lunedì 5 febbraio 2007

Calcio sospeso a tempo indeterminato?

Dopo i tragici fatti di Catania di venerdì scorso, che avevano portato alla clamorosa decisione emotiva di sospendere il calcio a tempo indeterminato, ma non sono passati nemmeno tre giorni, e i funerali del poliziotto non si sono ancora svolti, che già suonano le fanfare dell’esercito in ritirata, dove le belle parole di solidarietà, hanno lasciato spazio a calcoli leggermente più veniali, meno ancorati all’emozione e al dolore, rimuovendo alla velocità della luce i bei propositi di meditazione e astinenza dal calcio anzi, l’esercito dei rianimatori sportivi è piazzato al capezzale del moribondo, pronti a praticare ogni tipo di terapia intensiva, pur di farlo resuscitare dalla tomba colma di marciume e larve dov’era stato sepolto poche sere fa.
Bisogna guardare avanti, andando oltre alla tragedia, trovando le cause del malessere sociale, cercando d’estirpare la cancrena che deturpa in ogni ordine di classe sociale il mondo sportivo. Queste sono alcune delle affermazioni ad effetto più gettonante nelle ultime ore.
Il moribondo è in terapia intensiva, ma i rianimatori anche questa volta useranno le classiche terapie omeopatiche, anziché una robusta dose d’antibiotici, scariche elettriche, manganelli ed idranti per far tornare dal mondo dei morti l’amato sport, discutendo sulle possibili cure, sui rimedi stregoneschi, nascondendo la testa sotto la sabbia, sotto lo sterco putrido del marciume d’interessi che coinvolgono lo squallido mondo dorato in ogni ordine e grado.
Per una domenica intanto il campionato è stato sospeso, e così sarà anche in quella successiva, ma viene da chiedersi è possibile in due settimane risolvere i problemi decennali, le mancanze politiche, delle società calcistiche, dei media, e di quanti da anni si avventano sulla carogna della gallina dalle uova d’oro che dispensa miliardi a brocchi e campioni come caramelle, dove l’aroma avvelenato spesso è divorato avidamente da cocainomani sportivi che come tossici in crisi d’astinenza sfogano le loro pulsioni abiette urlano, inveendo, lanciando lacrimogeni, bombe carta, oggetti in campo e quant’altro, in modo improvviso o premeditato salta nella testa durante il sacro rito calcistico, che come un orgia famelica di corpi avvinghiati si accoppiano virtualmente tramite grida e tamburi tribali, come cannibali usciti dalle foreste pluviali,sono pronti a lanciare le loro frecce avvelenate alla prima svista dell’arbitro, al calcio sugli stinchi del beniamino miliardario che se ne frega, dall’alto del suo mondo dorato del destino dei poveri diavoli ossessionati, che lo innalzano come un dio pagano, pronti a ricacciarlo nell’inferno appena compie un minimo errore o il rendimento calcistico passa dalla sublimità dello stallone di razza al brocco pronto per il mattatio.
È sconvolgente questo silenzio privo di urla e grida, privo delle logorroiche dirette radiofoniche e televisive che infestano le reti di ogni ordine e grado, e quasi un mistero gaudioso questa ritrovata pace, nata però sotto il segno della bestialità omicida, che già in troppi sembrano aver dimenticato.
Lo sport è morto, ma come necrofili si trae piacere anche dal godimento del cadavere in decomposizione, dal godimento dell’osservazione degli stadi finalmente svuotati dal chiasso, dai fumogeni, dai lacrimogeni della polizia, ma il “sacerdote” non vuole dare l’estrema unzione, e i parenti interessati sono alla ricerca dello sciamano, dello stregone, del guaritore mistico, pronto a gridare che il calcio e resuscitato, che il dramma consumato appartiene al passato, e che tali tragedie non si ripeteranno più. Così, via tutti allegramente, pronti a contare il denaro degli introiti dei diritti televisivi, dei biglietti, del merchandising, pronti a gridare al gol inesistente, al rigore mancato, pronti a ripicchiarsi nuovamente come bestie feroci dentro il Col osseo. Peccato che i bei tempi della Roma imperiale siano finiti, che il Gladiatore sia stato solo un magnifico Kolossal hollywoodiano, altrimenti sarebbe stata una gioia la riapertura dell’antico Anfiteatro Flavio, che avrebbe fornito una degna cornice tra leoni, tigri e altri bestie feroci, il veder rinnovarsi l’arte del sangue elevato a sport eccelso, dove i novelli gladiatori: gli ultras avrebbero potuto essere gli interpreti attivi dello spettacolo, e il popolo pacifico, quello che del calcio pulito ne hanno fatto un atto d’amore responsabile, si godrebbe beatamente seduto in poltrona, tramite la Pay Tv il banchetto degli animali che si avventano tra di loro senza pietà, pestandosi a sangue, picchiandosi di santa ragione fino allo sfinimento.
Ma l’antica Roma era la capitale di un impero in decadenza, noi, civili del XXI secolo abbiamo creato nuove forme di divertimento più raffinate, meno truculente, senza spade, ma con spranghe, catene, mazze, sampietrini, e sassi scagliati, perché come dice un detto: Lo spettacolo deve continuare! Quindi, via, sopportiamo la tortura di un'altra settimana d’astinenza senza calcio, poi l’eterna ruota dell’ipocrisia riprenderà a girare nell’unico vero verso che conosce: L’euro.

Marco Bazzato
05.02.2007
http://marco-bazzato.blogspot.com/