la “Direttiva Europea anticorruzione”  (1) forse il Paese uscirebbe dalle secche. Ma questo non lo vogliono né gli imprenditori né la classe politica di ogni ordine e grado: troppo letame ci sarebbe da spalare e troppi rischierebbero il gabbio.

Marco Bazzato
14.04.2012


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