lunedì 29 aprile 2013
Governo Letta: Alfano: “Non abbiate remore a utilizzare le auto blu”
Come era chiaro “La Casta” (1), dopo il fallito suicidio
davanti a Palazzo Chigi, che ha portato al ferimento di due Carabinieri, uno in
modo grave, il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, inviata i colleghi “a non aver remore nell’utilizzare macchine
di servizio e di farsi proteggere”, (2)
a spese dei contribuenti, non di tasca propria, visti i guadagni senza responsabilità, a norma
dell’articolo 68 della Costituzione.
Eppure, diciamocelo, i politici
ieri durante il giuramento non sono mai stati in pericolo e il rafforzamento
della cintura di sicurezza a protezione delle “alte” personalità dello Stato,
non è che l’ennesimo segnale di come i faraoni del 2013,si dissocino,
alienandosi dalla società civile, rinchiudendosi come tanti presunti Re Sole,
Luigi XIV, nei palazzi del potere, tenendo alla lontana l’infima plebaglia
. I rappresentati del potere, i
detentori del potere, assomigliano a tanti Saddam Husseim (3), dove anche quando
era amico fraterno degli americani, aveva la sua brava Guardia Repubblicana (4).
Assomigliano a tanti Gheddafi, quando questi era amico fraterno di Berlusconi e
costui gli baciava la mano, sbarcando in Italia con tenda e amazzoni, per poi
essere rovesciato dall’oggi al domani, in quanto secondo alcune fonti
giornalistiche pretendeva la restituzione del prestito fatto all’ex Presidente
francese di 50 miseri milioni di fondi elettorali (5),
o perché secondo altri il colonnello voleva fare la moneta unica africana, da utilizzare al posto del
dollaro, per il pagamento delle materie
prime (6), e per questo andava tolto dalle spese (7).
E la politica italiana, se non
eseguirà gli ordini dell’Unione Europea, si troverà sulla stessa linea degli ex
amici dell’Occidente.
Il fallito tentativo di suicidio
da parte de “il cittadino qualunque”
è diventato pretesto politico per allargare di più il fossato tra società
civile, ossia servi della gleba, è
vassalli (8) dell’Unione Europea,
rinforzando le mura merlate e predisponendo, a protezione dei dignitari, una
“zona verde” (9),
dissimile da quella di Bagdad, protetta da arcieri, armati, frecce, olio
bollente, peci e cecchini dotati di fucili di precisione , perché come si
direbbe a Roma, “a questi ora stizza er
culo”, o come si direbbe in dialetto veneto: “i se sta cagando doso e ea spusa
de merda deso ea se sente tuta”.
In Italia, fortunatamente o
sfortunatamente manca la cultura tibetana del darsi fuoco, o senza andare a
finire nel lontano oriente mancano i patrioti, come cecoslovacco Ian Palach (10), divenuto al tempo icona
occidentale di libertà, simbolo negli anni ’70 dell’antagonismo al regime sovietico
– oggi forse Unione Europea – che prima di immolarsi scrisse:
« Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della
disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra
protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito
da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore
di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la
prima torcia umana...» Parole che oggi come allora dovrebbero
scuotere le coscienze dei cittadini e dei governi, ma invece al tempo portarono
al giungere dei carri armati Sovietici a Praga, per soffocarne la Primavera (10), e confidando,
che se la cose dovessero proseguire nello stesso modo, Roma non si trasformi
prima o poi in una Piazza Tienanmen (11)., o che i futuri
governi non diventino, secondo l’occidente, tanti Bashar al Assad ((12).
In Italia, il rischio “guerra di liberazione” (13), se
in un futuro non lontano si formassero delle “Brigate partigiane” (14) 2.0, in quanto i cittadini esasperati dalla
dittatura del Mes e dell’Unione Europea, potrebbero decidere di metter in
pratica su scala locale quanto scrisse Emma Bonino (15) a proposito dell’intervento
militare in Bosnia, in un articolo per
il Corriere della Sera: «…Sono, invece, per la supremazia del diritto ad ogni
costo, ed è amaro doversi arrendere all'evidenza che esistono circostanze
storiche in cui la difesa della legalità non può essere affidata, ancorché
temporaneamente, che all'uso delle armi.»
Marco Bazzato
29.04.2013
(2)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/28/governo-letta-anticipato-consiglio-dei-ministri-per-sparatoria-a-palazzo-chigi/577112/
(5)
http://qn.quotidiano.net/esteri/2013/04/20/876527-francia-sarkozy-gheddafi-inchiesta-fondi-elettorali.shtml
domenica 28 aprile 2013
Inizia il governo di Enrico Letta. A colpi di pistola!
Non si può certo dire che il
governo Letta non sia iniziato in modo scoppiettante.
Durante il giuramento dei
ministri, un cittadino qualunque, incensurato, sano di corpo e di mente, muratore
disoccupato, divorziato e appassionato giocatore ossessivo-compulsivo, affetto
da ludopatia, stando ai TG , cercando un gesto eclatante, da aspirante suicida, ha ferito due carabinieri e
una passante – ai tre si esprime tutta
la solidarietà e gli auguri per una pronta guarigione – davanti Palazzo Chigi, lasciando sul terreno sette
bossoli di pistola.
Questo dimostra come il Paese, la gente
normale, non terroristi con piani eversivi in mente, sia giunta al capolinea e
che non scelgano più le periferie o le cittadine o i paesini della provincia
profonda per i loro atti di protesta, ma quasi come una “Marcia su Roma” (1) degli aspiranti
suicidi, abbiano deciso di andare al centro del potere politico per manifestare
nelle forme e nei modi che ritengono più consoni, anche se illegali, il
disagio, la frustrazione, la rabbia e anche l’odio accumulato nel corso degli
anni, causato da una classe politica che ha pensato esclusivamente ai loro veti
incrociati, ai cruciverba in Parlamento, al rimpiattino spartitorio.
E la summa teologica di questo
assioma, questo Orizzonte degli Eventi è che il neonato governo di Enrico
Letta, membro del gruppo Bilemberg (2), autore del libro
“Morire per Mastricht” ((3),
Laterza, 1997, èl’apoteosi del grande
inciucio, dell’ammucchiata più orgistica e lasciva, perversa e contro natura di
quella che commetteva “La grande Prostituta di Babilonia” (4), dove, come al tempo dei governi monocolare democristiani, i ministri sono
stati nominati utilizzando il famigerato “Manuale
Cencelli” (5),
per la spartizione delle poltrone.. Nei posti chiave troviamo le “triadi” dei
grandi vecchi dell’asse PD-PDL e la lista di civica di Mario Monti, con l’aggiunta
del prezzolino ammazza-feti “con la pompa
da biciclette” (6) negli anni settanta. di Emma
Bonino, che da decenni, pur di avere incarichi e poltrone, essendo il Partito
Radicale da lustri non più grande di una cellula cancerogena, un colpo era di
sinistra, con gli ex, post comunisti ed uliveti morti di Prodi e un altro di
centrodestra, facendo il salto della quaglia nel partito di Berlusconi, pur di
salire, come il furbo Jerry, dalla sedia, fino al frigo, alla ricerca del
formaggio.
