giovedì 13 agosto 2009

Prof di religione, la CEI attacca


È un attacco senza precedenti, quello della CEI al cuore dello Stato italiano, un attacco che dimentica il detto evangelico “porgi l’altra guancia” – evidentemente Cristo in questo caso è relativo – e che sta alzando il livello dello scontro tra l’Italia sotto la ciabatta talebana dello Stato Città del Vaticano, tramite i vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, imbufaliti perché il TAR ha capito l’inutilità didattica dell’insegnamento della religione cattolica e quindi ha escluso i professori – scelti dalla curia – dagli scrutini, togliendo così giustamente il voto di religione dal computo dei crediti scolastici.

Ma la CEI non si sporca le mani ad intervenire facendo appello al Consiglio di Stato, ma manda avanti in avanscoperta il ministro – italiano – della Pubblica Istruzione, Maria Stella Gelmini, che da brave esecutrice si accolla l’onore del ricorso.

Domanda: quante telefonate avrà ricevuto da vescovi e politici cattolici pluridivorziati, che vivono in concubinato, sposati in municipio, che non rispettano privatamente i precetti di Santa Romana Chiesa, ma che vogliono imporre agli altri la cultura cattolica agli studenti, in nome di un concordato di matrice fascista e rinnovato poi dal latitante morto in contumacia in Tunisia, Bettino Craxi? Due loschi figuri condannati sia dalla storia che dalla giustizia! Ecco con chi ha fatto affari il Vaticano.

Secondo la CEI è una discriminazione in quanto il 92% degli alunni delle scuole dell’obbligo si avvale dell’insegnamento della cultura cattolica, e quindi secondo questa cifra il Paese, secondo i Vescovi è cattolico. Balle.

I ragazzi vengono iscritti dai genitori all’ora di religione per tradizione non per convinzione, vengono iscritti perché forse le scuole non offrono o non vogliono offrire programmi alternativi e quindi sarebbero costretti a bighellonare.

Il Vaticano, usando dei minori e nascondendosi dietro la loro “libertà” imposta dai genitori vuole continuare a proseguire la talebanizzazione dell’Italia, visto che è l’unico Paese europeo che cede ai ricatti dell’ex Stato Pontificio.

Ma che benefici reali porta l’insegnamento della cultura cattolica agli studenti? Evidentemente non molti visto che bevono fino ad andare in come etilico, si drogano come scimmie, i maschi scopano come ricci e le ragazze aprono le gambe e la danno via con la disinvoltura di pornostar acclamate dai fans. Forse il TAR del Lazio avrà tenuto conto, per emettere la sua sentenza, di tutto questo e quindi ha ragione ha deciso di escludere i professori di religione dagli scrutini, dando così un segnale chiaro alle gerarchie ecclesiastiche che si tratta solo di mangia pane a U.f.o. sulle spalle degli italiani.

Il problema di fondo è che a nessuno interessa nulla delle opinioni degli studenti, ne alla politica italiana, figuriamoci a quella vaticana, entrambi si attaccano al rispetto dei patti concordatari fascisti e tangentari, al rispetto dei patti firmati da parte italiana da briganti acclarati.

La cosa rivoltante sono stati i media, che invece di spiegare le ragioni del Tar con servizi ed approfondimenti, hanno preferito lavare i cervelli degli italiani con interviste e servizi di matrice vaticana, con i perdenti che protestavano contro le leggi dello Stato italiano, politici compresi che non rispettano l’indipendenza del Tribunale Amministrativo del Lazio, ma che sono partiti a testa bassa ad attaccarlo.
È una vergogna.

Il Vaticano attaccandosi al pretesto del concordato continua ad interferire non solo nelle attività politiche italiane, ma pretende anche d’avere – come Stato stranieri – diritto d’ingerenza sia d’assunzione e di educazioni entro i confini italiani ed i politici proni per interessi elettorali ed elettoralistici continuano a prestare non solo l’altra guancia, ma il volto, corpo e psiche compresi.

