giovedì 19 aprile 2012
Movimento cinque stelle: i partiti “ufficiali” all’attacco
La cosiddetta “Grande” politica sta affilando le armi. Il terrore regna sovrano tra le armate Brancaleone, che negli ultimi trent’anni, con nomi diversi, hanno portato questo Paese allo sfascio. Tremano come foglie, per paura di dover “dividere” la zuppa con dei nuovi arrivati, con persone che attualmente non sono lorde e avvezze ai giochi e alle scaltrezze di palazzo.
Bersani si indigna, Massimo D’Alema, indicato da molti come il vero deus ex machina del Pd, Alfano e Casini, stanno serrando le file avendo iniziato l’attacco ai fianchi del Movimento capeggiato da Beppe Grillo, timorosi della vera sfida, l’unico e reale attacco frontale: le elezioni amministrative del 6 e 7 maggio 2012 e quelle politiche, se ci saranno, nel 203.
Tremano. Tremano non solo perché molti partiti non hanno quasi più presa sul territorio, piazze piene alle “adunanze” ai comizi, non significa che dietro ci stiano un eguale quantità di iscritti, anzi.
Tremano perché sentono il fiato sul collo di quella che questa “banda dei quatto”, attualmente capeggiata da Mario Monti, seguita dal trio di saltimbanchi, che non sono meno buffi dei comici di professione. Alfano – Casini – Bersani, la “Triade” dell’alfabeto, dall’insediamento del nuovo esecutivo sono tutti un incontro per spartirsi – “legalmente” – il Paese alle prossime tornate elettorali.
Tutti i cosiddetti “Grandi partiti”hanno goduto come ricci quando la Lega è implosa per gli scandali,più mediatici che giudiziari, visto che a tutt’ora è indagato solo Belsito, con Bossi e Renzo, detto il trota gettati giù dalla torre, Rosi Mauro compresa, senza che abbiano ricevuto, fino a questo momento, un solo avviso di garanzia., con i “Barbari sognati” capeggiati da Roberto Maroni che si sfregavano le mani per essersi finalmente impossessati del potere ora che questi, fino al congresso federale, è retto da una “Triade” o triumvirato, che sta avendo però come contropartita un emorragia di consensi, con molti elettori che si sono trovati, invece che con “Roma Padrona, Bossi non perdona”, con “Ladroni in casa nostra”, con i militanti della prima e dell’ultima ora che si avviano alla transumanza, spostando, almeno nei sondaggi, le preferenze di voto, verso il Movimento Cinque stelle.
Beppe Grillo è considerato dai detrattori un demagogo e un populista, cosa non diversa dal populismo che negli anni ’60 - ’70 riempiva le piazze italiane da “puzzoni”, pardon Comunisti, armati anche di bombe Moltov, che ora girano, abbandonata la miseria operaia, con abiti d’alta sartoria. D’Alema docet (1) e come i tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico, si atteggiano da grandi democratici.
Demagogia e populismo che imperversa tutt’ora nel PD e nel PDL, dove per “salvare il Paese”, nei comizi e nei passaggi televisivi e nei talk show, blaterano su cosa si dovrebbe fare, ma nelle aule dei palazzi, fanno incontri carbonari, rimanendosene proni agli ordini del Presidente del Consiglio, espressione della volontà del Presidente della Repubblica, dove il neo senatore è legato da un doppio filo con gli interessi della BCE e delle banche. Basta vedere le manovre approvate in questi ultimi mesi, che vertono tutte al saccheggio delle tasche dei poveri diavoli, senza quasi intaccare i grandi gruppi finanziari e bancari, lavorando sulla crescita, trattandola come se costei fosse un figlio bastardo da prendere a calci in testa e dove gli unici che si sfregano le mani sono i becchini, le aziende di casse da morto e quelle delle onoranze funebri che proprio ieri hanno “festeggiato” il ventiquattresimo suicidio di un imprenditore strozzato dai debiti, visto che oltre alla chiusura dei crediti da parte delle banche, lo Stato è un pessimo pagatore. Ma consoliamoci, i suicidi alzando di qualche miliardesimo il Pil del Paese.
Dicono che Beppe Grillo faccia antipolitica.
. Strano, la vera antipolitica da più di vent’anni è fatta entro i palazzi del potere, nelle segreterie di partito, con le spartizioni eseguite con il “Manuale Cencelli” (2).
