giovedì 25 aprile 2013

Stephen King: 22/11/’63



Erano anni che non leggevo un romanzo del Re, di Stephen King, ma 22/11/’63, Sperling & Kupfer ,  pagine 697 nella versione E-Book, edito in Italia nel 2011, va oltre i soliti romanzi “classici” dell’insuperato maestro dell’horror contemporaneo, che a cavallo dalla seconda metà del ventesimo secolo, fino ai giorni di oggi, si è annidato nei sogni e negli incubi dei lettori di mezzo mondo.

Non è interessante descrivere la trama del romanzo, la si può trovare in rete (1), ma più interessante è il ritorno a Derry (2), in quanto cittadina del Maine, torna ad essere teatro dell’orrore, dove il protagonista, Jake Epping,  incontrerà nei Barren, Richie Tozier e Beverly Marsh, due dei bambini de “Il Club dei Perdenti, divenuti celebri nel romanzo  IT (3). 1986..

22/11/’63, nonostante le classiche descrizioni onorifiche di King, va oltre l’horror, entrando a piè pari nella fantascienza, con un viaggio nel tempo, grazie alla “buca del coniglio”, dove il protagonista,“salta” dal 2011 alle ore 11:58 del 18. del 9 settembre del 1958.

 Dopo il primo “salto” Jake Epping, convinto da Al Templeton, malato terminale, nono essendo riuscito al secondo “salto”, a salvare la vita ai componenti della famiglia di un bidello Harry Dunning, unico supersite rimasto zoppo –  che a seguito della nuova stringa temporale morirà in Vietnam, durante l’offensiva del Tet, novembre 1967 –  della strage commessa dal padre,  Frank Dunning, la notte di Halloween, torna per la terza volta, con in più la volontà, spinto dall0ossessione di Al Templeton,   di impedire l’assassino di JFK a Dallas, da parte di  Lee Harvey Oswald, il 22/11/’63.

 Jake Epping, fornito da Al Templeton di documenti falsi, già nel suo secondo “salto” diventerà George Amberson, iniziando a muoversi prima a Derry e poi nel sud degli Stati uniti, in un viaggio on the road che lo porterà dal Maine in Florida e in Texas.

King però, a mio avviso, si è mosso in un terreno minato, soprattutto nella seconda parte del romanzo. Da pagina 220, le descrizioni, per l’eccesso di dettagli risultano ampollose e dispersive, mentre a Derry, il Re, giocando in casa e in un territorio “onirico” conosciuto, riesce a dare maggior forza ad ogni singolo periodo, incasellando ogni personaggio, evento, situazione, entro un contesto ideale, colmo di sfumature e colori, sempre nuovi ad ogni manifestazione.

Ma è quando George Amberson inizia a muoversi oltre i confini di Derry, si sente che l’autore, nonostante l’accurata ricostruzione storico-cuturale e sociale della fine degli anni ’50, inizio anni ’60, in piena guerra fredda e la relativa crisi di Cuba, (diventando grazie ad una falsa laurea, acquistata per corrispondenza, insegnante di letteratura in un liceo – come era nel 2011 – in una cittadina nei dintorni di Dallas, incontrerà, innamorandosene, ricambiato, Sadie Duhnill),  22/11/63 inizia a mostrare la corda, fino ai giorni direttamente antecedenti all’assassinio, quando il ritmo riprende una parte del vigore, nonostante l’autore fosse già quasi con il fiato corto, proprio durante l’ultimo miglio de “Il miglio verde”, stremato da “La lunga marci!.”

Infatti, in quelle ella circa 350 pagine si assiste alla massima dispersività del romanzo, dove le figure e le situazioni sono eccessivamente “allungate e dilatate”, come se l’autore volesse badare più alla fogliazione, anziché alla sostanza dei contenuti.. Anche se è proprio all’interno di questo “vacuo” che si possono estrapolare le frasi migliori dell’intero testo:

Il tempo (il nastro trasportatore sul quale tutti viaggiamo)”
Pag. 233;

Le opinioni sono come le chiappe: ognuno ha le sue.”
Pag. 266;

“C'è un talento meno comune di quello artistico, ed è il talento di coltivare il talento artistico. Qualunque genitore con la mano pesante può schiacciarlo, ma coltivarlo è difficilissimo.”
Pag. 272;

“Il passato è in armonia con se stesso.”
Pag. 306;

«I sani di mente spesso stanno a sentire. I pazzi lo fanno di rado..»
Pag. 578;

«Mi stai dicendo che c'è un negro alla Casa Bianca?»
Pag. 567;

«Mi stavi prendendo in giro quando hai detto del presidente negro, vero?»
Pag. 570;

«I sani di mente spesso stanno a sentire. I pazzi lo fanno di rado..»
Pag. 578.

