martedì 23 ottobre 2012

Prodotti alimentari italiani tarocchi? Quanta disinformazione…


Nella puntata di venerdì 19 ottobre 2012 è andato in onda su Striscia La Notizia un servizio da Cernobbio di disinformazione di Jimmy Ghione (1), sui presunti falsi prodotti alimentari italiani che si vendono all’estero e somma delle castronerie, la chiusura fatta dall’inviato, quando ha denominato la Palenta, nome sloveno, definendola “una schifezza”, perché  nella confezione ci sta scritto:  palenta, žganci o pura,, insultando la lingua, il popolo sloveno e la loro cultura alimentare. Sarebbe bastato aprirsi wilkipedia (2), alla voce “Polenta” per rendersi conto del bestialismo proferito nei confronti della “palenta, žganci o pura” definita da Ghione una “Schifezza” (3), e si auspica che il produttore solveno, Franck  e l’Ambasciata slovena in Italia si attivino per tutelare i loro prodotti e marchi all’estero dal grave e grave insulto proferito.

Ci si chiede cosa cazzo vogliano i produttori italiani?

Che i Paesi stranieri importino prodotti dall’Italia, con il conseguente aggravio dei costi, quando possono prodotti e commercializzati a costi inferiori in quei Paesi lì, quando l’Italia, per gli hamburger di una  multinazionale dei cosiddetti Junk Food – cibi spazzatura –  stipula convenzioni, per risparmiare sui costi e sulla qualità della carne – spazzatura –  mettendoci quella italiana e trasformandoli de facto in tarocchi, secondo la stessa definizione, non essendo vera carne americana?

Si mostrate mozzarelle di olio di Oliva di salumi, di pomodori, senza poterne vedere i marchi e i luoghi di produzione. .In primis il pomodoro (4) che manco è un prodotto di origine italiana, ma dell’America Centrale e del Sudamerica, a cui l’Italia a questo punto dovrebbe pagarne i diritti. Per l’Olio, di Oliva (5) , la sua storia è antica di 8.000 anni, quando ancora nella penisola italica gli uomini quasi saltavano tra i rami degli alberi,  e storicamente è ben lungi dall’essere un prodotto storicamente italaino, come vorrebbero far credere, tanto è che l’Olio extravergine di Oliva greco o israeliano non hanno nulla da invidiare, anzi, a quello tanto pomposamente blasonato italiano,  dove il Bel Paese ha la supponenza  d’essere l’unico depositario e detentore del “copyright.”

Ma il Ghione dimentica che n moltissimi locali, ristoranti, pasticcerie, fastfood spacciano prodotti con nomi stranieri, ma preparati con ingredienti italiani, quindi porcherie tarocche, e che questi postriboli dovrebbero essere chiusi con la stessa forza bruta che si reclama per i nei confronti degli altri produttori, in casa loro, , perché smerciano falsi: vedi hamburger, ketciup, Würstel, Crêpe Suzette, Strudel le stesse patatine fritte, il cui nome internazionale sarebbe French fries, per quelle a bastoncino, senza dimenticare che la patata non è un prodotto europeo ma sudamericano,  importato dagli spagnoli in Europa(6) nel XVI secolo, e via via tutti gli altri piatti stranieri ove l’Italia ne ha italianizzato il nome, rubando posti di lavoro intascando milioni di euro che potevano andare nelle tasche dei rispettivi produttori agroalimentari di origine. Ma questo l’inviato, il nutrizionista e il rappresentate degli coltivatori hanno omesso di dirlo , spacciandoli per prodotti tipici della cucina italiana e della cultura italiana, tanto per essere storicamente precisi.

E a questo punto sarebbe giusto che proprio l’Unione Europea intervenisse nei confronti dell’Italia, visto che Ghione ne invoca l’intervento, sanzionando il Paese brutalmente, visto che molti dei cosiddetti piatti tipici della cucina dello stivale, hanno ben altre provenienze.

Che vorrebbe il Ghione? Che chiudessero tutte le pizzerie del mondo, perché invece di farle con prodotti italiani, utilizzano quelli locali? Stesso dicasi per la pasta, che tra l’altro esistono paste – spaghetti, rigatoni, bigoli, fusilli e chi più ne ha più ne metta – prodotti fuori dai confini italiani, che a mio modesto avviso non hanno nulla da invidiare, anzi, ai cosiddetti marchi blasonati del Bel Paese e a pari, se non migliore qualità e bontà, costano molto meno, perché non caricati dai costi extra della pubblicità a discapito della qualità, come la pasta greca o quella rumena o turca, acquistati nei negozi all’estero.

Il punto è che ci sono parole che hanno perso la nomea di nazionalità, come pasta, spaghetti, mozzarella, lasagne, gnocchi olio extravergine di oliva, diventando, come pizza e caffè espresso, utilizzate a livello internazionale e immediatamente riconoscibili, al pari di hamburger , fastfood, ketciup, Würstel, Crêpe Suzette, Strudel diventando un patrimonio linguistico internazionale, dove il presunto nazionalismo originario non ha più ragione di esistere, perché patrimonio sovranazionale.