I primi nemici del popolo, dei cittadini, della politica, sono i partiti stessi, che si sono “ingroppati”miliardi di euro con i rimborsi elettorali (3) – “ negli ultimi 18 anni, da quando il finanziamento pubblico si è trasformato in rimborso elettorale, nelle casse dei partiti italiani sono entrati 2,3 miliardi” – , senza dimenticare il “fiasco” e/o la mancanza di volontà della Commissione Giovannini (4) che non è “riuscita” a ricevere informazioni sugli stipendi parlamentari degli omologhi europei, solo dei Paesi più ricchi dell’Unione, gli altri, a non detta di questi, avendo degli stipendi molto più bassi, non sono manco stati presi in considerazione, avrebbero fatto abbassare la media, essendo degli “accattoni” avrebbero corso il rischio che se fossero arrivati a delle conclusioni, con delle medie matematiche, tenendo conto delle diverse composizione degli stipendi, avrebbero fatto passare i parlamentari italiani per degli appropriatori “leciti”; creando un pericoloso precedente per tutti i parlamentari dei Paesi ricchi dell’Unione Europea
Va ricordato che i partiti politici, (5) , tutti – Movimenti di Beppe Grillo compreso – sono associazioni non riconosciute (6), anche se attualmente il Movimento non può essere considerato un partito propriamente detto. Questo attualmente è la sua forza.
Il Movimento cinque stelle rappresenta oggi, la pancia ruspante del Paese, una pancia tecnologicamente evoluta, figlia del progresso informatico, che a differenza dei partiti “ufficiali” che da poco hanno preso a rincorrerlo, fin dalla sua nascita si è mosso attraverso le potenzialità della rete, andando a incanalare al suo interno generazioni differenti, unite dalla voglia di confronti e dialogo, a volte anche aspro – basta leggersi i commenti sul Blog di Beppe Grillo (7) per rendersene conto – che ha saputo nel corso degli anni, creare un movimento trasversale, dove però oggi la discesa nell’agone delle piazze sta generando sommovimenti intestinali , con un amministrazione comunale che stacca la corrente, costringendo il comico ad usare i generatori, per farsi udire (8) dai cittadini, creando un pericoloso precedente sul diritto di libera manifestazione del proprio pensiero, Art. 21 della Costituzione italiana (9) ,specie se ha rispettato tutti gli obblighi di legge.
Allo stato attuale degli eventi il pericolo di una deriva antidemocratica non è rappresentato dalle istanze dei cittadini che provengono dal basso, ma per come tutti i regimi repubblicani, termine usato da Giuliano Ferrara in una puntata di “Qui Radio Londra”, il vero pericolo proviene dall’alto, da chi detiene da decenni, con nomi e simboli diversi, il potere, “spartendoselo, indipendentemente dal fatto che sia al governo o all’opposizione.
La cosiddetta Seconda Repubblica (10) , nata come una fenice dalla ceneri dei cadaveri in putrefazione degli scandali della prima, venuti a galla con lo scandalo di Tangetopoli che ha portato all’inchiesta di “Mani pulite” (11) oggi non è altro che uno zombi che cammina, con i sederi incollati alle poltrone. Una repubblica appena maggiorenne, nata morta e che ha continuato a sopravvivere a forza di terapie intensive. Una Seconda Repubblica figlia del malaffare e dell’intrallazzo, dal nepotismo, delle baronie e delle dinastie politiche che sono nei gangli del potere da decenni e che cercano, come i nobili dei secoli passati, di passare lo scettro del comando da padre in figlio, creando un nuovo feudalesimo.
Il Movimento cinque stelle a tutt’oggi non rappresenta la cura ai mali italiani, quello solo il tempo lo potrà dire, anche perché non va dimenticato che l’Unico proprietario attualmente del medesimo è Beppe Grillo, ma il Movimento cinque stelle rappresenta un sintomo, un disagio crescente, che spera grazie e alle sole forze dei suoi aderenti e simpatizzanti, di dare uno scossone di cambiamento a un certo modo di intendere la “Cosa pubblica italiana”, che da decenni è un affare privato di tante, troppe famiglie politiche unite nell’amore dell’interesse non disinteressato di soddisfare ed estendere in eterno i propri privilegi.
Non si sa cosa accadrà da qui a pochi mesi. In molti si augurano che il movimento cresca, portando via voti su voti ai partiti tradizionali, inserendosi nelle pubbliche amministrazioni, non importa se all’opposizione oppure guidando dei comuni, quello che conta è che una volta raggiunta o semplicemente annusata l’aria del potere, questi non ne vengano stravolti e destrutturati, venendo fagocitati dal sistema, diventandone parte.
