mercoledì 23 settembre 2015
Intervista a Marco Bazzato, pubblicata il 19 settembre 2015, rilasciata al quotidiano nazionale bulgaro “Duma”
Intervista a Marco
Bazzato, pubblicata il 19 settembre 2015, rilasciata al quotidiano nazionale bulgaro “Duma” al giornalista Boris Dankov,
traduzione dall’italiano al bulgaro di Vessela Lulova Tzalova.
L’annuncio
dell’articolo è stato messo in prima pagina, a sinistra, sotto il titolo della
testa e si trova a pagina 10, per poi riprendere e terminare a pagina 29.
- Signor Bazzato come
hai fatto a finire nel nostro paese, e con cosa vi ha attratto la Bulgaria?
Come
per quale motivo? (sorride). Mia moglie
è bulgara e quando ho visitato il Paese per la prima volta, mi è piaciuto nel
suo insieme, nonostante tutte le sue stridenti contraddizioni. Indipendentemente da queste contraddizioni,
sono convinto che i sentimenti che provo
verso questo Paese, sono nate proprio a forti contrasti, che a volte, dal mio
punto di vista, superano la logica della ragione. Alla
base di ciò comunque ci sta al primo posto l’amore.
-
Cosa pensa dei bulgari, per la loro mentalità, carattere nazionale, e spiritualità?
Definire
i bulgari senza cadere negli stereotipi non è facile. Si rischia di scivolare
nei luoghi comuni. Posso dire che in generale hanno apertura mentale e
accettano e ascoltano tutte le opinioni, ma fanno di testa loro, come è giusto
che sia. A differenza di molti italiani, sono più rapidi nel prendere decisioni.
Se al bulgaro stai sullo stomaco, rassegnati. Ma se gli stai simpatico, è
difficile che ti pugnali alle spalle. Se però poi decide di farlo, lo fa
guardandoti negli occhi: insomma, il buon sano sangue balcanico.
- Lei vive qui già da
diversi anni.. Quali caratteristiche bulgare le piacciono di più e quali meno?
Non
è nel mio stile esprimere opinioni estreme, come ad esempio quale
caratteristica bulgara mi piace e cosa
non mi piace, preferisco condividere con voi ciò che continua a stupirmi.
La
costanza e l’impazienza. Sono due facce della stessa medaglia e non si sa mai
quale compaia.
Impazzisco
per la lentezza nel bere il caffè. Così
lentamente che quando un bulgaro beve il caffè, al nettare nero arriva
sicuramente il rigor mortis!
A
tavola, durante l e festività religiose e civili in famiglia, non hanno eguali.
In passato credevo che solo i veneti
mettessero radici sulla sedia, i bulgari, le sedie le bucano addirittura, facendo sprofondare le radici nel pavimento.
Per non parlare della quantità di carni e salumi sulle tavole, dove il
vegetariano o chi fa una dieta povera di grassi, viene visto quasi con
sospetto. Povera gente, cadendo subito nell’elenco dei sospettati. Stavo per dimenticare, sale senza risparmio, acqua
a richiesta, come se berla fosse disdicevole (sorride), come avere un parente
non invitato in casa, tra il gran bazar di vino, rakia, superalcolici, birra e
bevande gassate, che zampillano copiose. Coronarie, pressione arteriosa,
fegato, bile e stomaco quel giorno non festeggiano, pregando di sopravvivere!
- Lei dice che scrive
per necessità interiore e non per vocazione. È veramente così?
Anche
le vocazioni nascono da necessità interiori generate da traumi, conflitti
irrisolti o cicatrici che hanno fatto deviare il percorso dell’esistenza.
All’inizio
ero come l’eruzione dell’Etna, dove il magma, usciva come una colata lavica di
parole.
Con
maturità si cambia. Ma alla base ci sta la necessità, quando le dita iniziano a
prudermi, di far uscire la storia che reclama vita, ma non dovete pensare che
come scrittore mi approfitti della storia, no, la verità è che questa storia
“mi usa” per darle sostanza.