Si dice che questo sia l’esecutivo
più giovane della storia Repubblicana. Certamente se si vanno a vedere i
ministri senza portafogli. Sì, ma guardando all’interno dei ministeri chiave,
beh, le cose cambiano radicalmente e l’età
si alza come la stessa pressione con cui escono i bambini liquidi, durante l’eiaculazione
precoce degli ultrasettantenni, malati di prostata.
Ma ci sono due sorprese tra i
ministri, senza portafoglio naturalmente, essendo di nascita straniera, la
prima è la nativa congolese, naturalizzata italiana Cecìlie Kyenge, (7), che sembra un
incrocio tra Florence Jhonston, la cameriera dei Jefferson (8) e quel mastino dal pugno
di ferro, ora scomparsa all’agone politico,di Condolezza Rice (9), Segretario di
Stato degli Stati Uniti, sotto l’amministrazione di George W Bush senior.
Quello che è saltato all’occhio, durante il giuramento tenutosi oggi, è la
statura, del neoministro per l’integrazione, che sembrerebbe essere alta grosso
modo come Renato Brunetta (9),
sbeffeggiato dal “grande” Premio Nobel per la Letteratura, Dario Fo (10), che in gioventù si
arruolò come volontario nell’esercito della Repubblica di Salò. E visti i suoi
trascorsi di giovane fascista, ci si augura che possa utilizzare gli estesi
epiteti alla congolese naturalizzata italiana, riferendosi alla sua statura, magari
rimembrandosi i versi di “Faccetta nera”, che nel ritornello dice: “Facetta nera/bell’abissina/aspetta e spera
che l’ora si avvicina…” o che il
Premio Nobel consigli a Edoardo Vianello di rielaborare i “I Watussi”, che nel
testo dice: “Nel continente nero/alle
falde del Kilimangiaro/ ci sta un popolo di negri che ha inventato tanti balli…siamo
i Watussi/ siamo i Watussi/ gli altissimi negri…”, il tutto alla luce dell’onestà
intellettuale che la sinistra da sempre gli riconosce.
È chiaro che Cecìlie Kyenge,
neoministro per l’integrazione è stata messa lì tanto per fare figura a livello internazionale, e come paravento da
eventuali critiche che dovessero saltare fuori durante il suo operato a favore
degli immigrati, in quanto si utilizzerebbe il colore della sua pelle come
cartina tornasole per etichettare come razzisti quanti, dentro, ma soprattutto fuori
il Parlamento, ossia la società civile, si opponessero a determinate riforme che
la sinistra volesse attuare, anche cancellando la legge Bossi-Fini. (11).
La seconda straniera,
naturalizzata italiana, per matrimonio, è Jhosefa Idem (12), che da canoista pluripremiata,
è diventata, senza alcuna esperienza politica, Ministro per le Pari Opportunità
Sport e Politiche Giovanili, sotto le fila del Partito Democratico. Ora resterà
da capire se la Idem, quando ci saranno contenziosi economici, in seno all’Unione
Europea, tra il rigorismo tedesco e il lassismo italiano, se sceglierà, contro
gli interessi nazionali italiani, il rigorismo di matrice teutonica o se si
sarà italianizzata e quindi uniformata, rinunciando, politicamente parlando, a
quel rigore che per decenni aveva messo durante la sua carriera
agonistica,diventando po’ come
Arlecchino nella commedia di Goldoni: “Il
servitore di due padroni” (12)..
Ma l’apoteosi della “Supercazzola” (13)del Conte Lello
Mascetti-Enrico Letta – Ugo Tognazzi R.I.P. – ls si ha con l’innalzamento all’augusto soglio
del Ministero della Salute di Beatrice Lorenzin, in quota PDL, (14), diplomata in un
liceo classico e senza alcun tipo di conoscenza dei meccanismi che regolano il
mondo della medicina e della salute, essendosi occupata di altro nella
precedente legislatura. Forse è stata
messa lì per rinverdire, grazie ad Enrico Letta i “fasti e il radioso futuro”
commessi da Maria Stella Gelmini, quando era alla Pubblica Istruzione.
Se si deve affossare
definitivamente la salute pubblica. Beatrice Lorenzin è la persona adatta per prendere
ordini dai mondialisti del l Bildemberg e della Commissione Trilaterale (15) per le
riforme, leggesi privatizzazione della Sanità. E un partito di centrosinistra,
che in teoria dovrebbe essere a favore delle fasce più deboli, in un ministero
chiave e delicato come quello della Salute ci mette un soggetto di centro
destra. Misteri della Fede o più semplicemente l’Italia e gli italiani debbono
obbedire, senza fiatare, agli organismi sovra e transnazionali?
Se i botti di questa mattina sono
l’antipasto di quello che in futuro potrebbe avvenire in Italia, visto il
perdurare della depressione economica, il governo L Enrico Letta-Silvio Berlusconi
potrebbe accelerare il restringimento delle libertà individuali, nel nome della
“loro” sicurezza.
L’Italia, in virtù della futura stretta
economica, causata dal MES (16),
potrebbero essere in molti i liberi cittadini che sceglieranno nel prossimo
futuro i piazzali innanzi ai palazzi del potere, per cercare di porre fine alla
loro vita.
Oggi resta da capire se l’aspirante
suicida sia stato fortunato a salvare la pelle, o se le Forze dell’Ordine non
abbiano agito con eccessiva mollezza, in quanto negli Stati Uniti, in una
situazione del genere, il soggetto sarebbe stato crivellato di colpi, tanto da
diventare uno scolapasta insanguinato, riverso a terra.
Morto.
Marco Bazzato
28.04.2013
((3)
http://www.informarexresistere.fr/2013/04/26/morire-per-maastricht-con-enrico-letta-e-leurogendfor-il-matrimonio-tra-partitocrazia-e-poteri-forti-portera-miseria-e-repressione-violenta/#axzz2RlOfIjiN
sabato 27 aprile 2013
Famiglie gay in Francia, Putin: «Non avrete mai i bambini russi»
Titola il quotidiano Libero nella
versione online: Famiglie gay, Putin
avvisa: non avrete mai i bambini russi” (1).
Finalmente l’anziano orso
comunista si è svegliato dalla letargia in cui la Russia era sprofondata dopo
la caduta del muro di Berlino nel 1989. Putin, amico fraterno di Silvio
Berlusconi, da buon ex capo del KGB, servizio segreto di sovietica memoria, ha
ribadito che intende rinegoziare, anche unilateralmente, l’esportazione in
Francia di orfani, in quanto questi potrebbero essere adottati dalle “famiglie”
gay, dove con una legge arbitrariamente fascista da parte del pseudo comunista
Hollande, con un colpo di mano parlamentare ne ha sancito non solo la liceità
di contrarre licenza matrimoniale, m che persone diverse dall’eterosessualità
possano adottare, come singoli o in “coppia” dei minori, solo per cercare di
rendere più mite quell’orgoglio gay,
che il dizionario della lingua italiana definisce come: “1 Esagerata valutazione dei propri meriti e qualità per cui ci si
considera superiori agli altri in tutto e per tutto.”
