sabato 11 agosto 2012

A quando lo sport a misura di dopati?

È praticamente calato il sipario sulle Olimpiadi di Londra.
Non è chiaro chi ci ha guadagnato e chi rimesso in termini economici e turistici. L’Inghilterra e Londranon possono godere con 15 miliardi di euro andati inutilmente in fumo.  Non certo l’Italia, specie nella maratona, visto che Alex Shwazer è stato beccato con le mani nella marmellata, per via dell’Epo. Senza contare che dalle 33 medaglie preventivate, ma essendo il medagliere quasi avvizzito per il Bel Paese è stata una decable di risultati e di immagine.

Chiuse le Olimpiadi ufficiali, subito dopo partiranno le Paraolimpiadi, quelle che nessuno guarda, dove gli sponsor non sono interessati a investire denaro e le tv mettono gare e risultati in orari proibiti, da film porno soft e/o da 1444, dove i diversamente abili che gareggiano con motivazioni che vanno ben oltre l’agonismo, vanno a braccetto con una diversa normalità, spesso bistrattata e derisa, perché costretta o su una sedia a rotelle o a supporti tecnologici e umani per poter avere una vita che si avvicina alla normalità, degna in ogni caso d’essere vissuta.

Ma il caso Shwazer fa sorgere un'altra domanda.  Perché non fare un sport a misura di dopati?

È statistico, il 6,5% degli atleti fa uso di sostanze attualmente proibite, con costi esorbitanti per i controlli,senza contare che in un prossimo futuro, grazie all’ingegneria genetica, si potranno produrre atleti “mutanti”, tramite la manipolazione del D.N.A. garantendo prestazioni oggi impossibili.

Non possiamo dimenticare che in molte discipline non soggette a votazioni soggettive, ma a oggettive, i limiti fisici di un corpo privo di sostanze “aiutanti” si sta avvicinando al massimo dello sfruttamento, ergo, come per le materie prime, questi si stanno esaurendo. Nel prossimo futuro, giocarsi una gara sul filo del millesimo di secondo, sarebbe come fare il tifo per un filo d’erba che è più alto di un miliardesimo di millimetro rispetto a un altro, che senso avrebbe?

A che serviranno in futuro gli atleti non riusciranno più a produrre nuovi record? Si continuerà a gareggiare rimanendo all’interno di tempi e prestazioni impossibili fisicamente da superare? E come si pensa che sponsor e pubblico possano continuare a sostenere sportivi che non producono nuovi record? Sarebbe come continuare a correre per vent’anni con la solita vecchia automobile, perché i designer sono privi di creatività e le fabbriche automobilistiche sono fallite. Insomma, un paesaggio da desolazione lunare.

Sarebbe positivo oltre che evolutivo che si iniziasse a considerare il doping non come una droga, un comportamento antisportivo o illegale, ma come una “diversa sportività” una “diversa legalità” dove atleti professionisti e semiprofessionisti, non gli amatori, inscritti in appositi albi nazionali e internazionali, sotto controllo medico delle varie federazioni, si sottopongono volontariamente all’utilizzo di sostanze dopanti, con o senza consenso informato, rinunciando al momento dell’inscrizione all’albo dei dopati a qualsiasi forma di rivalsa legale nei confronti di medici, case farmaceutiche, federazioni sportive nazionali e/o internazionali, per qualsiasi tipo di patologia parziale e/o totalmente invalidante, morte compresa, che possa insorgere dall’assunzione di determinate sostanze, anche dopo decenni dalla cessazione della carriera agonistica, evitando in un futuro prossimo le scene pietose dello stracciamento delle vesti, dei pianti, come quelli dell’ atleta altoatesino Alex Shwazer.

L’utilizzo, in un futuro in molti auspicano non lontano, di atleti nati figli dell’ingegneria genetica e/o dopati legalmente, con  il sostengo di sponsor e federazioni sportive internazionali e nazionali potrebbe far bene, anche a quelle discipline considerate minori e bistrattate dagli sponsor e dai canali nazionali e internazionali.

Certo, potrebbe accadere che alcuni corpi non possano reggere il peso degli sforzi sintetici a cui sono sottoposti, ma potrebbe essere una forma di spettacolo in più, come nel romanzo di Stephen King “La Lunga Marcia”, o come quasi duemila anni fa avveniva nel Colosseo e nei vari anfiteatri dell’Impero Romano.

Da decenni gli atleti dopati sono come i primi cristiani, costretti a rifugiarsi nelle catacombe per celebrare i loro riti. Poi, per il cristianesimo primitivo le cose sono cambiate, è arrivato uno sponsor imperiale, che promulgò l’editto di Costantino,appropriandosi del detto futuro: “Se non puoi combatterli unisciti a loro” facendoli uscire dalle catacombe e dal mondo underground, e con il tempo sono diventati i dominatori del sistema, spazzando via il precedente, privo di prospettive future, che fece inaridire i Campi Elisi, retrocedendo molte religioni a miti e leggende.

Lo sport nazionale e intenzionale ha bisogno di nuova verve, di nuovi idoli, anche sostenuti geneticamente e/o chimicamente, andando oltre le attuali regole sportive, dove come sovente si fa nella finanza, lo sport avrebbe bisogno di deregulation o di regole diverse, e dalle  maglie più ampie, con un elasticità mentale diversa, altrimenti, entro i prossimi cinquant’anni, le Olimpiadi, se non verranno sospese prima per via dei costi ammazza Stati, diventeranno routine senza gloria, in quanto sarà impossibile battere i record dei cosiddetti miti odierni e gli spettatori languiranno se non ci saranno nuovi muri da abbattere, nuovi record da infrangere e nuove vette da raggiungere.

Marco Bazzato
11.08.2012

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