lunedì 17 settembre 2018

Società Autostrade dovrebbe pagare (al momento) per il crollo del ponte Morandi?


È passato poco più di un mese dalla tragedia del Ponte Morandi di Genova. Tragedia, sembrerebbe ampiamente annunciata dalle Cassandre, dai gufi che quotidianamente appestano il becero populismo disfattista italiano.

 Tragedia che poi puntualmente, perché la morte, per tutti e anche le disgrazie, più o meno annunciate, non arrivano mai in ritardo, non perdono mai il treno, non saltano le coincidenze, ma le tragedie, invece, cavalcano le coincidenze, gli incroci del destino bieco e famelico di vite umane, tirandosi dietro quel carico casuale di morte, sofferenza e strascichi inevitabilmente polemici, dove alla fine quanti erano caricati dell’onere del controllo sapevano, ma pregavano che non avvenisse mai.

Ora però e qui mi attirerò addosso una camionata di insulti e contumelie, in linea prettamente teorica, Società Autostrade, che fa capo al gruppo Altlantia, con la maggioranza relativa in mano alla famiglia Benetton, non dovrebbe essere investita dell’onere di pagare la ricostruzione del Ponte Morandi e dei danni materiali, morali e umani che questa “roulette russa” caricata a cemento armato, ha causato.

Certo, Società Autostrade era de è responsabile del Ponte che gli era stato dato, assieme ad una buona parte della rete autostradale italiana, in concessione e che era, come del resto lo è tutt’ora, responsabile delle strutture che gli sono state affidate, però e qui casca l’asino, e le inchieste della Magistratura che si è attivata un secondo dopo il crollo, sta facendo emergere una serie di corresponsabilità circa il controllo della struttura, dove coloro che dovevano non solo vigilare, ma mettere anche nell’avviso che la struttura  ormai era logora, da quanto sembra emergere, nelle loro relazioni, hanno sempre evitato di scrivere chiaramente che gli stralli del ponte erano usurati e che l’intera struttura necessitava non solo di manutenzione ordinaria, ma di lavori straordinari di riqualificazione e messa in sicurezza.

Perché purtroppo, in Italia, accade sempre così, chi è responsabile di qualcosa, soprattutto quando si tratta di opere pubbliche, quando deve relazionare, relaziona in modo “untuoso”, sfumato,relaziona in modo da dire e soprattutto non dire, in quanto anche il dire troppo,  potrebbe portare ad un procurato allarme, nel caso che certe relazioni tecniche  di ingegneri incaricati o periti, finiscano nelle mani della stampa. 

Ma siamo sicuri che le responsabilità siano solo di Società Autostrade e quanti al Ministero delle Infrastrutture dovevano vigilare sulla sicurezza del Ponte Morandi?
Voglio fare un’ipotesi, lasciando fuori le perdite per i mancati pedaggi non riscossi nella tratta del Ponte, da parte di Società Autostrade e i costi di messa in sicurezza che si sarebbero dovuti sostenere e non parlo di manutenzione ordinaria, che erano previsti per ottobre di quest’anno, ma i costi straordinari, non solo diretti, in capo a Società Autostrade, con la chiusura a tempo indefinito del medesimo, ma i costi indiretti per il porto di Genova, il sistema di trasporti locali, sia dei cittadini che del movimento marci da e verso il porto di Genova, visto che su quella struttura gravitava il maggior flusso di traffico?

Ammesso e non concesso che Società Autostrade avesse deciso di chiudere il Ponte in entrambi i sensi di marcia per un tempo indefinito, si può escludere a priori che non siano giunte alle orecchie, in modo informale, senza comunicazioni scritte o telefoniche, pressioni a vertici di Società Autostrade, affinché quel tratto, nonostante gli evidenti problemi di instabilità che la struttura mostrava da tempo, non venisse chiuso, onde evitare un danno economico non indifferente a tutta la rete autostradale, stradale, non solo della città di Genova, ma dell’intera regione Liguria e oltre, in quanto il porto di Genova è di rilevanza non solo nazionale, ma internazionale, essendo il primo porto merci italiano?

Non è che Società Autostrade sia stata troppo avventata, sotto l’onda emotiva della tragedia, nello scucire, pochi giorni dopo 25 milioni di Euro, per venire incontro alle prime spese degli sfollati che sono stati costretti ad abbandonare in fretta e furia le loro abitazioni, entro la zona rossa, per il timore che quanto rimane del ponte potesse causare una nuova tragedia?

Tirare fuori quei 25 milioni sull’unghia, non è stata un’ammissione di responsabilità, in assenza di una sentenza definitiva che ne decretasse le effettiva responsabilità della Società Autostrade?

Per quale motivo dovrebbe essere Società Autostrade a dover anticipare i costi di ricostruzione del Ponte crollato, in assenza di una sentenza definitiva?