- Lei dice che la scrittura guarisce le sue
ferite e i suoi tormenti personali.
Questo per
Lei
equivale a una sorta di terapia?
Nel
mio caso sicuramente sì, perché è un impegno liberatorio per lo spirito. Non è
obbligatorio essere scrittore professionista, basta avere il desiderio, almeno
un briciolo di talento e sentire il bisogno di esprimere gioie e dolori,
tramite questa forma d’arte, è liberatorio. Non molti sono disposti ad
accettare questa “parto in casa”,e preferiscono il “parto assistito”, cioè è
più facile rivolgersi allo psicologo o allo psicanalista, facendo piangere
l’anima innanzi a costoro, invece che sul foglio bianco.
- Il suo libro "libero arbitrio" è
stato pubblicato in bulgaro nel 2003. Questo è il suo primo libro?
Sì,
Libero Arbitrio” è stato il mio primo libro ed è stato un libro travagliato per
molteplici aspetti. In precedenza scrivevo sotto pseudonimo, quando mi sono
fatto le ossa, ho lasciato posto al mio vero nome.
- Poi di “Il campo del
vasaio, .Mt.27.7, poemi d'amore e
morte",in bulgaro e italiano che ha
ricevuto il Premio Europeo per la poesia a Taranto. Questo libro è dedicato
alla Bulgaria. Perché?
Perché
oggi come allora credo in questo Paese. La Bulgaria, così come l’Italia, li vedo come due vastissimi appezzamenti di terreno nella
penisola balcanica e appenninica, coltivati però macchia di leopardo, dove
crescono, come dappertutto delle malerbe. Entrambi sono terre fertili, ma da
dissodare e da arare, per essere seminati, “senza ogm”, “ricevendone ottimi
raccolti”. In entrambi i Paesi non mancano gli “agricoltori” , ma purtroppo non
tutti sono nei posti giusti e quelli inadeguati preferiscono rimanere
appollaiati sulle loro poltrone, piuttosto che prendere la zappa e andare a
zappare.
- Poco tempo fa è
uscito il romanzo “Aborto d’amore, il cui tema è il diritto alla felicità
personale e la violazione o della
libertà individuali da parte dei mass
media e l'intolleranza della società.
Questa non è che una continuazione del tema del "libero arbitrio"?
Il
tema del “Libero arbitrio”,è sempre presente, anche nei miei romanzi, partendo da
Progetto Emmaus. Ogni essere umano ricerca la felicità personale, ma come per
il libero arbitrio, non sempre abbiamo gli strumenti per usarla al meglio anzi,
spesso ne abusiamo, danneggiando noi stessi e gli altri.
L’intolleranza
è inscritta nell’uomo e quindi della società. Ogni volta che ci illudiamo di
averla debellata, ritorna sotto forma di tolleranza. E la tolleranza non è
altro che intolleranza latente. Prima o poi esplode. Tolleranza, accettazione e
reciprocità non sono sinonimi, e spesso, anche per colpa dei media, sono
utilizzati in modo fuorviante.
- In un suo discorso ha dichiarato che
l'uomo moderno non si discosta molto dall’uomo Neanderthal. Per quale ragione
la pensa così?
L’Uomo
di Neanderthal aveva un pregio: ammazzava e cacciava per sopravvivere e in
scala locale, mentre noi, uomini contemporanei, stiamo distruggendo il pianeta,
ci ammazziamo su scala planetaria, con metodi sempre più sofisticati e
tecnologici. Questa la chiamo evoluzione primitiva.
- In che modo e in quali cose
ci assomigliamo con "homo sapiens
primitivo?"
Per
l’atrocità. Coloro che detengono le redini reali del potere, in quanto mandati
e/o finanziatori occulti, non sono differenti
delle scimmie che frantumavano le ossa dei loro nemici nel film di Stanley Kubrik, “2001 – Odissea nello Spazio”, del 1969.