Domanda per la CEI e per i professori di cultura cattolica italiana: quanti dei loro studenti, dopo gli insegnamenti e l’indottrinamento, seguono i precetti inculcati?

Un ultima cosa: tutti i grandi artisti del passato e del presente, sono stati pagati per le loro opere, in quanto hanno prestato la loro opera ai committenti, come oggi fa qualsiasi artista o architetto e non certo per fede, visto che molti erano atei o peggio, secondo la chiesa, nei loro cuori erano anticlericali. Ma erano dei professionisti. E come tali hanno lavorato. Stop! Tutto il resto è fumo negli occhi in salsa religiosa.

Marco Bazzato
13.08.2009
http://marco-bazzato.blogspot.com/

Gabbie salariali, scoppia la polemica



Ormai anche ai limoni la cosa appare chiara. In meridione, chi ha lavoro vive meglio che al nord Italia, la vita al sud infatti costa meno, sia come servizi, poco importa che siano peggiori di quelli del nord, sia come affitti cibo. Ergo, se non sono scialacquoni, risparmiano di più rispetto al “ricco” nord Italia. Ed è per questo che urge la necessità di reintrodurre le gabbie salariali, ossia gli stipendi differenziati in base agli standard locali. Naturalmente le opposizioni, che quando non dormono fingono d’ascoltare, con i sindacati che insorgono. Sarebbe una discriminazione, sbraitano all’unisono, starnazzando di dolore come se gli stessessero schiacciando i testicoli in una morsa. E il grido che risuona nell’aria è come l’urlo di un agnello sgozzato, pronto per essere insaporito di spezie prima d’essere messo in forno.

Le gabbie salariali sono una necessità sociale necessaria per eliminare le sperequazioni tra il nord povero e il sud ricco. Certo ai puristi della statistica potrebbe risuonare questa affermazione come una bestemmia. Ma tralasciando i dati macroeconomici, e soffermandoci esclusivamente su quelli della microeconomia, una famiglia del nord, a parità di stipendio e numero di figli, con un affitto da pagare, fatica più di una famiglia del sud ad arrivare a fine mese. Poco importa se il sud è sottosviluppato, rispetto al nord Italia, per quanto concerne infrastrutture, autostrade, industrie. Per decenni sulle spalle dei meridionali, il meridione ha sperperato miliardi di risorse pubbliche, scomparsi nel buco nero del clientelismo, degli intrecci illeciti, pagati con i sacrifici di tutti gli italiani e che non hanno creato frutti.

D’altronde, nonostante ciò che gli ipocriti si affannano a dire, le gabbie salariali esistono. Non sono gabbie salariali su base regionale, ma gabbie salariali su basi europee. Un lavoratore italiano, di pari livello, guadagna di più rispetto ad un lavoratore rumeno, bulgaro o polacco e meno rispetto ad un lavoratore tedesco o francese. Quindi le gabbie salariali – su scala europea – esistono, con buona pace dei detrattori della lega. D’altronde sono sempre i sindacati che si ostinano a rimarcare il problema, quando sbraitano che il lavoratore italiano guadagna meno rispetto all’omologo inglese o francese. Ma sempre i sindacati non dicono mai che lo stesso lavoratore italiano guadagna di più rispetto all’omologo romeno, polacco o bulgaro. Quelli non contano per i sindacati italiani quei lavoratori non esistono, esistono solo quelli che guadagnano di più rispetto agli italiani. Bell’esempio d’ipocrisia transnazionale a corrente alternata.

Le gabbie salariali, in salsa europea, esistono già, ma i sindacati italiani e Confindustria fingono di non saperlo, ma si lamentano a seconda dell’interesse di bottega del momento, tant’è che molte industrie italiane delocalizzano nei Paesi dell’est perché il costo del lavoro e gli stipendi da pagare sono più bassi.

Queste come si chiamano? Gabbie Salariali Europee.