A Parigi, in seguito alla
decisone arbitraria del governo e del Parlamento, che non voluto tenere
presente le diverse sensibilità culturali della maggioranza dei francesi, ha
costretto i partigiani contemporanei transalpini, ad abbandonare
momentaneamente i loro aventini, per scendere in piazza, dove sono stati
affrontati e malmenati dai gendarmi (2),
che sembravano i diretti discendenti dei soldati al soldo del novello Luigi XVI (3), solo perché
metaforicamente gridavano “La famiglia
naturale è composta da un uomo e una donna e dai figli, non importa se naturali
o adottati” e randellati perché il grido non era politicamente (s)corretto,
neutro, incolore, o al massimo del colore di un arcobaleno slavato e insipido.
Perché Putin ha fatto bene a
dichiarare di voler rinegoziare l’export degli orfani verso la Francia? Anzi, andando
con ordine: perché i francesi dovrebbero importare bambini orfani dalla Grande
Madre Russa? (4).
Le cose son due: o in Francia non
si sono orfani e minori da adottare, almeno quelli in tenerissima età, in
quanto le future madri preferiscono “ammazzarli”
in grembo, tramite la legittimità dell’aborto, oppure le “confische” di minori
da parte dello Stato per riassegnarli ad altre famiglie, sono inferiori alla
domanda.
Alla fine però potrebbe anche essere che, come
in Italia, la “custodia giudiziaria” di infanti , impuberi e adolescenti, fino
al giorno prima della maggiore età, da
parte degli ex orfanotrofi, denominati “Case famiglia”, è un business che,
secondo alcune stime dovrebbe fruttare ai “tenutari” mediamente 95 euro al
girono a capo. Infatti i costi variano dai 70 ai 120 euro al giorno (5).,
se sono “Case famiglie” bettole o a più di tre stelle.
È chiaro che una “Casa famiglia”,
che ha a rotazione costante anche solo venti bambini, avendo lo stesso numero
di capi nell’arco di 365 giorni l’anno, si porta a casa 1900 euro al dì, 570.000
euro ogni mese, per un totale annuo di 6.840.000 euro. Quindi si da per
assodato che anche pagando affitti, luce, acqua, telefoni, vestiti, cibo,
manutenzione, psicologi, dipendenti fissi e e/o a contratto, pulizie dei
locali, varie ed eventuali, venti minori non costino quasi 7.000.000 di Euro l’anno,
generando ampi margini di lucro e forse anche
“di ruote oliate per tutti” per continuare a mantenerli costanti o in crescita nel corso
degli anni.
Per questo, nel nome del diritto
dei minori, dicono, le adozioni entro i vari territori nazionali sono difficili
e complesse e gli aspiranti genitori che ci hanno provato, riuscendoci,
conoscono le trappole burocratiche e i tranelli a cui sono sottoposti, non per
il bene della “merce” dichiarata cedibile, pardon adottabile ma perché questa
merce umana, al pari degli “schiavi”,
non sono altro che galline dalle uova d’oro, delle cornucopie o dei pozzi di
San Patrizio a cui attingere a piene mani, dove il connubio legale tra leggi
dello Stato e ostruzionismo per futili motivi di psicologi e assistenti sociali
rende una corsa ad ostacoli estenuante “la cessione del minore”,alle famiglia che
vorrebbe, tramite lo scarico delle “merci
in vendita”, prenderlo nel libro di carico delle “merci acquistate”.
Quindi, pagando, per risparmiare stress, tempo
e nervi, si preferisce rivolgersi al mercato delle adozioni internazionali,
importando nei Paesi ricchi, minori provenienti da Paesi poveri o in via di
sviluppo che non vedono l’ora, mancando anche leggi, strutture adeguate e/o la
cultura dell’aborto, di smaltire le eccedenze di produzione di minori, “vendendoli” all’estero, ossia
dichiarandoli esportabili, tramite l’adozione internazionale.
Putin (6)
e la Russia in questo particolare mercato non hanno bisogno di rinegoziare
nulla a riguardo l’esportazione di minori verso i Paesi occidentali, ossia nei “mercati”
stranieri che rilasciano licenze matrimoniali, permettendo così di riflesso l’adozione
a diversità non eterosessuali.
Alla fine basterebbe che la
Russia facesse una semplice aggiunta nelle pratiche di “cessione estera”, ossia
di adozione, basandosi sulle proprie leggi, inserendo per i single la casella
da barrare che indica l’orientamento sessuale del candidato o della famiglia
che vorrebbe importare nel proprio Paese un minore. Anche se nel semplice caso
della “famiglia” sarà logico che quando si presenterà una “coppia di coniugi”
composta da due maschi o da due femmine, la pratica di export, non venga presa
in considerazione. Esattamente come
avviene oggi e si auspica anche n futuro in Italia con le licenze matrimoniali
rilasciate all’estero – vedi l’ex parlamentare Anna Paola Concia con la sua
compagna tedesca (7)
– in quanto quella licenza in Italia è un pezzo di carta senza valore per la
trascrizione presso il comune di residenza dei due “coniugi”.
Alla fine non è necessario
scimmiottare la Francia e i galletti francesi per essere una nazione civile.
Marco Bazzato
27.04.2013
(1)http://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/1231735/Famiglie-gay-in-Francia--Putin-avvisa--non-avrete-mai-i-bambini-russi.html
(2) http://www.liberoquotidiano.it/gallery/1230246/Parigi-dice-si-alle-nozze-gay----scontri-in-piazza-e-baci-in-strada.html
venerdì 26 aprile 2013
L’elezione di Napolitano è incostituzionale?
Dopo l’accettazione e la relativa
riconferma di Giorgio Napolitano come Presidente della Repubblica, questi in
seguito orgogliosamente ha esplicitato di essere membro del Parlamento da ben
sessantanni, ossia dal 1953.
A tal proposito va ricordato che
il mitico segretario del PCUS, Partito Comunista Sovietico, Leonida Breznev (1),
rimase nel Politburo (2), entrandovi nel 1953, lo
stesso anno di “Re Giorgio II”, diventando “capo supremo del CCCP, Unione delle
Repubbliche Socialiste Sovietiche, ossia segretario del Partito Comunista
Sovietico dal 1964, fino al 1982, anno della sua morte – avvenuta alla vetusta età di settantasei anni.
Ma loro erano sporchi comunisti sovietici, mentre l’Italia, dovrebbe essere,
sulla carta, un Paese democratico.
E infatti, tornando agli anni
dell’infanzia, quando senza saperlo si era prossimi al termine della Guerra
Fredda (3), dallo
schermo del Tv Color Sinudyne (4), comparivano i servizi, di
una Russia impossibile da vedere se non nelle immagini della Piazza Rossa – rigorosamente senza auto e con poche persone
che la attraversavano a piedi (5) – con la
parata militare a commemorazione della Rivoluzione di Ottobre (6), dopo l’inno
Sovietico (7), prima dell’inizio
della sfilata dell’Armata Rossa (8), comparivano i membri
del Politburò, con il loro bacio sulla bocca tra i membri, cappotto e colbacco,
e quello che al tempo consideravo, essendo bambino, una vecchia mummia con un
piede sulla fossa, Leonida Breznev, il quale salutava con un gesto quasi
impercettibile della mano.
.
Ma Breznev, a differenza di
Napolitano, è stato nelle stanze del potere, per “solo” ventinove anni, invece dei
sessanta del riconfermato Presidente della Repubblica Italiana.