Secondo l’opinione di molti esperti, chiaramente assai più autorevoli dello scrivente, il ponte  aveva egregiamente svolto la sua vita  operativa, in quanto, secondo le tecniche e tecnologie costruttive dell’epoca di fu progettato, agli inizi degli anni ’60, del secolo scorso, iniziato nel ’64 e inaugurato nel 1967, dove all’epoca, con il carico di traffico stimato in quel periodo, si prospettava una vita non superiore ai cinquant’anni, anche se alcun asseriscono che così non è. Infatti la ridda di opinioni contrapposte e contraddittorie continuano ad infiammare le pagine dei giornali e le trasmissioni televisive dedicate all’evento.

Ma perché lo Stato ora vorrebbe che il ponte venisse ricostruito a spese di Società Autostrade, anche se dalle prime indagini della Magistratura sembrerebbero emergere delle corresponsabilità, circa il mancato controllo della struttura? Certo, il ponte era ed è tutt’ora, seppur sottosequestro in concessione a Società Autostrade, ma l’effettiva proprietà non è di Società Autostrade, nonostante questa abbia l’obbligo di esserne zelante custode, ma la proprietà è dello Stato Italiano, il quale dovrebbe essere questi a farsi carico della ricostruzione del medesimo, salvo poi, dopo sentenza passata i giudicato, non si sa dopo quanti anni, rivalersi su Società Autostrade, obbligandola a risarcire la sua parte di danno, visto che  si presume che alla fine della storia, tra circa una decina d’anni come minimo, sarà accertato che sussistono delle corresponsabilità oggettive tra pubblico e privato e se il Ministero dei Trasporti pretendesse di imporre a Società Autostrade la ricostruzione del Ponte, dando per certa la sua totale colpevolezza, lo Stato, tramite il Ministero dei Trasporti, andrebbe a sostituirsi alla Giustizia Ordinaria e al ruolo non solo degli organi inquirenti, ma anche degli organi giudicanti, non essendoci al momento,  visto che le indagini sono ancora nelle fasi preliminari e i tempi per arrivare al primo grado, saranno assai lunghi, il Ministero dei Trasporti, andrebbe a travalicare le sue prerogative istituzionali o per dirla in modo semplice, “mettendo il carro davanti ai buoi!”

Società Autostrade è responsabile del crollo del Ponte Morandi?

 In base a quanto ascoltato e  letto fino a questo momento, non  me ne vogliano i famigliari delle vittime e gli sfollati della zona rossa, non me la sento di puntare l’indice contro la società concessionaria, additandola come unica responsabile dell’evento. Sono troppe le variabili e rivoli di responsabilità diffusa che si possono essere intersecati nel corso degli anni e che hanno fatto si che si giungesse a tale situazione.

Il punto focale, a mio avviso è un altro: allo stato attuale viviamo in una “società burocratica” che quasi impone come modello comportamentale l’assoluta incapacità di prendersi, innanzi alle professioni che si svolgono, il peso delle proprie responsabilità e il fardello di dover decidere, un po’ come facevano gli imperatori romani nell’Anfiteatro Flavio (Colosseo) quando “pollice su” significava vita e “pollice giù”, equivaleva a morte, mentre la moderna società attuale impone a chi sta negli snodi cardini delle responsabilità e del comando, il pollice orizzontale, ossia in bilico, in precario equilibrio tra sì e no, tra vita e morte, in un eterno processo di stasi, di sospensione, di realtà alterata, aspettando e pregando che il cerino acceso bruci le dita di qualcun altro.

La tragedia del Ponte Morandi si poteva evitare? Con il senno del poi, certamente sì.
Però con il pensiero del prima del poi, no, in quanto tutti, pur di non prendere decisioni, rimanendosene con in pollici in orizzontale, auspicavano che ciò che intimamente e ufficiosamente sapevano potesse accedere da un momento all’altro, ma che non potevano o volevano dire esplicitamente, cambiando il corso della storia, sarebbe accaduto, poiché il destino, che lo si voglia o no, non può e soprattutto non vuole essere cambiato, in quanto perché avvenga un minimo cambiamento in qualcosa è risaputo che la tragedia, la morte, il trauma, lo shock, sono una necessità, un’onda sismica di breve durata, che fa vedere i sui effetti per un periodo relativamente breve, per poi tornare in stato apparente di chete, mentre tutto come un magma di pollici in orizzontale continua a muoversi nel sottosuolo, fino alla prossimo sisma, al prossimo cataclisma, dove neppure il fato, però ci mette il naso, ma solo il destino già scritto degli eventi che inevitabilmente dovranno avvenire.
Foto: dalla rete
Marco Bazzato
17.09.2018

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