È certo che il Paese ha bisogno di una forte scossa,non solo emotiva, ma soprattutto morale. Ha bisogno di una classe dirigente che inverta una tendenza da anni legata, come il serpente che ammaliò Eva, votata al malaffare, all’intrallazzo, allo sperpero di risorse pubbliche per compiacere gli amici o gli amici degli amici, creando una ragnatela di connivenze di mercimoni che, uniti a una crisi economica, causata dalla finanza, che ha impoverito non solo l’Italia, ma anche l’Europa, dove nessuno, professori compresi, sanno come uscirne, creando un humus culturale diverso da quello che dagli anni ’70 in poi ha caratterizzato l’Italia e gli italiani.
Beppe Grillo e il Movimento cinque stelle potranno essere solo l’ariete che scardina un portone sfondato dagli scandali, ma il primo compito spetta a ogni singolo italiano, denunciando, denunciando, denunciando il malaffare, ovunque esso si annidi. Solo così si potrà, forse, sperare in un nuovo Rinascimento Italiano.
Maria Antonietta (11), simbolo eccelso dell’arrogante superbia disse: « S'ils n'ont plus de pain, qu'ils mangent de la brioche » « Se non hanno pane che mangino brioche!» (13), tutti sanno poi come andò a finire: Il boia prese la testa sanguinante e la mostrò al popolo parigino che gridò «Viva la Repubblica!».
Marco Bazzato
19.04.2012
(1) http://archiviostorico.corriere.it/1995/luglio/22/Anch_tirato_molotov_Pisa__co_8_9507222839.shtml
martedì 17 aprile 2012
Alfano, Bersani e Casini: ''Togliere i soldi ai partiti errore drammatico''
Quando ascoltando il Tg delle venti o si leggono certe frasi a effetto nelle edizioni online dei quotidiani o nei lanci d’agenzia, viene da chiedersi n che mani mendaci l’Italia si trova e giunge alla mente il titolo di una canzone di Antonello Venditti: “Questo mondo di ladri”.
Udire che i partiti senza il rimborso elettorale, anche se lo sanno anche i cani randagi per strada, che è un finanziamento occulto, abolito dal referendum del 1993, ma entrato dalla finestra grazie ad un giochetto semantico, è un offesa alla capacità di ragionamento e di intelletto degli italiani.
Quando si odono certe dichiarazioni non può non venire in mente la “Cloaca Massima di Roma”, costruzione ufficializzata da Tarquinio Prisco, e tutti gli scarichi reflui che in essa vi sono transitati secoli, ed evidentemente i miasmi continuano ad annebbiare la Casta politica oggi al potere.
C’è un detto che si può adattare alla classe politica che è stata seduta nei due rami del Parlamento, ante e post Tangentopoli, compresa la famigerata Seconda Repubblica: “Piangere il morto per inculare il vivo”, segno che per un certo tipo di politica, gli italiani, tutti, sono dei diversamente etero passivi, costretti,le ultime vicende del governo Monti e dei suoi accoliti lo stanno a dimostrare, a rimanere a carponi ed essere “posseduti a secco” visto che le casse dello Stato, quando fa comodo, sono così vuote, da essere impossibile la distribuzione di vaselina per scopi caritatevoli.
Ora, potrebbe anche starci bene la “violenza sessuale” cui il Paese è costretto a subire, al Governo e alla Politica non interessa se le vittime sono principalmente i meno abbienti, donne, vecchi o bambini, ma essere vittime anche di “stupri psicologici” e “stalking da segreterie di partito” figli, frutto di una relazione extraconiugale e/o incestuosa del sistema demagogico delle “cazzate” sparate a spron battuto, no, questo no.
L’apoteosi della bischerata, detta dalla Banda dei Tre, è: “Cancellare del tutto i finanziamenti pubblici ai partiti - già drasticamente tagliati dalle manovre 2010-2011 - sarebbe un errore drammatico, che punirebbe tutti allo stesso modo e metterebbe la politica nelle mani delle lobby”., dove, come nel gioco delle “tre scimmiette” A.B.C. che, “non vedono, non sentono e non parlano” hanno già dimenticato che le lobby e i cosiddetti poteri forti sono entrati in Parlamento e ci sono rimasti sin dal tempo della Prima Repubblica, nel 509 a.C. e comandano tutt’ora.