È chiaro: in Italia si sta
assistendo alla sovietizzazione su scala europeista della gerontocrazia al
potere (9), con una
metodologia politica non diversa da quella tribale, quando, antropologicamente
parlando, erano gli anziani del villaggio a prendere le decisioni, e dove in
queste tribù – ad esempio i nativi come
Sioux, Cherokees, Navajo, Piedi Neri e
altre in America, dell’Africa sub
sahariana vedi Zulu o tribù cannibali o
gli indigeni dell’Outback australiano – ai giovani, veniva riservato il ruolo
di comparsa, essendo privi di esperienza,dicevano, nella conduzione degli
affari del villaggio, ma oggi, come in quelle antiche tribù, al massimo questi
erano buoni come carne da macello durante le battaglie tribali, massacrando e
facendosi massacrare.
Ma quello che balza all’occhio, a
parte la sovietizzazione del potere fascista di matrice comunista, è che a
detta di alcuni siti internet, la rielezione di Napolitano sarebbe
incostituzionale (10)
e questo lo si può evincere, stando agli atti parlamentari, della Costituente, vedi immagine di questo articolo,pubblicato in
rete (11)
.
Unito a questo, va tenuto
presente che durante lo scrutinio è apparsa chiaramente in tv, senza essere espressa
a voce, la cifra 666,, , vedi Giovanni, 13, 16-18,(12) – « Faceva sì
che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un
marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o
vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo
nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia:
essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei»
– ossia anche il titolo della canzone degli Iron Maiden, 666 “The Number of the Beast” presente nell’omonimo album, Emi
Records, 1982. (13).
Ora si presume che nel Parlamento
italiano esci siano dei costituzionalisti che conoscono la Costituzione
Italiana
(14) e i relativi atti della Costituente a menadito, visto che l’articolo
85 della Costituzione recita:
“Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera
dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegato regionali, per
eleggere il nuovo Presidente della Repubblica”
Nella Costituzione si parla
espressamente di “Nuovo” Presidente
della Repubblica, ove si presume, quando i membri dell’Assemblea Costituente
della Repubblica italiana (15),
hanno formulato l’articolo 85, scrivendo “Nuovo”,come
riferimento ovvio agli atti e alle votazioni della medesima. Purtroppo però la
lingua e il diritto italiano si basano sul diritto di interpretazione
soggettiva, non sull’interpretazione oggettiva, come è avvenuto per la legge 351 del 1957 (16),
che avrebbe dovuto garantire già nel 1994, a detta di alcuni giuristi,
l’ineleggibilità di Silvio Berlusconi, in quanto beneficiario di concessioni
televisive (17),
ma bellamente ignorata dall’opposizione, sia di allora che di oggi,tenendo,
senza parlare metaforicamente, gli zebedei del cavaliere i pugno.
Tutto questo per ribadire come il
Movimento Cinque Stelle, additato quale pericolo pubblico numero uno per il
“regime democratico dittatoriale”, in saturato ormai da tempo, grazie alle
disgrazie economiche e finanziarie causate dall’Unione Europea, avesse ragione
quando appoggiava l’elezione di Stefano Rodotà (18) a Presidente
della Repubblica, nonostante, come spesso accade a tutti i potenti, Stefano
Rodotà avesse “dato una spintarella ” alla figlia, Maria Laura, quando era
all’inizio della carriera giornalistica”, (19).
Il punto focale della questione,
come lo stesso Grillo aveva messo a fuoco nella sua conferenza stampa, tenutasi
a seguito della rielezione (Incostituzionale?) di Napolitano (20),
è, senza averlo mai citato espressamente, l’articolo 68 della Costituzione, che
come in tutti i Paesi “democratici”,
rende legale e impunibile a livello penale e morale, che a comune cittadino
costerebbe l’internamento a vita dentro un ospedale psichiatrico, con tanto di
elettroshock, ove la prima parte recita:
“I membri del Parlamento non
possono essere chiamati a rispondere delle opinioni e dei voti dati
nell’esercizio delle loro funzioni”, rendendo quindi impossibile
l’impugnare l’elezione di Napolitano, da parte di qualche probo cittadino, che
verrebbe passato per un terrorista pazzo e sovversivo, anziché un partigiano
della democrazia, contro la dittatura fascio-comunista che decenni sta
spolpando il Paese.
In collusione, ieri è stato festeggiato il 25
aprile, ma l’Italia è ancora ferma a prima del 08. settembre del 1943, con la
firma dell’Armistizio, (21).
L’Italia e gli italiani, da dopo
la proclamazione della Repubblica nel 1946, sono ancora fermi, moralmente e
mentalmente alla “dittatura democratica” fascio-comunista, dove, come in Libia
prima, in Siria, in Tunisia e in Egitto, le formazioni partigiane devono ancora
iniziare formarsi, per arrestare la continua erosione delle libertà individuali
ed economiche che le forze, che strozzano i cittadini, costringendoli alla fame
e nei casi peggiori al suicidio – anche se come disse Mario Monti nell’aprile
del 2012 disse: “In Italia non stiamo così male, in Italia ci sono stati 1725
suicidi, mentre in Italia 364” .
Effettivamente l’ex premier ha ragione da vendere in quanto : la Grecia, su una
popolazione di 11.200 mila abitanti conta
1725, mentre l’Italia, con 60 milioni di abitanti, ne ha avuti 364.
Quindi, per diventare in termini di suicidi come la nazione che diede i natali
ad Elena di Troia, in Italia questi dovrebbero essere quasi 10.00 . E oggi,
sfortunatamente, o fortunatamente, il Bel Paese è bel lungi da queste “eccelse
vette” di creazione del reddito, tramite i servizi funebri e affini, generati
da quasi 10.000 suicidi, causa crisi – perché non dobbiamo dimenticarlo, oggi
anche se vetusto e malato, siede nei banchi dei senatori a vita, Giulio
Andreotti, (22),
ossia da ben sessantotto anni, segno di un’abitudine consolidata dagli albori
della Repubblica, dove alla fine, raffrontando il periodo di permanenza di Napolitano con
quello di Mussolini, questi è rimasto nelle stanze del potere per un ventennio,l’equivalente ad 1/3 del tempo al
tempo passato in Parlamento da Giorgio Napolitano.
E l’Italia e gli italiani vivono
con l’illusione di definirsi agli occhi del mondo un Paese democratico?
Marco Bazzato
26.04.2013
10) http://www.infiltrato.it/notizie/italia/fermi-tutti-l-elezione-di-napolitano-e-anti-costituzionale-ecco-il-documento-che-lo-dimostra
(16)
http://consiglio.regione.sardegna.it/Manuale%20consiliare/XIV_Legislatura/Tomo%20I/Parte%20II/Leggi%20elettorali/07%20-%20DPR%201957-361.pdf
17) http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02/28/b-ineleggibile-accadra-il-miracolo-del-rispetto-della-legge/515665/
(19)
http://ilportaborse.com/rodota-e-le-scandalose-raccomandazioni-alla-figlia-nel-segno-del-peggior-nepotismo-ma-non-ditelo-a-grillo/
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giovedì 25 aprile 2013
Stephen King: 22/11/’63
Erano anni che non leggevo un
romanzo del Re, di Stephen King, ma 22/11/’63,
Sperling & Kupfer , pagine 697 nella
versione E-Book, edito in Italia nel 2011, va oltre i soliti romanzi “classici”
dell’insuperato maestro dell’horror contemporaneo, che a cavallo dalla seconda
metà del ventesimo secolo, fino ai giorni di oggi, si è annidato nei sogni e
negli incubi dei lettori di mezzo mondo.