Marco Bazzato
12.08.2009
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lunedì 3 agosto 2009

RU-486: la Chiesa non può tacere



Finalmente anche in Italia arriva la famigerata RU-486, il cosiddetto “lassativo uterino” o “clistere vaginale” per mignottelle in calore, con il solito codazzo che compete alla piccola Italia e con le opinioni – non richieste, ma tollerate – dell’ex Stato Pontificio e dei suoi, per dirla alla Bebbe Grillo, dipendenti, dai cardinali in giù, pagati con “piccioli” italiani.

“La pillola non è sicura” sbraitano i fanatici baciapile. “Ha causato la morte di 29 nel mondo dall’anno di commercializzazione, in Francia, ad oggi. Il Vaticano si attacca a queste 29 sconosciute per far partire la sua crociata dal sapore medievale. Onestamente, a parte i parenti stretti delle vittime, a tutti gli altri praticamente cosa importano queste morti? Come sempre le inutile propagande Teodem che minacciano sfaceli, consci di non poterli attuare.

Le donne vogliono scaricarsi l’utero con clistere vaginale? Affari loro.

Corrono il rischio, remotissimo, di beccarsi un volo diretto con Creatore, se ci credono? Libertà di scelta.

A ben vedere ammazza di più l’Aspirina, oppure è più probabile essere ammazzati sulle strisce pedonali da uno schifoso drogato e alcolizzato, o vincere il Superenalotto, che schiattare per colpa della
RU-486.

Ma la cosa bella è il terrorismo di matrice psicologica lanciata come un anatema al mondo, dove senza mezze misure da parte del paesello di uomini con le tuniche è stata paventata la terribile “
scomunica” contro i medici che prescrivono lo svuota uteri chimico e contro le donne che, tramite ospedalizzazione, si fanno praticare il clistere vaginale sciogli embrione.

Le codarde gerarchie ecclesiastiche sono così pronte ad attaccare medici e donne, ma non hanno le palle di scomunicare il governo, primo ministro compreso, ministri e parlamentari, che hanno approvato l’immissione nel mercato del farmaco. Quelli, a differenza della plebe, non debbono essere colpiti dal terrorismo psicologico, dall’anatema, e soprattutto dalla scomunica in quanto reggono i cordoni della borsa e se fossero intelligenti strozzerebbero nel giro di sei mesi, prendendolo per fame il papato vaticano, lasciandolo al buio, senza rifornimento di generi di prima necessità e soprattutto senza megafoni per blaterare ad ogni piè pari in Italia. E il resto del mondo ignora il papato a meno che non debba farci affari sordidi.

Anatema e scomunica per i medici che prescriveranno e per le donne che usaranno la “svuota utero”, il “lassativo uterino”. Facile e vile colpire la catena debole, medici di famiglia e donne con le scomuniche. Il solito comportamento “forti con i deboli” ma “deboli con i forti”. Perché il Vaticano non si va a prendere i verbali dell’Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco, mandando ai membri che hanno votato a favore del “clistere uterino”, dimostrando così,
Bagnasco in primis, che il Vaticano non guarda in faccia a nessuno e che non fa terrorismo psicologico solo nei confronti degli ultimi.

Non va dimenticato l’impossibilità pratica da parte dei preti vaticani d’eseguire la scomunica nei confronti dei medici e delle utilizzatrici dello “svuota utero chimico” in quanto non è detto che i medici pur essendo stati battezzati siano credenti e/o praticanti, lo stesso vale per le donne. Come se non bastasse la confessione è anonima, e può essere fatta in tutte le chiese italiane, ed è risaputo che molti preti sono abbastanza pratici e quando si forniscono giustificazioni plausibili, l’assoluzione può essere assicurata, nel caso contrario visto si può sempre chiedere lumi al confessore su come mai la chiesa ha celebrato il funerale religioso al dittatore cileno
Augusto Pinochet che aveva le mani più lorde di sangue di un macellaio che sgozza porci dalla mattina alla sera. Vedrete che il prete se è intelligente, pur di non aprire una polemica sugli errori e gli orrori della Chiesa manda via il penitente assolto e mondato e pronto per la comunione. D’altronde è solo un fatto di dialettica e nessun prete vuole essere accusato degli errori commessi da altri. Senza contare che in ogni caso non esistendo nelle varie parrocchie le liste di proscrizione degli scomunicati, tramite aggiornamento in tempo reale, se non dovesse andare bene con un confessore si passa ad un altro, poi ad un altro ancora fino a quando non si trova un confessore con un po’ di sale in zucca.
E così Bagnasco è sistemato!