Basta vedere chi ha affossato la riforma delle farmacie, quella sugli ordini professionali, sui taxi, sul sistema bancario – gli amici di Monti della Jolanda, pardon, Passera… Chi votava alla Camera e al Senato? Dei barboni o i baroni “bravi” sgherri di queste corporazioni che non vogliono veder intaccati i loro privilegi?
A.B.C. hanno la memoria apparentemente corta, ma poi dentro le segreterie dei partiti, nei Gruppi Parlamentari, gli ordini di scuderia vengono impartiti ai “peones” che come sherpa obbediscono, pigiando i pulsanti, come la marionetta della pubblicità della Vigorsol.
Si parla del pericolo dell’antipolitica, ma i primi “kamikaze” della politica sono i partiti stessi, idrovore voraci di denaro, che cercano a tutti di salvarsi e lavarsi la faccia e il borsellino, imputando al cambiamento di rotta, un pericolo per la democrazia.
Eppure se i partiti, associazioni private, vogliono “estorcere” tramite leggi ad hoc denaro ai cittadini – lo Stato – la cosa sarebbe anche giusta, se dietro a tutto questo ci fossero dei preventivi e dei consuntivi di bilancio, con tanto di conguaglio, a presentazione delle pezze giustificativa delle spese sostenute, certificate non dalla Corte dei Conti, che non ha possibilità investigativa, ma dalla Guardia di Finanza, dove a cadenza trimestrale, dovrebbe fare le verifiche, sanzionando, come fa per ogni impresa, anche gli errori formali.
Ma questi non vogliono, perché hanno i bastoni e la frusta del comando, fare solo come gli aggrada, salvo sentirsi accerchiati se i cittadini si sentono traditi e disillusi dalla politica.
Se tra pochi mesi si arriverà a una situazione simile a quella greca, i partiti politici, con A.B.C che fanno comunella dovranno iniziare chiedersi il perché, ma a questi non importa del destino dell’Italia, in questo momento di crisi economia strozza famiglie, interessa solo mantenere i privilegi che si sono concessi nel corso dei decenni, possibilmente aumentandoli.
Marco Bazzato
17.04.2012
sabato 14 aprile 2012
Crisi economica, 9 suicidi nel Veneto, per un totale di 23 dall’inizio del 2012
A una prima superficiale lettura sembra una “Strage di Stato”, ma leggendo con attenzione le cifre, ci si rende conto di un fattore essenziale: ossia, quasi il 50% dei suicidi sono avvenuti in Veneto. Indice, dipende dai punti di vista, di una forte debolezza psichica nei confronti delle avversità della vita e/o dell’imprenditoria, di un’ammirevole capacità di libera scelta dell’individuo. In ogni caso il “Modello Nord Est” in questa circostanze, sta facendo ancora la parte del leone, come apripista di una tendenza che potrebbe far scuola e consolidarsi nel Paese.
Sembra diventata una moda quella degli imprenditori veneti, soffocati e strangolati dalla crisi economica, di togliersi dalle spese, suicidandosi.
È la Cgia di Mestre ad alimentare il presunto allarme sociale, dovuto al fatto che nell’odierna società il suicidio è considerato un tabù, peggio ancora nel religiosissimo Veneto, tutto fabbricchette, p – e/ o l – adroncini con la quinta elementare, la terza media, chiesa, moglie, amante e Suv ultimo modello con la ciambella a Gpl, abito griffato comprato tarocco dai cinesi, per risparmiare.
I suicidi in questi casi non sono un allarme sociale, ma il modo con cui un certo tipo di imprenditoria pecoreccia, alla “poenta e osei” o da “risi e bisi” che per anni si è arricchita, sfruttando il lavoro nero, vivendo di sommerso, di “mistre” che facevano i lavori in casa, di notte, lavoratrici a cottimo sottopagate, senza contributi pensionistici, che oggi con la stretta della Guardia di Finanza che passa al setaccio i conti delle imprese, non soffermandosi sullo scontrino fiscale, sono in imbarazzo, impossibilitati a entrare entro un modo di pensare fatto di legalità, rispetto delle regole, della concorrenza, essendosi arricchiti per trent’anni con l’arraffo, con i capannoni e le abitazioni abusive, regolarmente condonate dai governi compiacenti.
Il suicidio rappresenta oggi in Veneto la conferma della Teoria evoluzionistica di Darwin, dove i più forti sopravvivono e gli imprenditori più piattole si “terminano” da soli, senza il bisogno dell’aiuto esterno, da parte di persone terze.