Non è interessante descrivere la
trama del romanzo, la si può trovare in rete (1), ma più interessante è
il ritorno a Derry (2),
in quanto cittadina del Maine, torna ad essere teatro dell’orrore, dove il
protagonista, Jake Epping, incontrerà
nei Barren, Richie Tozier e Beverly Marsh, due dei bambini de “Il Club dei Perdenti,
divenuti celebri nel romanzo IT (3). 1986..
22/11/’63, nonostante le classiche descrizioni onorifiche di King,
va oltre l’horror, entrando a piè pari nella fantascienza, con un viaggio nel
tempo, grazie alla “buca del coniglio”, dove il protagonista,“salta” dal 2011
alle ore 11:58 del 18. del 9 settembre del 1958.
Dopo il primo “salto” Jake Epping, convinto da
Al Templeton, malato terminale, nono essendo riuscito al secondo “salto”, a salvare
la vita ai componenti della famiglia di un bidello Harry Dunning, unico
supersite rimasto zoppo – che a seguito
della nuova stringa temporale morirà in Vietnam, durante l’offensiva del Tet,
novembre 1967 – della strage commessa
dal padre, Frank Dunning, la notte di
Halloween, torna per la terza volta, con in più la volontà, spinto
dall0ossessione di Al Templeton, di impedire l’assassino di JFK a Dallas, da
parte di Lee Harvey Oswald, il 22/11/’63.
Jake Epping, fornito da Al Templeton di
documenti falsi, già nel suo secondo “salto” diventerà George Amberson,
iniziando a muoversi prima a Derry e poi nel sud degli Stati uniti, in un
viaggio on the road che lo porterà dal Maine in Florida e in Texas.
King però, a mio avviso, si è
mosso in un terreno minato, soprattutto nella seconda parte del romanzo. Da
pagina 220, le descrizioni, per l’eccesso di dettagli risultano ampollose e
dispersive, mentre a Derry, il Re, giocando in casa e in un territorio
“onirico” conosciuto, riesce a dare maggior forza ad ogni singolo periodo,
incasellando ogni personaggio, evento, situazione, entro un contesto ideale,
colmo di sfumature e colori, sempre nuovi ad ogni manifestazione.
Ma è quando George Amberson
inizia a muoversi oltre i confini di Derry, si sente che l’autore, nonostante
l’accurata ricostruzione storico-cuturale e sociale della fine degli anni ’50,
inizio anni ’60, in piena guerra fredda e la relativa crisi di Cuba, (diventando
grazie ad una falsa laurea, acquistata per corrispondenza, insegnante di
letteratura in un liceo – come era nel 2011 – in una cittadina nei dintorni di
Dallas, incontrerà, innamorandosene, ricambiato, Sadie Duhnill), 22/11/63 inizia a mostrare la corda, fino ai
giorni direttamente antecedenti all’assassinio, quando il ritmo riprende una
parte del vigore, nonostante l’autore fosse già quasi con il fiato corto,
proprio durante l’ultimo miglio de “Il
miglio verde”, stremato da “La lunga
marci!.”
Infatti, in quelle ella circa 350
pagine si assiste alla massima dispersività del romanzo, dove le figure e le
situazioni sono eccessivamente “allungate e dilatate”, come se l’autore volesse
badare più alla fogliazione, anziché alla sostanza dei contenuti.. Anche se è
proprio all’interno di questo “vacuo” che si possono estrapolare le frasi
migliori dell’intero testo:
Il tempo (il nastro
trasportatore sul quale tutti viaggiamo)”
Pag. 233;
“Le opinioni sono come
le chiappe: ognuno ha le sue.”
Pag. 266;
“C'è un talento meno
comune di quello artistico, ed è il talento di coltivare il talento artistico.
Qualunque genitore con la mano pesante può schiacciarlo, ma coltivarlo è
difficilissimo.”
Pag. 272;
“Il passato è in
armonia con se stesso.”
Pag. 306;
«I sani di mente
spesso stanno a sentire. I pazzi lo fanno di rado..»
Pag. 578;
«Mi stai dicendo che
c'è un negro alla Casa Bianca?»
Pag. 567;
«Mi stavi prendendo in
giro quando hai detto del presidente negro, vero?»
Pag. 570;
«I sani di mente
spesso stanno a sentire. I pazzi lo fanno di rado..»
Pag. 578.
Ed è durante l’escursione temporale
che si può notar come il linguaggio, non solo americano, ma occidentale, sia
cambiato in quasi dieci lustri. Ma il cambiamento, nel profondo sud degli Stati
Uniti, soprattutto nelle zone ad alta vocazione rurale, nonostante l’arrivo
internazionale dell’arbitrario politicamente corretto, per quanto riguarda la
religiosità e le eterne dispute tra battisti, metodisti e cattolici, oggi come
allora, sono ben lungi dall’essere superate, non solo nella fantasia King, ma anche
nel mondo reale sono tutt’ora presenti nello stesso tessuto religioso e
culturale dell’America profonda.
Cos’ come è interessante notare
che nonostante la fine della segregazione razziale, abrogata nel 1970 e
l’eliminazione del termine, molto in voga fino a metà degli anni ’70 di “ negro”, caro a Mark Twin, 1838 – 1910,
che nel suo classico: “Le avventure di
Huckleberry Finn”, 1884, lo utilizza 219, ma che oggi, snaturandone il
significante, nel nome del significato, viene considerato dispregiativo,
essendo stato sottoposto ad abrogazionismo linguistico, da quasi un ventennio
anche in Italia.
Così come non si può fare a meno
di notare come oggi, in pieno ventunesimo secolo, rispetto agli anni ’60, le
libertà individuali siano state erose. Infatti King pone l’accento non solo a
Derry,così come negli stati del Sud, circa il sacrosanto diritto di poter
fumare liberamente, in quasi tutti i luoghi aperti al pubblico, plessi scolastici
e ospedali esclusi. Ponte l’accento, senza scriverlo espressamente, su come la
società, nel nome del salutismo radicale e fascista abbia perso i valori fondamentali,
dove però nell’America industriale e rurale del Maine, ma non solo, i cibi
sapessero di cibo, e non intossicati da edulcoranti o aromi artificiali, di cui
oggi i cittadini del mondo occidentale, nel nome dell’industria alimentare,
sono stati costretti a cedere le armi e soccombere, lasciando il passo alla
sofisticazione, all’uccisione dei gusti, scomposti e ridotti ai minimi termini,
a causa delle economie di scala e del mercato.
