lunedì 2 gennaio 2017
L’oscurità delle feste
Mi dispiace, ma sono
fatto male, mi hanno creato male, oppure le esperienze di vita mi hanno portato
a essere ciò che immancabilmente emerge in me durante le feste.
Da che mi ricordo è
sempre stato così. Il mio lato oscuro prende il sopravvento, il cuore mi si
stringe in una morsa, le parole mi si bloccano in gola, gli occhi diventano
acquosi è freddi, distanti, assenti, persi in un universo dove la materia
oscura dell’anima permea tutto il mio essere.
Vorrei essere diverso.
Ci ho provato Dio sa quante volte, eppure il demone che si impossessa di me,
alla fine ha sempre vinto e sempre vincerà, l’ho accettato da tanti anni ormai.
Ma il problema non è
accettare ciò che si è, anche se di è giunti a questa presa di coscienza anno
per anno, festa dopo festa, ricorrenza
per ricorrenza. Il problema non è con me stesso e il rapporto con me stesso, ma
il problema è come evito di relazionarmi durante le feste con gli altri, mi
rinchiudo dentro il mio universo e tutto, per me, diventa una malia oscura e
tenebrosa che mi ammanta in modo suadente, trasportandomi verso l’abisso.
Trasportandomi dentro un abisso dove la luce è un utopia, dove il sole è freddo
e il ghiaccio ti brucia la pelle.
È un modo piacevolmente
terribile. Un mondo difficile da spiegare, perché anche le parole scritte, non
sempre riescono a dare l’idea di questa maestosità che mi fa sentire piccolo,
abbracciato, coccolato, apparentemente indolente, non reattivo nei confronti di
ciò che si svolge attorno a me.
Eppure è un brumo sonno
vigile, dove i sensi sono acutizzati al massimo, dove come una carta carbone,
ogni cosa si segna dentro di me.
È praticamente
impossibile far capire a terzi ciò che mi accade, Io so ciò che mi accade,
accade, come ho scritto in precedenza da anni, da prima dell’adolescenza,
quando ero ancora bambino, per poi esplodere nella pubertà, a seguito di un
evento che mi ha segnato e che ha dato una svolta alla mia vita, sebbene, nella
strada del destino, quella svolta fosse già stata scritta , dovevo solo seguire
il sentiero e viverla.
Ma per gli altri è
difficile capire.
È difficile capire che
quando le voci di una compagnia diventano festose, le risate, la musica,
le battute di spirito, gli scherzi, i
brindisi si susseguono, seguo tutto ciò come se fossi diventato una
tavola di freddo marmo, come se gli elettroni si fossero quasi del tutto
fermati, essendo in prossimità quasi dello zero assoluto.
Io sento i loro sguardi
su di me. Forse potrei anche provare a ipotizzare i loro pensieri, ma scriverli
parrebbe un esercizio di superbia, e non è nella mia indole. Io, anche in
questo momento, mentre tutti festeggiano, me ne sto rinchiuso in un'altra stanza
a scrivere queste parole. Ma anche se non fossi qui, ma lì, assieme a loro,
sarei ancora solo dentro, sarei rinchiuso nel mio mondo silenzioso. Pesando,
pensando, pensando, lasciando che la mente vaghi per i suoi lidi, oppure sullo
smartphone a leggere, a scrivere commenti, a interagire solo con me stesso,
come se scrivessi su di una lavagna nera, usando un gessetto nero.
In passato, prima dei
telefonini collegati a internet ci stavano i libri, ci stavano i giornali da
sfogliare, i ragionamenti da raccogliere, da mettere in ordine, da catalogare,
ci stavano un’infinità di cose da fare in silenzio, perché, soprattutto durante
le feste, non importa che festa, sia essa il mio compleanno, onomastico, Natale, Pasqua, Capodanno e chi
più ne ha più ne metta, il silenzio dell’assenza vigile, parafrasando una
canzone cattolica è il mio pastore.
Questo accade in
maniera più estraniante nel periodo che va dal 15 di dicembre al 6 di gennaio,
dove inizia la discesa, giorno per giorno, raggiungendo due picchi praticamente
identici la vigilia, la notte di Natale , dove tutto attorno a me, per essere
per le mie corde emotive, permeato dal silenzio, dall’assenza di suoni, di voci festose che si scambiano
auguri, doni o quant’altro. A Capodanno la cosa si ripete, lo stesso dicasi per
la Pasqua e anche per il mio compleanno. Per carità, gli auguri fanno piacere,
fa piacere riceverli e soprattutto fa piacere porgerli e quando li porgo, so
che partono direttamente dal cuore, anche se so d’avere il cuore in tumulto.
Però si vorrebbe in
questi periodi non essere, si vorrebbe non esistere, si vorrebbe essere un
foglio di cellofan trasparente e finissimo, una mosca nera che vola nell’oscurità,
senza ronzare, mentre batte le piccolissime ma robuste alette.
Capisco che per gli
atri non è facile accettare tutto ciò, lo capisco, perché sapere che ti è
umanamente impossibile gioire durante le feste, gioire quando tutti gioiscono,
alla fine non si sa mai però se per vera gioia o perché tutti lo fanno, quindi
ci sta anche questo da considerare, si sa di essere una palla al piede nei
confronti degli altri. Si da di essere un ancora che affonda e che vorrebbe
arrestare il bastimento che naviga nella superficie del tempo che scorre, perché
per me, in questi periodi, anche il concetto di tempo cambia, si modifica,
rallenta, quasi fino ad arrestarsi e sentire che tutto attorno a te continua a
scorrere verso il proprio verso e tu, il
tuo tempo immobile eppure continua anche
per te scorrere in modo inesorabile. È facile da viverlo, ma è difficile e soprattutto spiacevole farlo vivere agli
altri.
Sono nel giusto, sono
nello sbagliato? Sono in errore? Non mi giudico, evitando così di darmi una
condanna immeritata o un’assoluzione che potrebbe essere anch’essa immeritata.
Mi limito ad osservarmi dall’esterno, in modo distaccato, anche se si sa, lo
dice la fisica quantistica, anche semplicemente osservando, lo stato cambia lo
stesso e comunque. Quindi, volenti o nolenti, l’oggettività non esiste per
nessuno, perché nemmeno dentro i mattoni di base della fisica, l’oggettività è
una chimera.
Oggi è il primo giorno
dell’anno, le lancette di tutti hanno già iniziato a scorrere verso la fine di
quest’anno. Direte, ma che stai dicendo… Il tempo scorre, sccorre, sempre che
la vita di un singolo decida di arrestarsi, ma anche in quel caso lì, il tempo
continuerebbe a scorrere comunque, quindi, apparentemente a piccoli passi,
tutto è ricominciato nuovamente da capo.
Adesso debbo smaltire,
sì, smaltire, lo stress da confusione di questo ultimo periodo. Conto di
ritornare ad una teorica ed illusoria normalità, concetto idiota, nel volgere
di qualche giorno, giusto il tempo di smaltire le scorie che mi sento appiccicate
nella psiche ed in ogni fibra del corpo…
Per ora inizia la
tregua, in attesa della prossima battaglia che mi vedrà vincitore sconfitto del
mio essere. Perché alla fine io sono ciò che sono, ma purtroppo non posso fare
nulla per attenuare il senso di disagio che trasmetto a terzi.
E di questo chiedo
sentitamente scusa.
Marco Bazzato
01.0.2017
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