La catena di suicidi a detta di qualcuno sta soffocando la regione, ma a detta di altri, la sta liberando. Dove oltre a portare con se il naturale e umano dolore dei famigliari sopravvissuti, sta creando una ventata di pulizia, di legalità a tutti i livelli, soprattutto per quanto concerne le Amministrazioni Comunali che nel corso dei decenni hanno avvallato, nel nome della crescita senza adeguata programmazione, un trend che a tutti pareva non dovesse finire mai.
È vero che esistono le difficoltà economiche, che la Pubblica Amministrazione paga quando vuole, che la Guardia di Finanza, spalleggiata finalmente da un esecutivo che ha dato briglia sciolta ai finanzieri, sta passando al setaccio i finti morti di fame, facendo emergere un pletora di ricconi nullatenenti, che vivevano e pasteggiavano come avvoltoi sulle spalle, pasteggiando sulle carogne, della collettività. Ma è anche vero che l’andazzo, la bambagia della sopraffazione, del ladrocinio dei piccoli imprenditori, che si credevano intoccabili e furbacchioni, doveva prima o poi volgere al termine, e che il pensiero arruffone del “deprediamo fin che si può”, prima o poi doveva giungere al capolinea, anche in modo traumatico – per i famigliari – non per i diritti interessati.
È tipico della cultura italiana, ma anche veneta, lavarsi la bocca, sbandierando ai quattro venti che sono persone oneste, perbene, che non fanno mai nulla di illegale, che si muovono sempre all’interno dei confini della legalità e della correttezza, salvo poi, quando si inizia a grattare sopra la patina di lucido apparente, si scoprono gli altarini, gli intrallazzi, il pantano,il lercio, il marcio putrefatto, il commistione tra piaceri del Pubblico nei confronti dell’amico imprenditore o dei figli di quest’ultimo, subentrati al padre che, avendo gli agganci giusti a “palazzo” continua a comportarsi con la mentalità degli anni settanta, non rendendosi conto che il mondo è cambiato.
Nove suicidi dall’inizio dell’anno sono più che altro una cagnara giornalistica orchestrata per fare pressione sul governo affinchè allenti la presa sulla garrota dei controlli fiscali mirati. Si usano i morti, che rispetto al numero di piccole medie imprese presenti nella regione, sono percentualmente irrisori, creando da nove singole realtà personali un ingiustificato allarme sociale, strumentalizzando una libera scelta dei singoli, ponendo l’attenzione esclusivamente sui titoloni e le boutade ad effetto, con gli imprenditori che hanno scelto l’autodeterminazione e il controllo finale sulla loro esistenza, tracciando il percorso, che secondo il loro interesse, era il più opportuno e giusto.
La Cgia e tutte le associazioni di PMI e industriali, invece di attaccarsi a delle percentuali omeopatiche di suicidi, dovrebbero fare pressioni sul governo non tanto perché allenti lo strangolino dei controlli sugli imprenditori e sugli esercenti,a anzi dovrebbe farsi carico di spingere sull’acceleratore della pulizia del sistema imprese, grazie alla mannaia dei controlli mirati, usando Serpico al massimo delle potenzialità, chiedendo al governo lo sblocco dei crediti vantati dagli imprenditori, dopo aver ricontrollato che gli importi siano in linea con il mercato, e saldando il conto.
Se le associazioni degli imprenditori, invece di osteggiarla, facessero pressioni sul governo affichè l’Italia smettesse d’essere un Paese da terzo mondo industriale, approvando la “Direttiva Europea anticorruzione” (1) forse il Paese uscirebbe dalle secche. Ma questo non lo vogliono né gli imprenditori né la classe politica di ogni ordine e grado: troppo letame ci sarebbe da spalare e troppi rischierebbero il gabbio.
Marco Bazzato
14.04.2012
Etichette:
diritti dei cittadini,
Economia,
finanza,
Opinioni,
Politica e Società
venerdì 6 aprile 2012
Umberto Bossi si è dimesso da segretario della Lega Nord
Alla fine il vecchio “senatur”, quasi senile e minato dalla malattia si è dimesso.
La notizia ha fatto il “Giro d’Italia” ieri pomeriggio poco dopo le 18, innondando la rete e gli speciali delle tv informative, Rai Nevs, Tgcom 24 e Sky, con dirette e aggiornamenti in tempo reale. La sede di via Bellerio èra quasi stata presa d’assalto dai supporter esagitati, che quasi increduli, sembravano colpiti come i coreani quando è morto Kim Jong-il, il “caro leader” venerato, con i mitra puntati alla schiena, dal suo popolo.
