venerdì 14 dicembre 2012

Maratona Telethon: ha senso donare euro a fondo perduto?


È partita la ventitreesima maratona Telethon, dove i cittadini, in piena crisi economica sono invitati a donare denaro, con i governi che continuano a fare tagli alla sanità, alla ricerca, alla scuola, a una fondazione privata, presieduta da Luca Cordero di Montezemolo,, nelle forme e nei modi più disparati, partendo dai 2 fino ai 2.000 euro.

La solidarietà è una libera scelta, ma continuare ad andare a chiedere da quasi un quarto di secolo denaro, quando specie in questo ultimo anno, con un governo che ha tagliato e tassato il passabile, salvando le fondazioni bancarie e non, la chiesa e le organizzazioni “no profit” dal pagamento dell’Imu, è una contraddizione di termini. Da una parte si fa risparmiare ai ricchi, a chi ha un’elevata capacità contributiva, dall’altra parte una maratona di “accattonaggio mediatico”.

Forse sarebbe meglio destinare gli euro al barbone senza casa, o a chi, nel pieno delle festività natalizie è meno fortunato e può acquistarsi un pasto caldo, sicuri che il denaro vada a una persona fisica ben definita? Ma donare 2, o più euro, ad una Fondazione serve per lavarsi la coscienza, evitando di guardare negli occhi chi soffre.

Si chiede denaro ai cittadini per cercare la cura a malattie genetiche, nobile intento, per carità, ma non sarebbero stati spesi meglio questi ventitre anni se si fosse investito sulla ricerca genetica preventiva, creando esami genetici obbligatori e non invasivi ad hoc per le coppie – legalmente sposate – che decidono di fare figli, , dove le coppie, cocenti dei rischi genetici di un eventuale gravidanza, possono risparmiare ai futuri figli la venuta al mondo, tramite la legge 180 sull’interruzione della gravidanza?

In fin dei conti il “controllo qualità” viene effettuato in qualsiasi azienda seria, degna di questo nome, che vuole tenere alti gli standard produttivi e di sicurezza, per se stessa e per gli altri, e quindi anche la ricerca genetica dovrebbe camminare pari pari, mettendo al primo posto la prevenzione e, se possibile un eventuale cura, o almeno assicurare una vita decente, visto che poi, lo Stato taglia su servizi alle persone disabili o portatrici di malattie genetiche invalidanti, come ad esempio  le accompagnatorie?

A ben ragionare, ci si trova nella contraddizione politica che da una parte si tagliano i servizi ai cittadini, ma dall’altra si chiede di contribuire alla ricerca di cure, trascurando la prevenzione genetica, anche con campagne  pubblicitarie sociali ad hoc, imponendo legalmente ai futuri genitori a sottoporsi a controlli genetici, per evitare che mettano al mondo figli geneticamente malati.

A chi si indigna, pensando all’eugenetica, si metta la coscienza in pace.

L’eugenetica la si utilizza da anni anche in Italia, perché tramite l’amniocentesi e la villocentesi è possibile predeterminare se il feto è portatore di alcune malattie genetiche (1) e quindi se al “controllo qualità” non risultasse conforme a degli standard di vita soddisfacente per se stesso e in primis per i genitori, scegliere e/o imporre – ma questo è un problema che dovrebbe risolvere un parlamento sovrano e non condizionato –  l’interruzione della gravidanza.

Non va dimenticato che alla fine avere un figlio malformato geneticamente, quando la scoperta avviene a nascita avvenuta, diventa uno shock per i genitori e la famiglia e non tutti sono in grado di sostenere mentalmente e psicologicamente e psichiatricamente il peso un figlio portatore di una malattia genetica, anche se all’apparenza possono apparire forti, poi giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, alcuni tendono a necrotizzarsi dentro, giungendo a negare il problema del figlio, perché riesce a condurre una vita apparentemente normale, ma pur sempre, ma non in tutti i casi, prende coscienza d’avere una spada di Damocle puntata sul capo e/o la mannaia di due “boia sconosciuti, pronti a mozzargli la testa in qualsiasi momento.

Questi genitori nel corso degli anni marciscono nel cuore e vedono il figlio come un peso, come un costo, un fardello inconfessabile, anche se apparentemente ne parlano come se i loro traumi mentali non esistessero – perché rimossi, vantandosi dei i sacrifici che hanno fatto per costui, mentre in realtà, se possono, utilizzano ogni genere di artifizio immorale per spremergli denaro sfruttandolo, per i loro meschini interessi, utilizzando come arma di terribile violenza psicologica, frasi che fanno passare loro da vittime della situazione, vittime di un destino che si è accanito contro la loro serenità famigliare, arrivando a “trattenersi” nel corso degli anni cifre spaventose, a mo di risarcimento per i danni che costoro, nelle loro menti malate, avrebbero subito, dimenticando che le vittime non loro, in quanto che lo vogliano o no, sono i diretti responsabili, perché era loro il patrimonio genetico che si è mescolato malamente e malsanamente, come in un coktail maleodorante, dentro l’utero materno, che ha generato un figlio/a “storto/a e/o malformato/a.”

Oggi si dovrebbe in primis volgere verso la ricerca della prevenzione delle malattie genetiche, in modo che con la mappatura genetica, la ricombinazione e/o l’intervento sul DNA o sulla soppressione del feto malformato e/o portatore di malattie genetiche, si possa rimanere all’interno di standard di vita, una volta venuti al mondo, accettabili per la persona, per la famiglia e di riflesso per la società, con il fine poi che, nel corso dei successivi decenni, sarebbe quello di ridurre considerevolmente i costi famigliari, anche intesi come stress e traumi da parte dei genitori e di costi della società, eliminando alla radice, ossia entro pochi mesi dal concepimento, il problema.

Ma queste sono politiche sanitarie a lungo temine che dovrebbero essere messe in cantiere dalla politica, senza farsi condizionare da eventuali visioni ideologiche delle confessioni religiose dominanti, perché laicità dello Stato significa avere una visione a lungo termine e strategica, e non come abituale mene si fa, entro un ottica miope di misera tattica,perché non vuole affrontare e/o risolvere “i problemi prima che nascano”.

Il vero confine della ricerca genetica non dovrebbero essere le cure di “sopravvivenza” utilizzando i portatori di malattie genetiche come cavie umane per sperimentare, alla cieca, sperando di poterne osservare il non peggioramento, non il miglioramento delle condizioni di vita. Un po’ come i farmaci che non curano la malattia, ma i sintomi, perché la maggior parte di questi inibiscono.

Il fine ultimo della ricerca dovrebbe essere la genetica pura, la ricombinazione del DNA, garantendo dei determinati standard di “Purezza e genetica sanità  fisica”, indipendente da sesso, razza, nazionalità e/o religione e classe sociale, per avere degli standard “produttivi” e/o riproduttivi, magari preprogrammando la durata del ciclo vitale, confacenti con le aspettative dei futuri genitori, della famiglia e di riflesso, come fine ultimo, ma non per questo meno importante, della società stessa.

La malattia genetica potrebbe colpire statisticamente ogni bambino che ogni donna porta in grembo. La prima cosa che le future madri e padri auspicano è una sola: che sia sano, tutto il resto non conta. Va ricordato che indipendentemente dal fatto che i futuri genitori siano sani questo non li mette al riparo, con la certezza assoluta che il figlio/a che la futura madre porta in grembo sia geneticamente sano…

Marco Bazzato
14.12.2012
http://marco-bazzato.blogspot.com/


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