mercoledì 14 gennaio 2015
Aborto d’amore – romanzo: quando la letteratura contro l’omofobia fa paura
Lo sapevo fin dall’inizio,
ossia quando nel lontano 2006 iniziai a scrivere il mio secondo romanzo, Aborto
d’amore – Lacrime eugenetiche, opera pubblicata in e-book – che la tematica
avrebbe spaventato tutti. Ma è compito dello scrittore mettere, grazie alla
finzione letteraria, in evidenza le ipocrisie della nostra società
contemporanea, e i fatti mi stanno dando ampiamente ragione. A parte pochi casi
isolati e in forma privata, pochi hanno avuto il coraggio di scriverne una
recensione, in quanto mettere a nudo il falso perbenismo imperante e veder riflesse le proprie paure –
leggesi omofobia – vedendosele spiattellate in faccia, non fa piacere a
nessuno. Ma la realtà, a meno che noi non desideriamo intimamente cambiare il
nostro punto di vista è approccio, non
cambia da sola e fare gli struzzi mettendo la testa sotto la
sabbia, per paura che le fobie sopite
escano allo scoperto, non si cambia mai da sola.
In molti privatamente
mi hanno scritto che il romanzo è crudo, a tratti brutale, privo di fronzoli,
orpelli e “leccaculismo”, in quanto non fa sconti a nessuno, perché la vita non
fa mai sconti e se si prova ad
attraversala attraverso vie traverse, alla fine volente o nolente ti presenta
il conto.
Ho proposto la lettura
dell’opera al gruppo le Sentinelle in Piedi, a vari gruppi che pubblicamente
sono contro gli omosessuali, anche in modo feroce e linguisticamente parlando
offensivo…la risposta? O il romanzo non è stato letto, come loro diritto, o se
letto, hanno preferito tacere. Forse, giustamente dal loro punto di vista per
non offrire spazio mediatico a me, oppure, ma questa è una supposizione, perché
timorosi che un’eventuale vetrina potesse metterli sotto una luce diversamente
positiva. Lo stesso per l’Associazione Provita, a parole contro l’aborto, ma
poi quando nei fatti ci sta un’opera letteraria e di fantasia che ipotizza una
realtà che potrebbe avvenire nei prossimi anni, ossia l’indagine genetica
prenatale sui feti per stabilire se questi abbiano o non abbiano il gene dell’omosessualità
e che potrebbe attivarsi in determinati contesti sociali e o ambientali, ecco
che allora…silenzio.
Come se la vita di un
eventuale feto che potrebbe essere
omosessuale o lesbica, fosse meno importante di un feto etero. Ricordiamoci
che oggi ciò che è fantasia, un domani potrebbe essere il pane quotidiano della
scienza e di riflesso delle gestanti e quindi del loro diritto di scelta,
individuale e terreno di riflessione politica su cambiamenti della società e
dei diritti del nascituro,senza mai mettere in discussione il diritto d’aborto
della donna.
Mi hanno stupito poi
alcuni che privatamente si sono attaccati alla forma del romanzo, probabilmente
senza comprenderlo nella sostanza, probabilmente perché, anche per via della
loro professione, si sono sentiti tirati in ballo e quindi, come se avessero
toccato una cosa particolarmente ripugnante, sono scappati quasi a gambe
levate, usando scuse pretestuose, non tipiche del loro carattere.
Debbo
confessarlo, questo romanzo mi ha fatto cambiare, perché, non che rinneghi le
mie posizioni passate, “l’abiura” non fa parte della mia cultura, però sposo in toto il proverbio arabo che recita:
“Onesto
è colui che cambia il proprio pensiero
per accordarlo alla verità disonesto è colui che cambia la verità per
accordarla al proprio pensiero”.
È risaputo che l’essere umano non è detentore della Verità Assoluta, questa
appartiene, per chi è credente alla divinità alla quale egli si rivolge, però
essere volutamente ciechi e ottusi innanzi ai cambiamenti, rifiutandoli a
priori, per motivi ideologici o religiosi, perché credono che questa divinità
indichi la retta via, significa abdicare il diritto di pensare e osservare il
mondo che circonda tutti con gli occhi scevri dal pregiudizio. Non importa se questo
pregiudizio è rivolto alla realtà LGBT o qualsiasi altra realtà nella quale
aprioristicamente sbarriamo le porte. Poi, naturalmente deve rimanere il diritto di
dissentire, ma negare aprioristicamente i diritti altrui, potrebbe essere in
alcuni casi un boomerang, che prima o poi potrebbe ritorcesi contro, attraverso
vie al momento ignote e imperscrutabili.
Limitare il proprio discernimento
per ragioni che nulla hanno a che fare con la Fede, perché legati a una visione
fanatica e letterale della religione, equivale a negarsi la possibilità di
essere diversi, equivale a chiudersi entro un fortino fatto di paure e di
pensieri chiusi, soprattutto quando si ha paura di guardare, attraverso un’opera
letteraria, ciò che è il proprio io e le proprie visioni ideologiche che
sovente però potrebbero nascondere anche dei disagi psicologici profondi.
Il romanzo “Aborto
d’amore” è, a mi avviso, un romanzo che potrebbe piacere alle Associazioni
LGBT, perché snuda l’ipocrisia perbenista e ipocrita non solo della profonda
provincia italiana, perché probabilmente tutti, davanti agli eventi che vedono
coinvolti i coniugi Rampin, potrebbero all’inizio comportarsi da provinciali,
così come è vero che non tutti coloro che vivono nella provincia profonda
debbano giocoforza avere una visione provincialista e ottusa del mondo che li
circonda, che cambia, che evolve che li mette innanzi a nuove sfide personali, culturali, sociali, cambiando
radicalmente il loro pensiero e la loro prospettiva, nei confronti del diritti
dell’uomo e della loro accettazione sociale.
Marco Bazzato
14.01.2015
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