In molti si chiedono se Bossi abbia fatto bene o male. Ma le opinioni sono difformi.
La prima, quella che spaventa più di tutti, aldilà delle giaculatorie di facciata, è la reazione silenziosa dei leader degli altri grandi partiti di governo. Infatti il comportamento del “senatur” rischia d’aprire un precedente pericoloso e destabilizzante in una classe politica che l’etica, innanzi agli scandali, l’ha lasciata molti anni fa,entro quel ventre che non li ha abortiti, delle rispettive madri.
Erano decenni che un segretario di partito, travolto dagli scandali, non si dimetteva in modo così plateale.
Certo, nella memoria di tutti sono impresse le magnifiche immagini di Craxi sottoposto ad una granula di monetine da parte dei cittadini, davanti all’Hotel Raphanel, quando il Partito Socialista venne travolto da Tangentopoli, che ha costretto Craxi a morire latitante in Tunisia, condannato in contumacia, come un codardo ha preferito la fuga, dimostrando totale assenza d’attributi e vigliaccheria, rifiutandosi di presenziare ai vari processi a suo carico.
Altri dicono, e questa è proprio la base forcaiola del partito, i simpatizzanti barbuti, spesso vestiti come celti ubriachi di grappa o vino, che il “Caro leader” non doveva dimettersi, nonostante i cappi che in passato erano stati sventagliati nella Camera da parte di parlamentari del Carroccio, quando si trattava di altri, senza attendere il terzo grado di giudizio, o quando gli avversari erano colpiti da scandali politici e/o giudiziari.
Restano molte domande nella mente di molti. Possibile che il “senatur” che certo non ha mai guadagnato poco come parlamentare non sapesse da dove venivano i denari per il restauro della sua casa Gemonio? È possibile che nessuno si ponesse le domande di come il Trota, nonostante il suo stipendio da consigliere regionale – inutile – quasi 12.000 euro al mese, sgraffiganti legalmente agli italiani, avesse bisogno di andare a prendere, rubare, ciullare – i sinonimi sono svariati – appropriarsi che dir si voglia, entro le casse della Lega?
Ora ci si chiede se sapranno veramente fare pulizia, gettando fuori la feccia e il pattume che appesta il partito, partendo, se fossero confermate le accuse dal “Caro Leader” e tutti i membri della cricca famigliare, il famigerato “cerchio magico”, tipico delle culture tribali e primitive dei celtici e dei loro clan, compresi gli eventuali annessi e connessi?
Sta di fatto che la famiglia Bossi, partendo dal “Caro Leader, alla moglie, al Trota, e gli eventuali altri che risultassero coinvolti nelle appropriazioni indebite dei fondi di partito, andrebbero espulsi senza complimenti, cacciati con ignominia e sottoposti alla pubblica gogna mediatica, da parte del triunvirato appena eletto e dal futuro segretario di partito e soprattutto dai barbuti fanatici e soventi ignorantelli, che odiano, quando fa comodo, l’illegalità in casa d’altri, ma che a giudicare dalle reazioni esagitate, da fanatici religiosi, oggi fregnoni piagnucolosi, colti da astinenza mistica, sembrerebbero disposti a portarsi in casa, come icona votiva, un letamaio morale puzzolente, pur di inginocchiarsi innanzi al feticcio politico che li ha soggiogati per più di un ventennio con il populismo e con banalotti slogan a effetto che hanno fatto presa sulle deboli menti degli adepti del movimento-settario divenuto partito, eretto da uno stregone con il “Toscano”, che prima d’andare a dire cosa gli altri dovevano fare in casa loro, doveva tenere con la museruola, le briglie ben strette o con lo strangolino al collo la moglie siciliana e i figli, “garrottandoli” quando “pisciavano fuori dal boccale”.
Questo sfortunatamente dimostra che “La famiglia”, certe famiglie, non sono altro che un ricettacolo di serpi, di disonesti che non si fanno scrupoli, per ingrassarsi, a distruggere il lavoro di una vita del padre, abusando dell’ eventuale buona fede, della malattia, della dipendenza dalla moglie o dai figli, che non esitano a mettere le mani nella bisaccia del popolo, depredando a man bassa.
