sabato 3 febbraio 2007

Calcio infame

Dalle stalle alle stelle, all’abisso. Questa è in estrema sintesi la situazione del calcio italiano dopo i recenti fatti di Catania, costati la vita ad un poliziotto, ucciso all’interno della sua auto da una bomba carta lanciata da terroristi “sportitivi”.
A caldo, durante la tremenda notte di scontri, il commissario Luca Panicalli ordina la sopsoensione del campionato a tempo indeterminato, nazionale compresa. Sarà veramente così, o si tratta di una trovata e una dichiarazione demagogica presa a sangue caldo e con la piazza Catanese ancora a ferro e a fuoco.
Difficilmente si arriverà a tanto, ci sono troppi gli interessi miliardari che ruotano attorno a quello che ipocritamente fino ad ieri sera continuava ad essere chiamato il Campionato più bello del mondo.
Miliardi e follia, esaltazione privata e pubblica, troppi interessi economici, nazionali e internazionali ruotano attorno a questa squallida realtà sportiva, di cui l’italiano è vittima, e come un tossicomane in crisi d’astinenza da cocaina, impossibilitato a disintossicarsi.
È facile immaginare cosa accadrebbe alle blasonate squadre sportive nazionali, se veramente la decisione di sospensione avesse seguito. Gli avvocati già fiutano l’odore del sangue per i contratti miliardari annullati: stipendi dei calciatori, diritti televisivi nazionali ed esteri, contratti pubblicitari, palinsesti televisivi da riscrivere, registi, cameraman, giornalisti in giro a bighellonare per strada, pronti a scendere in piazza per la perdita dei posti di lavoro, tifosi infuriati che non sanno come scaricare le frustrazioni della vita. Mogli che attendono che giunga il giorno della partita per vedersi con l’amante, il mondo delle scommesse regolari e clandestine infuriato per la perdita di milioni di euro di mancati incassi, società sportive costrette a portare i libri in tribunale per dichiarare fallimento.
Insomma, delizia vera di chi si disinteressa di questo sport, gioia sana di veder finire al macero un periodo di follia generalizzata, d’ossessione compulsava, dove il lume della ragione da tempo ha ceduto il passo alla danza della morte sopra la vita stessa.
In molti ora usciranno allo scoperto, dichiarando che era ora che tutto venisse fermato, chiedendo e mettendo sotto accusa il sistema calcio, il pianeta malato dello sport professionistico, che con i suoi eccessi fa impazzire il popolo, con i suoi calciatori viziati a suon di miliardi, fanno vedere nero a quanti si dissanguano per scaricare le tensioni di un’esistenza vissuta al limite, priva di interessi che non vanno oltre all’osservare catatonici quella povera palla presa a caci da miliardari che non sanno dove andare alla domenica pomeriggio, o al sabato sera.
Doveva avvenire la tragedia, la morte, la guerriglia urbana, peggio delle strade di Bagdad per rendersi conto che lo sport e marcio dalle radici fino all’ultima foglia dell’albero, che la pianta ha all’interno vermi, e che come un cancro famelicamennte la divora.
È tragico pensare che ci debba scappare il morto, non un teppista, non un idiota che va allo stadio, mascherato da sportivo che nasconde l’animo dell’assassino, del vandalo, del terrorista calcistico, ma un poliziotto, un padre di famiglia, mandato a fare il suo lavoro, mandato a tenere a bada degli “sportivi” con la mazza in mano, “sportivi” esperti in bombe carta, “sportivi” che si comportano come palestinesi dell’Intifaida, pronti a scagliare sassi contro chi vuole divertirsi, contro coloro che sono stati inviati a mantenere l’ordine, contro coloro che veramente amano lo sport e desiderano passare due ore fuori dalla routine maledetta e dimenticare, gridando, incitando la propria squadra, insultando goliardicamente l’avversario, per poi tornarsene a casa tranquilli.
Ora si spera che questa minoranza di facinorosi l’abbia vinta, che grazie a loro, lo sport più amato dagli italiani si fermi per sempre, si spera che grazie a queste frange estreme organizzate, il calcio muoia sepolto da una valanga di debiti, di contratti annullati, di società fallite, con gente a spasso e senza lavoro, stadi chiusi per sempre, che restino nei decenni a venire come il Colosseo, a futura memoria dei gladiatori del XXI secolo che hanno ricacciato grazie a barbaro calcio, e al tifo squadrististico-terrorista lo sport, indietro di duemila anni.

Marco Bazzato
03.02.2007
http://marco-bazzato.blogspot.com/