Non va dimenticato però il ruolo dei medici obbiettori di coscienza, che non necessariamente debbono far capo alle gerarchie religiose o appartenere ad un qualsiasi tipo di confessione religiosa, ma possono essere tranquillamente atei,e proprio in virtù di questo atismo sentono che il problema della gravidanza indesiderata della donna è solo ed esclusivamente un problema femminile – a meno che quest’ultima non sia stata vittima di stupro, cosa che cambia la visione della realtà – e che come dice un detto Veneto “No se poe sogare coi strumenti del pisso e non soeo dopo incazarse” – traduzione “Non si può giocare con lo strumento della pipì e non solo e poi arrabbiarsi” col seme se ha ingravidato e con l’ovulo che come l’utero si è fatto penetrare e fecondare, pensateci prima, uomini chiavatori e donne chiavatrici.

Comunque, senza voler essere maschilisti, ma sostenendo in toto il femminismo radicale che fece in passato de
“L’utero è mio e me lo gestisco io” uno degli slogan più gettonati, va ribadito che il diritto d’obiezione di coscienza per quanto concerne la RU-486 detta “La svuota utero” è un problema femminile e la donna e si deve arrangiare, che scegliere di non prescrivere un farmaco abortivo deve essere un diritto del medico in quanto questi ha il diritto d’agire secondo coscienza, che non necessariamente deve essere vincolata ad una coscienza religiosa o confessionale, ma solo alla propria.

Marco Bazzato
03.08.2009
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sabato 1 agosto 2009

Berlusconi: stop al partito del sud


Berlusconi sbaglia!

Il partito del sud si deve fare, magari con l’aiuto del nord, non tanto per spalmare ancora denaro a un sud idrovora che drena sangue peggio di un salasso medievale, ma per aiutare il meridione a prendere coscienza che è giunto il momento di tagliare il cordone ombelicale con il resto della penisola, partendo dal Lazio e Abruzzo, risolvendo la questione romana e aquilana. La questione romana sta nel gozzo al nord Italia, per colpa dello Stato Pontificio dal tempo dell’unificazione – sbagliata – del Paese da parte del Regno di Sardegna che ha portato il i7 marzo 1861 alla proclamazione del Regno d’Italia, mentre quella aquilana ha cause più recenti dovute ad un fortuito evento sismico della crosta terrestre che ha fatto crollare moltissimi palazzi di recente costruzione, edificati senza rispettare le leggi antisismiche, vedi ad esempio l’ospedale dell’Aquila, la Prefettura e la Casa dello Studente.

Il meridione con l’annessione al nuovo Regno d’Italia dice d’essere stato sistematicamente depredato dal nord e di non essere più stato in grado di far ripartire l’economia, tanto è cha a tutt’oggi gli ospedali, come nel caso di quello d’Agrigento, sono edificati con materiali friabili, l’onorata società – la mafia – protegge gli onesti cittadini dall’ingerenza dello Stato centralista, costringendola spesso a uccidere chi, da traditore, preferisce schierarsi con la Repubblica.