Adesso si auspica una cosa sola: che la giustizia faccia il suo corso, che Serpico, il supercomputer della Guardia di Finanza vada a “stuprare” entro tutte le attività del clan, senza pietà, perché dove non arriva la lunga mano della politica, sempre intenta a proteggersi e pararsi il culo a vicenda e gli interessi di parte, lo Stato, nell’indipendenza della Magistratura, degli organi giudiziari e fiscali si auspica che facciano quella Giustizia, azzannando senza il collo dei furfanti disonesti e che venga fatta dallo Stato una caccia all’uomo, una lotta senza quartiere, stanandoli, perché chi ha tradito e si è appropriato di ciò che non gli appartiene dovrebbe essere spogliato completamente dei propri averi, pur nel rispetto dei diritti degli eventuali imputati e dei tre gradi di giudizio.
Marco Bazzato
06.04.2012
Etichette:
famiglia,
Giustizia,
Media,
Opinioni,
Politica Italiana,
Televisione
giovedì 5 aprile 2012
Vigonovo: cittadino italiano si suicida o kamikaze fallito?
Sono giorni che seguo la vicenda del cittadino di origine “ignota”, visto che in alcuni siti viene dato per serbo, in altri per croato, in altri ancora come montenegrino. Insomma, quando si tratta di paesi dell’Est Europa la confusione italiana o la mancanza di voglia di chiarezza, crea un commistione e un caos, che potrebbe far scattare nei Paesi interessati un nuovo “Assedio di Sarajevo”.
Per fortuna oggi ci pensa il cronista locale, Vittorino Compagno, a dipanare un po’ le lacune con un suo articolo – vedi nota 10 – dove in seguito ho scoperto che Igor Milic è di origine Slovena, natio di Senožeče, in italiano Senosecchia.
Rimorchiarne l’origine omettendo la nazionalità italiana potrebbe essere letto come una pregiudiziale, in virtù dell’accaduto.
Igor Milic era cittadino italiano a tutti gli effetti, avendo lo stesso passaporto e gli stessi diritti degli italiani. Esattamente come accade con gli sportivi che prendono la cittadinanza italiana per giocare con i colori azzurri.
Sta di fatto che lunedì, poco dopo mezzogiorno, stanco delle angherie dei dispetti, delle lacune, delle mancanze – a suo dire, stando a quanto pubblicato nel Corriere della Sera – che era costretto a sopportare per anni, ha deciso di farla finita, facendo pagare un conto salato ai condomini, scaraventando il paese per alcuni giorni sotto i riflettori della cronaca nazionale.
Ma dalle ricostruzioni giornalistiche si possono notare delle storture e dei dati che oggettivamente non quadrerebbero.
. Leggendo, vedendo i video in rete le interviste fatte ai vicini, sembrerebbe che costui fosse un “fuori di testa” maniacale, che minacciava tutto o tutti e che prendesse nota di ogni minima infrazione condominale che altri commettevano.
In una nazione e un paese di provincia dove tante cose sono fatte con approssimazione, un “razionale” e certosino pensiero “tedesco” poteva dare fastidio e apparire seccante ai condomini abituati al “tutto va bene” o come si dice anche, al “fare il tutto alla carlona” e questo alimentava gli attriti tra il “neoitalaino” e gli autoctoni, esasperando gli animi.
In molti piccoli paesi, c’è da dire, anche per colpa di taluni soggetti, non è facile per gli “importati”, vuoi dove alcuni hanno la mentalità ferma al tempo della servitù della gleba, vuoi anche l’influenza di un certo pensiero celodurista che non ha fatto bene all’apertura mentale dei nativi nei confronti degli “stranieri”, siano essi provenienti dalle grandi città o provenienti dall’estero, peggio ancora se da un Paese dell’Europa dell’Est.
È chiaro l’italiano Igor Milic, nel suo presunto desiderio omicida, ha fallito. Ha fallito come un kamikaze alle prime armi, professione che raramente ammette una seconda possibilità.
Stando anche a quanto hanno dichiarato i vigili del fuoco, l’italiano ha operato con diabolica precisione (1). Se fosse stato un vero assassino e non un “boccalone verbale” come ne esistono molti, l’italiano d’adozione, non avrebbe toppato così clamorosamente nel suo pseudo intento stragista, in quanto risiedendo da tempo nel paese conosceva le abitudini locali e probabilmente il suo desiderio maggiore era quello di un gesto eclatante, che lasciasse un segno da ricordare, dove le eventuali vittime non sarebbero state altro che dei “danni collaterali”, termine militare usato in tempo di guerra.