Poi non si capisce dove stia il cosiddetto falso Made  in Italy di questi presunti prodotti tarocchi, quando nelle confezioni, se l’inviato di Striscia la Notizia, avesse fatto vedere il retro delle confezioni ci sta scritto, perché obbligatorio per legge, il Paese e la ditta di produzione, che paga le tasse nel suo territorio e che certo, per far piacere all’Italia, non va a licenziare i suoi dipendenti, distruggendo la filiera agroalimentare, per far felice una banda di nazionalisti incazzati perché all’estero, giustamente, come fa l’Italia in casa propria, preferiscono prodotti alimentare di produzione locale e se possibile a chilometri zero o quasi?

Dove vivo, qui all’estero, se andassi a dire «Ti piace la polenta?» mi guarderebbero di sghimbescio, rispondendomi: «Ma che cazzo mi chiedi?» mentre se invece chiedo «Ti piace il качамак/Kachamak ?» la risposta potrebbe essere o un sì o un no a seconda dei gusti personali e questo la dice lunga sull’ignoranza linguistica spacciata per falso “Made in Italy” e definita una “schifezza”, che aleggia nella testa dell’inviato.

Nel servizio di sparla di 50 miliardi di euro sottratti ai produttori italiani e di riflesso anche alle Casse dello Stato, tramite i mancanti introiti fiscali, come se fossero stati rubati…se così fosse avrebbero l’obbligo, non come giornalisti, nutrizionisti, rappresentati dei coltivatori ma come semplici cittadini, di sporgere regolare denuncia al primo comando dei Carabinieri e/o della Polizia, in modo che si apra un fascicolo e che la magistratura indaghi, anche tramite rogatorie internazionali, sia sui prodotti definiti tarocchi, sia su questi fantomatici 50 miliardi di euro, in modo che la Giustizia non solo nazionale, ma internazionale faccia il suo corso, perché se come semplici cittadini sono a conoscenza di un presunto reato e non lo denunciano ne diventano automaticamente complici,  mentre così si fa solo demagogia da bettola.

Ho sempre apprezzato i servizi di Striscia quando hanno la loro ragione e la loro logica di essere, ma non è l’unico programma televisivo che fa disinformazione alimentare, lo stesso TG2 Eat Sapori spesso batte su questi tasti propagandistici, falsamente altisonanti, simboli di un’informazione non al servizio dei cittadini, ma delle industrie agroalimentari e dell’agricoltura. Vale lo stesso per la carta stampata e internet, che invece. invece di aprire gli orizzonti culturali e culinari fuori dai confini dello Stivale, fanno vedere gli altri Paesi, sotto l’aspetto culinario come una specie di malfattori, farabutti, di approfittatori che vogliono mettere alla fame e/o alla carità l’industria agroalimentare italiana, mentre i primi approfittatori, se vogliamo essere oggettivi sono proprio gli italiani, quando per risparmiare qualche euro, acquistano prodotti stranieri perché costano meno e magari sono anche migliori di quelli italiani. Ergo i primi nemici dell’Italia, a questo punto sono gli italiani stessi, che praticamente foraggiano i produttori stranieri, perché i produttori italiani non sanno produrre a parità di qualità a prezzi inferiori e concorrenziali e questo fa strizzare er culo…come direbbero a Roma, perché il Bel Paese sta perdendo quote di mercato, anche interno.

 Senza dimenticare che negli altri Paesi i cittadini che non sono una masnada di barbari ignoranti, come spesso pensano gli italiani – perché si prendono il cappuccino dopo pranzo o la cena – credendosi i depositari delle presunte regole del mangiar sano a tutte le latitudini e a tutti i fusi orari, si sono svegliati e hanno capito che – giustamente – possono farsi un’ottima cucina all’italiana, secondo i gusti dei loro palati e della cultura di appartenenza, a prezzi alla portata dei loro standard economici, senza svenarsi e inquinando meno l’ambiente per avere in tavola il cosiddetto e sopravvalutato, sul piano culinario e nutrizionale ed enogastronomico, Made in Italy, utilizzando, come le leggi permettono, i prodotti e la loro industria alimentare e agricoltura locale, che non ha nulla da invidiare al tanto sbandierato “Made in Italy!”

Se gli italiani vogliono farsi apprezzare all’estero, dovrebbero smettere di fare, come si dice in Emilia Romagna, gli sboroni ,avendo l’umiltà di riconoscere che esiste un mondo culinario diverso, ma non per questo meno buono, fuori dai confini italici e togliendosi dalla testa la presunzione d’essere i migliori…se gli italiani non lo sanno…all’estero, per questa superbia italica ci pigliano per il culo e hanno ragione, in quanto siamo abituati a sputare addosso ala cucina e alla cultura culinaria altrui come fossimo dei lama tibetani..

Marco Bazzato
23.10.2012

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