Nel complesso l’opera è godibile
dall’inizio alla fine, anche se non raggiunge la vetta del miglior King di fine
anni ’80, toccata con il romanzo IT,
dove il preludio può essere annoverato con “L’ombra
dello Scorpione” (4). Ma i
temi cari all’attore americano: introspezione interiore, dilemmi etici, paure,
ricordi che tornano a galla, immagini di tempi remoti, sono presenti in un
caleidoscopio di parole. L’autore, tra l’altro de “La zona morta”, “Cujo” e
“L’Incendiaria” non ha perso la
maestria della mente e delle mani sulla tastiera, sapendo regalare, come un mix
letale di “Incubi e Deliri”, che scaturiscono
dal quotidiano, dalle piccole e grandi manie, dai comportamenti
ossessivo-compulsivi, come quelle di Johnny
Duhnill e la sua scopa in mezzo al letto o la sua germofobia ,che molti
forse nemmeno sanno di avere.
Una nota a riguardo alla
traduzione: sfortunatamente non è stata affidata a Tullio Dobner, (5), che di romanzi di
King ne ha tradotti quarantuno, m è stata svolta da Wu Ming 1 (6), dove, all’interno del collettivo
di traduttori “1”
sta per Roberto Bui, che non ha all’attivo gli oltre 150 libri tradotti da
Dobner, e che a ragione può essere considerato il miglior conoscitore dello
stile dell’autore americano. Infatti,
analizzando il testo sotto il profilo stilistico, in 22/11/’63, è come se ci
fossero una specie di “vuoti”, non tipici delle traduzioni di Dobner, che non
fanno bene alla scorrevolezza del testo nel suo insieme.
Marco Bazzato
25.04.2013
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domenica 14 aprile 2013
Vuoi il lavoro? Togliti il Hijab! Discriminazione o laica ragione?
Di questa presunta discriminazione
che avrebbe subito una donna di 21 (1)
anni, nata in Italia ma figlia di egiziani, che, stando alle cronache giornalistiche,
si sarebbe sentita discriminata in quanto, invece di portare i capelli scoperti
indossa il Hijab
- derivante dalla radice ḥ-j-b, "nascondere allo
sguardo, celare") indica qualsiasi barriera di separazione, posta davanti
a un essere umano o a un oggetto, per sottrarlo alla vista o isolarlo (2) - il velo che
copre interamente il capo, lasciando scoperto il volto, tanto da scomodare
anche il TG1. Velo non indossato da tutte le donne di
religione islamica. Infatti, le più laiche ed emancipate ne fanno a meno, rimanendo
comunque legate alla loro religione, essendoci nell’islam, una visone progressista
e non radicale o estremistica, che libera il meglio delle risorse intellettuali
ed estetiche delle donne che professano questa religione.
Questa signora, a suo dire, si
sarebbe sentita discriminata per motivi religiosi, in quanto innanzi a
esplicita richiesta, fattale via mail, se sarebbe disposta a toglierselo, ha
scelto la sua visione dell’islam, rispetto a una realtà del mondo del lavoro
che richiedeva il contatto con il pubblico, rivolgendosi a un avvocato, forse
perché vittima della presunzione di voler imporre la sua ragione, costi quel
che costi.
Ora non è dato da sapere se
questa donna nata in Italia, sia anche naturalizzata italiana, o se abbia solo
il passaporto egiziano, il che la renderebbe un’extracomunitaria. Resta comunque
il fatto che se sceglie di isolarsi, mettendo una barriera culturale tra se e
il mondo e ha la presunzione di pretendere, specie in un lavoro a contatto con
il pubblico, che questi debba essere costretto a sorbirsi un isolazionista, una
qualsiasi, l’azienda dovrebbe avere il diritto/dovere di tutelare i propri
interessi, rifiutando un’assunzione, perché non rispetta i canoni estetici e
laici della realtà sociale. Mentre la donna pretenderebbe “a forza” di imporre
a soggetti terzi argomentazioni che dovrebbero rispecchiare la sua sfera
privata, costringendo un azienda a subirle solo perché questa donna musulmana è
intollerante alla visione laica di una realtà lavorativa, pretendendone di
farne parte, esclusivamente alle sue condizioni..
Attaccare un’azienda, portandola
in tribunale, esponendola a costi legali, costringendola a difendersi per aver
ottemperato un suo diritto di scelta, come avviene tutti i giorni – sebbene “la Corte europea ha
sempre sancito che le limitazioni che incidono sulla libertà religiosa possono
essere introdotte solo a tutela di diritti personali altrettanto importanti,
come la sicurezza o l'incolumità personale - commenta il legale Guariso - non certo per inseguire un
presunto gradimento della clientela” (3)
– è assurdo e dimostra come questa donna musulmana abbia una visone radicale
solo del suo diritto, e sia pronta a calpestare i diritti altrui,armata dalla
volontà pervicace di far perdere denaro e fatturato ad una realtà economica,
perchè armata dal desiderio acritico di
voler vedere solo se stessi, facendosi passare per vittima di un
sistema, quando alla fine si è ben consci che in questo caso non è il sistema
che rema contro la persona, ma che è la persona che si accanisce contro di se.
Certo, se fosse stata più umile
andando a chiedere lavoro in una ditta di pulizie di fosse biologiche, come
operatrice ecologica, come svuota padelle un sanatorio psichiatrico o in una
fabbrica di scarpe, vista la quasi assenza di contatto con il pubblico, il suo
isolazionismo simbolico e reale dovuto al Hijab, non sarebbe stato per il titolare un
problema, né per il direttore del personale preposto all’assunzione.
Evidentemente questa donna
musulmana, non paga di aver sbattuto la testa una, due, tre, quattro o più volte
contro il muro dei suoi pregiudizi religiosi contro la società laica, vuole
imporre a prescindere di essere accettata, nonostante l’isolazionismo religioso
causatole dal Hijab,
in molti ambienti laici, lavorativi l e non, volendo
presuntuosamente piegare suo credo
religioso la laicità ostruttiva del tessuto lavorativo italiano.
Con questa scelta di “coming out”,
visto che il suo nome circola in rete,
forse sono in molti ad auspicare che faccia fatica, o che le sia impossibile
trovare lavoro, proprio per aver mostrato il suo integralismo, che l’ha isolata
dal consesso civile italiano, e anche per via dei danni economici e di immagine
che potrebbe causare a questa azienda, dove una
dipendente ha compiuto la
l”leggerezza” di ribadirle una realtà e
una verità che ben conosceva e che non
ha mai voluto accettare: ossia che senza
Hijab sarebbe stata assunta
senza problemi. Mentre questa dura, vorrebbe l’assunzione alle sue condizioni,
non a quelle del datore di lavoro. Con questa sua volontà “violenta” di imporre
il suo pensiero, invece che avere la ragione di comprendere le regole del
mercato, oggi è il Hijab, domani poteva fare storie perché doveva distribuire
volantini dove in qualche supermercato
si effettuano promozioni su carne di porco, animale considerato immondo
dall’Islam, costei nuovamente per motivi
religiosi avrebbe forse impiantato nuove grane, correndo a “piangere”
dall’avvocato, accusando nuovamente l’azienda di discriminazione su base
religiosa.
Non va dimenticato che in Italia esistono centinaia,
se non migliaia di donne egiziane che hanno scelto di integrarsi nella società,
rimando delle devote ad Allah e all’Islam, scegliendo un percorso neutro, ma
non per questo avverso al Corano, sapendosi integrare nei posti di lavoro e nel
tessuto culturale, facendosi accettare anche in virtù del proprio credo
religioso, non necessariamente esteriorizzato in forma radicale, rimanendo
religiosamente legate, nel consesso privato e nei luoghi preposti al culto,
all’ultima delle tre religioni Abramitiche.