Ed è durante l’escursione temporale che si può notar come il linguaggio, non solo americano, ma occidentale, sia cambiato in quasi dieci lustri. Ma il cambiamento, nel profondo sud degli Stati Uniti, soprattutto nelle zone ad alta vocazione rurale, nonostante l’arrivo internazionale dell’arbitrario politicamente corretto, per quanto riguarda la religiosità e le eterne dispute tra battisti, metodisti e cattolici, oggi come allora, sono ben lungi dall’essere superate, non solo nella fantasia King, ma anche nel mondo reale sono tutt’ora presenti nello stesso tessuto religioso e culturale dell’America profonda.

Cos’ come è interessante notare che nonostante la fine della segregazione razziale, abrogata nel 1970 e l’eliminazione del termine, molto in voga fino a metà degli anni ’70 di “ negro”, caro a Mark Twin, 1838 – 1910, che nel suo classico: “Le avventure di Huckleberry Finn”, 1884, lo utilizza 219, ma che oggi, snaturandone il significante, nel nome del significato, viene considerato dispregiativo, essendo stato sottoposto ad abrogazionismo linguistico, da quasi un ventennio anche in Italia.

Così come non si può fare a meno di notare come oggi, in pieno ventunesimo secolo, rispetto agli anni ’60, le libertà individuali siano state erose. Infatti King pone l’accento non solo a Derry,così come negli stati del Sud, circa il sacrosanto diritto di poter fumare liberamente, in quasi tutti i luoghi aperti al pubblico, plessi scolastici e ospedali esclusi. Ponte l’accento, senza scriverlo espressamente, su come la società, nel nome del salutismo radicale e fascista abbia perso i valori fondamentali, dove però nell’America industriale e rurale del Maine, ma non solo, i cibi sapessero di cibo, e non intossicati da edulcoranti o aromi artificiali, di cui oggi i cittadini del mondo occidentale, nel nome dell’industria alimentare, sono stati costretti a cedere le armi e soccombere, lasciando il passo alla sofisticazione, all’uccisione dei gusti, scomposti e ridotti ai minimi termini, a causa delle economie di scala e del mercato.

Nel complesso l’opera è godibile dall’inizio alla fine, anche se non raggiunge la vetta del miglior King di fine anni ’80, toccata con il romanzo IT, dove il preludio può essere annoverato con “L’ombra dello Scorpione(4). Ma i temi cari all’attore americano: introspezione interiore, dilemmi etici, paure, ricordi che tornano a galla, immagini di tempi remoti, sono presenti in un caleidoscopio di parole. L’autore, tra l’altro de “La zona morta”, “Cujo” e “L’Incendiaria” non ha perso la maestria della mente e delle mani sulla tastiera, sapendo regalare, come un mix letale di “Incubi e Deliri”, che scaturiscono dal quotidiano, dalle piccole e grandi manie, dai comportamenti ossessivo-compulsivi, come quelle di Johnny  Duhnill e la sua scopa in mezzo al letto o la sua germofobia ,che molti forse nemmeno sanno di avere.

Una nota a riguardo alla traduzione: sfortunatamente non è stata affidata a Tullio Dobner, (5), che di romanzi di King ne ha tradotti quarantuno, m è stata svolta da  Wu Ming 1 (6), dove, all’interno del collettivo di traduttori “1” sta per Roberto Bui, che non ha all’attivo gli oltre 150 libri tradotti da Dobner, e che a ragione può essere considerato il miglior conoscitore dello stile dell’autore americano.  Infatti, analizzando il testo sotto il profilo stilistico, in 22/11/’63, è come se ci fossero una specie di “vuoti”, non tipici delle traduzioni di Dobner, che non fanno bene alla scorrevolezza del testo nel suo insieme.


Marco Bazzato
25.04.2013



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