Forse
per il bene del Pianeta, l’Homo Sapiens Sapiens dovrebbe essere sostituito da
una specie umana eticamente ed empaticamente più evoluta e non votata all’autodistruzione.
Il fatto che l’umanità è giunta fino ad oggi, non significa che ci sarà domani.
- Pensa che siamo “subdolamente
forti verso i deboli e rigidamente servili i forti" servili e ossequiosi
al "cosiddetto potente." Giusto?
Basta
vedere come vanno le cose a livello politico europeo. Le direttive che
provengono dall’Unione Europea si accettano proni dai politici locali, non importa di quale
nazionalità o schieramento. Mi chiedo,
all’epoca quanti parlamentari italiani, ma non solo, si sono letti prima di
approvarlo, quasi all’unanimità, il Trattato di Lisbona, la Costituzione
Europea? Gli Stati hanno ceduto, senza consultare i cittadini, grosse fette di
sovranità nazionale. Questo è solo uno degli esempi riferiti a “deboli con i
forti e forti con i deboli”.
-
Cosa ne pensi della violenza come
caratteristica dell'uomo moderno?
Siamo
tutt’ora in preda a passioni che non sappiamo o peggio non vogliamo controllare,
perché razionalità, intelligenza emotiva ed empatia, non sono tra gli istinti
primitivi e primordiali della specie umana.
-
Siamo testimoni di guerre senza fine e di una nuovo "grande esodo di
popoli". Fino a dove si giungerà, se il mondo continua a muoversi in
questa spirale pericolosa?
Era
stato previsto tutto trent’anni fa. All’epoca un missionario comboniano mi
disse che se non si smetteva di depredare Africa e Medio Oriente, quelle
popolazioni si sarebbero riversate in Europa. La realtà oggi è innanzi ai
nostri occhi. Senza contare che il nuovo business grigio all’interno dell’
Unione Europea come ad esempio la nuova e moderna impresa quella dei centri di
accoglienza, , fatto con i denari dei fondi europei, che
drena risorse, che sono linfa vitale agli stesi cittadini europei. Alla
fine però quelli che alla lunga pagheranno i costi più elevati, saranno non
solo i Paesi che continuano ad essere destabilizzati da fuori, ma anche l’Europa e gli europei stessi.
- Cosa ne pensi
del futuro dell'Europa - della Bulgaria e l'Italia?
L’Unione
Europea adesso è come vecchia Moskvitch che emette un eccesso di anidride
carbonica nell’aria. È un nodello superato, ma nessuno sa, o peggio, vuole
aggiornarla, rendendola più economica, impegnando meglio i denari dei cittadini
europei, bulgari e italiani compresi.
L’Italia
ha perso molta dell’attrattiva che aveva in passato e come la Bulgaria oggi,
non riesce a esprimere tutte le sue potenzialità, nonostante il patrimonio
naturale e culturale di prim’ordine, e non per caso Plovdiv e Matera saranno le
due capitali della cultura nel 2019. Questa occasione non deve essere un punto
di arrivo, ma di partenza per aumentare l’interesse anche verso altre città
bulgare. Si devono trovare modi per attirare ancor di più turisti stranieri,
che con lo stesso desiderio con il quale visitano l’Italia, inizieranno a
visitare anche la Bulgaria per poter davvero conoscerla ed apprezzarla.
Una
cosa che mi ha fatto rammaricare e questo rammarico prosegue anche oggi è che la Bulgaria abbia perso l’occasione con l’Expo
di Milano. Mi spiace per il mancato ritorno economico che il Paese avrebbe
potuto avere, sia nel campo del turismo, così
come in altri settori, che il Paese avrebbe potuto avere, se fosse stato
presente in un così alto consesso mondiale.
-
È
ottimista o pessimista sul futuro
del mondo?
Indipendentemente
da tutto sono un ottimista, e mi piacerebbe che la specie umana di domani fosse
migliore di quella passata. Però…
- Qual è il tuo motto come
scrittore?
Il
foglio bianco è la mia malattia, la penna è la mia cura.
- Grazie.
Grazie
a Lei.
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