Se fosse stato un vero criminale, avrebbe messo in pratica il suo intento “kamikaze” in orari più consoni, ossia a metà mattinata, oppure la notte, quando le probabilità che i suoi “nemici” fossero a letto, erano sicuramente più elevate. Come accadde aMoncalieri nel gennaio del 2010 (2) e in quel caso non era un ex straniero naturalizzato italiano, ma un autoctono doc.
Ci si pone anche un'altra domanda: ma chi ha dato a Igor Milic tutte le bombole che deteneva in garage? Ed erano bombole che, secondo la legge, era autorizzato a detenere, oppure qualcuno l’ha bypassata, per guadagnarci sopra qualche euro? E se è vero quanto scrive la Nuova Venezia (3) “ Anche i carabinieri del posto avrebbero cercato, per quanto possibile, di indurlo alla ragione, richiamandolo al dovere di rispettare quelle regole di sicurezza che proprio lui avrebbe dovuto conoscere particolarmente bene”, se sera risaputo che “trafficava” con bombole di gas, possibile che a nessuno sia venuto il dubbio di controllare se la quantità che deteneva in casa o nel garage fosse conforme alle quantità ammesse dalla legge per uso domestico?
Sono molte le domande che con il teorico senno del poi lasciano nella mente molti dubbi..
Così come non va dimenticato, e qualsiasi persona che ha sofferto di depressione grave, l’istinto suicida e il desiderio di vendetta ha le sue gradualità all’interno di questo tunnel di luce oscura La prima potrebbe essere il suicida solitario. Nel caso di Igor Milic, costui si potrebbe dire impropriamente che era nella fase intermedia, ossia quella di voler fare un ingresso in un'altra vita, con un’uscita a effetto che lasciasse tracce materiali del suo passaggio, cercando di non causare danni irreparabili a persone, ma solo a cose. L’ultimo stadio sarebbe stato l’atto” kamikaze” vero e proprio, ossia portare con se il maggior numero di persone possibili, facendo una strage, pensandola e organizzandola effettivamente nei minimi dettagli. Cosa che per pianificazione, si può desumere a questo punto, sia riuscita alla perfezione.
In base alle informazioni presenti nei vari quotidiani online sorge un ulteriore interrogativo. Igor Milic, essendo naturalizzato italiano risiedeva in Itala da almeno vent’anni, in quanto se non si è spostati con una cittadina italiana, la nazionalità la si riceve dopo dieci anni, quindi costui potrebbe essere fuggito dal suo Paese natale a seguito della dissoluzione dell’ex Jugoslavia (4).
Chi può dire, non essendo disponibili informazioni più dettagliate sulla sua storia che negli anni antecedenti alla sua venuta in Italia, a causa della dissoluzione della sua nazione d’origine (5) non possa aver perso qualche familiare e che potesse soffrire del “disturbo da stress post traumatico” (6) e che i suoi frequenti scatti d’ira incontrollata non fossero il sintomo di un disagio ben più grave che nessuno ha saputo o voluto intercettare e/o interpretare, in virtù anche delle numerose segnalazioni che si erano succedute nel corso del tempo?
Il sindaco stesso, Damiano Zecchianato, ha definito il suo comportamento “strano” (7), così’ come ha dichiarato a Vittorino Compagno, cronista locale del Gazzettino – «In verità era solo un pazzo», dice Letizia Scanferla, e nel medesimo si possono trovare anche alcune note circa la sua terra natia, Senožeče, in italiano Senosecchia (8), in Slovenia (9), e in seguito in Italia.(10).
Non si tratta di giustificare il gesto che ha fatto, ma il . suicidio è una libera scelta dell’individuo, anche se non accettato dalla società contemporanea, è “ il desiderio reale in questa interpretazione sarebbe quello di affermare l'ideale di una vita liberata” (11).
Insomma, come spesso accade nei piccoli paesi, tutti sapevano, ma invece di capire, comprendere, ognuno secondo le proprie possibilità intellettuali e ruoli ufficiali, nel pieno rispetto della legge, ha è preferito attendere, anziché cercare di capire e comprendere che probabilmente gli indicatori di un forte disagio esistenziale erano ben presenti e manifesti.
Ma….
Marco Bazzato
05.04.2012
Etichette:
Cronaca,
Fatti e persone,
Italia,
Media,
Opinioni,
Televisione
Iscriviti a:
Post (Atom)