Se a questa donna musulmana la realtà
laica italiana sta stretta non è obbligata a rimanere in Italia, ma può tornare
nella nazione da dove anni prima sono partiti i suoi genitori, sentendosi così
accettata e trovando lavoro in un ambiente dove il Hijab non solo è tollerato, ma accettato, in modo
voluto e/ o imposto.
Alla fine anche se nata in Italia è figlia di una
cultura religiosa diversa da quella vorrebbe imporre, oggi. Se per se stessa la
cosa sta bene, contenta lei, ma un domani, forse vorrebbe imporre a tutte le
italiane – a cui il passaporto stato
rilasciato già al momento della nascita, o quando erano minorenni, – l’imposizione del Hijab, memore dei reiterati rifiuti che ha ricevuto
nel corso del tempo, solo perché non ha voluto utilizzare con ragione e
discernimento l’intelletto che Allah l’ha dotata, ma in quel caso la colpa non
è né di Allah e né tanto meno degli italiani, ma esclusivamente sua., perché
come dice un proverbio:
“chi è causa del suo male, pianga
se stesso”.
Marco Bazzato
14.04.2013
(1)
http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/milano-togli-velo-se-vuoi-lavorare-sara-mahmoud-denuncia-discriminazione-1529432/
(3)
http://www.you-ng.it/news/locale/item/8432-sara-la-ragazza-che-nessuno-assume-perch%C3%A9-porta-il-velo.html
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venerdì 12 aprile 2013
Carni di cani e di gatti nei cibi confezionati
Se la notizia fosse finalmente
vera, la popolazione europea si troverebbe innanzi a una rivoluzione
copernicana, per quanto concerne l’alimentazione umana e non.
Lo riporta in modo diametralmente
opposto Giornalettismo, che riprende la notizia dal quotidiano Libero (1),
il quale secondo cui sotto la dicitura
“carne non identificata nei cibi da asporto” si potrebbe nascondere una
“contaminazione” a base di carne di cane e gatto, “contaminazione” non dissimile a quella
equina, che ha visto coinvolte varie multinazionali del settore pochi mesi fa,
senza cagionare alcun danno alla salute umana, ma creando un gigantesco spreco,
e danno economico per il settore, visto l’errore veniale della mancata dicitura
della presenza di carne equina nelle confezioni in oggetto.
È da tenere presente che tutto
l’articolo ripreso da Libero è al condizionale, quindi non ci sarebbe alcuna
certezza circa l’eventuale presenza reale di carne di cane e di gatto,
provenienti dalle 62 mila tonnellate di carne esportata dall’Olanda verso
l’Italia.
Ma se anche fosse così, questo
starebbe solo a significare che gli olandesi, assai più pragmatici e meno
sempliciotti degli italiani, hanno deciso in modo subliminale che, in vista di
probabili carestie di carne di manzo o di porco, non sarebbe stato sbagliato
far abituare, con quantità omeopatiche, partendo proprio dall’Italia, al consumo
bilanciato ed equilibrato di bocconcini di cane di cane o gatto, mescolandoli
con altri tipi di carne, destinata al consumo umano così per quello animale.
Se la notizia fosse vera e
venisse confermata dalle analisi, sarebbe un chiaro segnale che volge verso un
pragmatismo economico che mira soprattutto a ridurre i costi sociali dello “stoccaggio”
di animali da compagnia abbandonati dagli ex animalisti pentiti e che costano
vagonate di soldi alle casse statali, regionali e comunali. Denari che giungono
anche alle associazioni animaliste senza fini di lucro, sottoforma di
finanziamenti per mantenere lo “stoccaggio” degli animali da affezione nelle
strutture idonee. Euro che, volenti o nolenti, vengono rubati dalle tasche dei
cittadini dalle varie pubbliche amministrazioni, per darli, anche se in minima
parte alla massoneria animalista.
La logica olandese, se fosse
confermata, il paese dei tulipani verterebbe verso il rendere desueta la
vetusta Convenzione Europea sugli animali
da compagnia, approvata il 13 novembre del 1987 (2),
che all’Art. 11 – uccisione, non
manifesta alcuna riserva esplicita o implicita contro la macellazione di cani e
gatti, destinati al consumo alimentare di esseri umani e non, rendendola quindi
legalmente possibile, a meno che non esitano singole leggi nazionali, le quali
però potrebbero essere in contrasto la Convenzione stessa. Quindi, usando i
servigi di ottimi avvocati profumatamente pagati dalle multinazionali della
carne, questi potrebbero forse far aprire delle procedure di infrazione alle
Convenzione comunitaria, in quanto difformi alla Convenzione stessa.
Poi alla fine rimarrebbe da
vedere se l’eventuale presenza di “carne non identificata nei cibi da asporto”
andrebbe a violare le normative comunitarie e/o le singole legislazioni dei
Paesi membri, anche se potrebbe essere possibile sfruttare un certo range di
discrezionalità, in rapporto alla quantità di carne di cane o gatto presente,
rendendo così legale la commercializzazione e il consumo nell’alimentazione
umana e non.
Superati tutti questi ostacoli
burocratici, rimarrebbe lo scoglio più difficile da affrontare: il
condizionamento sociale perpetrato negli ultimi decenni dalle campagne
animaliste, che mirano a manipolare il pensiero logico-razionale degli italiani
e non solo. visto che si tratta di una pandemia mondiale, che gli animalisti
stanno cercando di diffondere come un virus mortale per la ragione anche nei
Paesi dell’Asia Orientale e dell’Oceania
(3), nel nome degli
interessi multimiliardari che gravitano, a livello planetario, attorno al
commercio, la vendita, l’utilizzo di animali da affezione.
Oltre a ciò, non va dimenticato
nel computo le centinaia di miliardi che ruotano, a livello globale, attorno
alle strutture di “stoccaggio” di cani e gatti abbandonati, arrivando a sfruttare soggetti emotivamente e
psichiatricamente fragili che lavorano gratis, acquistando cibo per animali,
pagandolo di tasca propria, mentre i vertici del Gotha Massonico
dell’Animalismo mondiale (4) si arricchiscono alle loro spalle.
Nel caso passasse la possibilità
legale di macellare e distribuire cane o gatto sottoforma di “carne non
identificata nei cibi da asporto”, una fetta del giro d’affari globale verrebbe
a mancare, finendo nelle tasche delle multinazionali del settore alimentare e
della ristorazione.
Questo danno economico che
coinvolgerebbe l’intero pianeta, le associazioni animaliste, usando a loro
vantaggio decenni di manipolazioni orwelliane, non lo potranno accettare e
faranno il possibile per mettere in prima linea i prezzolati di questa lobby
massonica globale,servi consapevoli e
non, che sfruttando bambini e cuccioli, faranno quanto è nelle loro
possibilità, per dare via a rivolte sociali “pacifiche” e mediatiche, vedi Grenn Hill sotto attacco del “terrorismo
animalista” (5),
in quanto l e,mssa non comprenderanno saranno
manipolate dalle lobby massonico-animaliste, le quali vogliono mantenere il
controllo sui guadagni, attraverso tutti i rivoli possibili e inimmaginabili,
dello sfruttamento per fini economici degli impropriamente detti, come da
dicitura legale, “animali da compagnia.”