Il sud da decenni si comporta come la Libia di Gheddafi, che a tutt’oggi continua a voler denaro per pagare i danni di guerra, causati secondo i libici, dal colonialismo fascista. Il giochetto del sud Italia è lo stesso, non impegnarsi per risollevarsi, anzi. Troppe amministrazioni preferiscono praticare il clientelismo, lo scambio di favori. Tu voti me ed io do un lavoro a te e alla tua discendenza fino al giorno del Giudizio Universale. Poi piangono se le regioni, vedi Sicilia, Campania, Puglia e Calabria hanno i conti in profondo, ma sono piene di dipendenti inutili, assunti con contratto pubblico dalle municipalizzate o da aziende private a partecipazione regionale o provinciale.

Il nord Italia, ma in particolare la Lega Nord deve aiutare il neonato partito del sud, è un imperativo morale, è un dovere etico nei confronti non solo dell’industria del nord Italia, ma è un imperativo etico sotto l’aspetto economico, sotto l’aspetto del contenimento dei costi dello Stato, che se invece d’aver Roma capitale, avesse Milano, Torino o Venezia, potrebbe diventare far diventare l’Italia del Nord come un land tedesco. D’altronde non ci sarebbe nulla di male, visto che a ben guardare esistono già due Coree, quella del Nord e quella del Sud. E se la neonata Italia del Sud volesse ispirarsi ai valori costituzionali dell’Onorata Società sarebbe “Cosa Loro”.

Anche oggi, il 31 luglio, lo Stato italiano ha stanziato 4 miliardi di euro di aiuti alla Sud, per coprire la voragine di debiti della Sicilia, regione autonoma a Statuto Speciale. E atri miliardi verranno regalati in futuro per aiutare le altre “povere” regioni, ricche di criminalità organizzata del mezzogiorno.

Dove sono andati e andranno a finire i denari? Nessuno lo domanda, nessuno lo chiede eppure si continua a pagar obolo, che ricade sul collo di tutti.

Naturalmente il problema sta nei controlli che non ci sono, sta nelle collusioni tra poteri economici, anche del nord Italia che sono complici del malaffare generalizzato che non vuole essere estirpato. Quante sono le aziende del nord che scaricano i loro rifiuti tossici, grazie alle ecomafie in regioni come la Campania o che fanno affari con la mafia calabrese?

Se il piano del sud si attuasse portando ad un effettiva divisione del Paese potrebbe venir meno anche la possibilità di delinquere delle imprese del nord, sradicando così un malaffare che ha radici lontane e che si perde dai tempi dell’unità d’Italia e che non vuole arrestarsi.

È dalla fine della seconda guerra mondiale che si sente parlare del problema dell’arretratezza economica del Sud, della mancanza di infrastrutture, di industrie. Prima c’era la
Cassa del Mezzogiorno che dal 1952 al 192, ultimi dati disponibili, ha sottratto al resto del Paese risorse per 140 miliardi di euro, senza produrre risultati concreti. Eppure ancora oggi si aprono i cordoni della borsa.

È ora di finirla con il piagnisteismo, con l’abitudine della politica di regalare a fondo perduto, senza poi ottenere risultati economici di ritorno, i sacrifici di tutta l’Italia. È assolutamente fuori luogo e non corrispondente al vero quanto dichiarato da Giulio Tremonti, che la questione meridionale è un problema nazionale. La questione meridionale è un problema meridionale e se loro desiderano rimanerci impantanti per i prossimi tre secoli, questa scelta non deve ricadere sulle spalle del resto d’Italia. Quindi ben venga il partito del Sud che reclami indipendenza ed autonomia dal resto dell’Italia. Probabilmente la maggioranza dei cittadini del Nord Italia concederebbe senza battere ciglio l’indipendenza al sud togliendosi un enorme peso dal groppone ed avendone le contempo il portafoglio più pesante.

In fin dei conti è un semplice fatto di buon senso economico. Sicuramente senza il nord sapranno far meglio. È ora di dar loro l’opportunità di dimostrarlo con i fatti.
Sud Libero dall’Italia del Nord!

Marco Bazzato
31.07.2009
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