È ora di ribellarsi!
Marco Bazzato
12.04.2013
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giovedì 11 aprile 2013
Velingrad – Велинград: Hotel Jeri - Xотел Жери
Attraversare la montagna dei Rodopi in Bulgaria, a primavera appena iniziata, per una due giorni fuori dal caos delle grandi città, viaggiando con un trenino che si muove su rotaie a scartamento ridotto, partendo da Septemvrii – Септември, (1), giungendo dopo un ora e quaranta minuti a Velingrd – Велинград (2), piccola cittadina di non pi di 46 mila abitanti, famosa in tutti i Balcani per le sue acque termali, è un esperienza che coinvolge tutti i sensi del turista.
Il trenino, mosso da un motore a
gasolio avanza lentamente. Nei mesi più freddi il riscaldamento è assicurato
dal vapore che sala nelle carrozze attraverso dei diffusori. La carrozza di
coda, sconsigliata, è simile a quelle viste svariate volte in molti film di
John Ford, mentre tra sbuffi di vapore si attraversano gli spazi sconfinati del
West. Il lento incidere del mezzo porta il viaggiatore attraverso tornati e
gallerie ad assaporarsi i colori della montagna bulgara. Colori, che
soprattutto come in questo caso, sono una cacofonia primaverile che si fa
strada verso un inverno che non vuole cedere il passo, creando una miscellanea
di tonalità cromatiche e cangianti sempre diverse. Un torrente impetuoso, leggermente ingrossato
dalle piogge degli ultimi dì scorre verso la pianura. Il treno lo costeggia per
breve tratto, diviso solo da una strada di nuova costruzione.
Già poco prima di entrare nella
stazione ferroviaria di Velingrd -
Велинград si possono osservare allevamenti di cavalli e arnie dedicate
all’apicoltura, quasi un preludio della qualità dei cibi che si potranno
deliziare la vista e l’olfatto e il gusto nei locali della cittadina termale.
La cittadina
all’apparenza non è grande, ma è in continua trasformazione, in evoluzione. Velingrd – Велинград è molto e ordinata, con aiuole ben curate. Le
strade, anche se strette, almeno nelle vie centrali, permettono l’agile deflusso
del traffico, senza dimenticare l’edilizia privata che è un miscuglio
tipicamente balcanico di stili nuovi e antichi, dove accanto alle case
classiche o storiche, si affacciano complessi di recente edificazione, rompendo
completamente con gli schemi architettonici del passato.
Il turista italiano deve dimenticare il confronto
con le città italiche, ma apprezzare, all’interno di un contesto storico -
culturale diverso da quello italiano, come i servizi siano elevati,vedendoli sotto
il profilo qualità/prezzo, rapportandoli a ciò che offrono oggi le realtà
termali italiane.
L’hotel scelto è Hotel Jeri - Xотел
Жери (3).
Come
spesso accade anche in Italia, non sempre scegliendo dalla rete, poi la realtà
è quella mostrata dalle foto professionali e patinate delle pagine web, ma
questo hotel, il Jeri - Жери , è andato ben oltre la presentazione, in
senso positivo. Il Jeri - Жери è tre stelle, composto da 16 stanze, tutte con WiFi. L’ingresso e la reception e come la si può
vedere dal sito. L’addetta è cordiale in
modo professionale e dopo aver espletato le pratiche di registrazione, ci
accompagna in quella che definisce “cameretta”. Aperta la porta: sorpresa. L a
camera è grande, spaziosa, 23 mq, luminosa. Le porte interne così come gli
infissi esterni sono di ottima qualità e permettono un ottima isolazione termica. La tv è via cavo
dotata di 55 canali, alcuni dedicati ai bambini, ci sta la CNN, i canali
sportivi e tematici, comprendenti tra gli altri, Discovery Chanel e National
Geographic. Tra le sorprese la più gradita, oltre al letto molto comodo, è il
bagno, grande, spazioso, piastrellato fino a soffitto, con tanto di l’asciugacapelli.
La camera è dotata di terrazino, tavolino, sedie e portaceneri, per gli amanti
delle bionde che on sanno resistere al loro fascino. In Bulgaria, come in
Italia, è vietato fumare in ogni luogo aperto al pubblico, in primis bar e ristoranti
e nelle stanze degli Hotel.
Una volta preso possesso della
camera e lasciati i bagagli, partiamo per una camminata attraverso la via
principale, o come dicono a Las Vegas, the
strip. La via centrale di Velingrd – Велинград è
piccola, delicata, accoglie il turista in modo discreto, priva, in questa
stagione, della frenesia estiva, ma coccola il turista con i suoi bar i casinò,
situati a entrambi i lati della main street .I bar sono ottimi per un aperitivo
o una rakia – ракия – grappa, che secondo la tradizione balcanica
va bevuta a piccoli sorsi, accompagnandola con insalate di verdure e cetrioli
sottoaceto e non.
Una volta rientrati in hotel si
passa alla piccola ma calda piscina termale. Vi si accede dopo aver fatto pochi
passi all’aperto, uscendo da una porta laterale a lato della reception. L’acqua, come vuole la tradizione delle zone
termali, è calda ma non insopportabile e fin da subito infonde una piacevole
sensazione di benessere e relax a tutte le giunture, lasciando il corpo dopo
quasi un’ora di “ammollo” beatamente stanco e rilassato.
Ma la sorpresa maggiore la si ha
con le delicatessen gastronomiche della cucina tradizionale bulgara e non,
anche se è un peccato che i menù siano solo in bulgaro, almeno quelli che ho
visto e non sarebbe una cattiva idea, per attirare clientela straniera, che
fossero quanto meno in inglese. In ogni
caso balzano immediatamente all’occhio le porzioni, che si possono definire con
due solo aggettivi:abbondanti e maestose, oltre che gustose, naturalmente. Al
termine della cena si aveva quasi l’impressione d’essere satolli come Adam
Richman di Man V Food (4).
Una caratteristica degli hotel di
Velingrd – Велинград è che ristoranti non sono a disposizione solo degli
ospiti, ma ogni turista e non può accedervi, accomodandosi per il pranzo e/o la
cena, come accaduto per una tavolata di amici, innanzi a maestosi piatti di
insalate di verdure e uova, e ogni piatto era di dimensioni ciclopiche.
Il mattino seguente la colazione
compresa nel prezzo della camera. Colazione a buffet, con a scelta: uova,
prosciutto, latte, caffè, yogurt, pane, gelatina di marmellata, formaggio
bianco, etc, servita dalle 08.00 alle 10.00. Le stanze che devono essere
lasciate libere entro le 12.00 del giorno di partenza.
Prezzo complessivo per una due
giorni infrasettimanale per due persone a Velingrad –
Велинград, in bassa stagione? 120 Lev Bg, pari a poco meno di 60 euro, spese di
viaggio in treno da Sofia incluse, ossia 30 Euro a testa.
Se si prendono i pacchetti dal
lunedì al venerdì il costo per notte viene ridotto sensibilmente.
Servizio fotografico presente
sulla mia pagina Facebook. Velingrd – Велинград (5)
Marco Bazzato
11.04.2013
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