mercoledì 15 dicembre 2010

Un giorno di guerriglia a Roma


Ieri sera è stata edificante la visione delle tv straniere, grazie al satellite. Tg francesi, spagnoli, russi, inglesi, tedeschi, polacchi, bulgari, romeni, cinesi, iraniani e compagnia discorrendo hanno dedicato servizi, addirittura con corrispondenti in lcoco, in occasione del grande “Autodoafè” romano degli studenti e delle comitive organizzate dei Black Block.

Ai filo governativi cinesi o russi deve aver fatto una strana impressione la mollezza delle milizie dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia, della Guardia di Finanza, che sofficemente manganellavano i manifestanti, affetti da deficit d’attenzione, con la delicatezza con cui si danno i buffetti nelle scuole primarie, altro che la severa educazione vittoriana, dove le nerbate sulle cosce nude educavano veramente al rispetto e alla disciplina.

I russi che non hanno dimenticato Beslan, i cinesi che hanno fatto pulizia degli studenti di piazza Tien'anmen, usando la “persuasione” dei cingolati dei carri armati, saranno rimasti basiti innanzi alla mollezza di risposta del governo italiano e del Ministro della Difesa, che non ha brillato per pugno di ferro e nemmeno per guanto di velluto facendo il possibile per contenere per contenere i danni fisici – permanenti e/o irreversibili – sui crani delle comitive organizzate che si sono accalorate nell’incendiare auto, attaccare banche, negozi ed esercizi commerciali, quasi come dei Vandali o degli ultras in trasferta, privi della visione strategica d’insieme, peggio di un armata Brancaleone allo sbaraglio, privi di un allenatore che li guidasse dalla “panchina”.

Ora gli italiani dovrebbero decidere da che parte stare, se da parte dei presunti contestatori fascinorosi, affumicatori, apparentemente distruttori della cosa pubblica – vedi auto delle forze dell’ordine, blindati, cassonetti dell’immondizia – come di quella privata – vetrine e arredamenti di banche e negozi, perché si ha la brutta abitudine di schierarsi contro il potere di turno s è straniero, sostenendo le ragioni degli studenti e dei contestatori, come nei casi più eclatanti delle recenti manifestazioni in Iran, quando la comunità internazionale si è schierata a favore degli studenti che protestavano contro il “regime”, o tornando un po’ indietro, al 1989, con la “pulizia” di piazza Tien'anmen da parte dell’esercito della Repubblica Popolare Cinese, nemico degli studenti che manifestavano contro la nomenclatura. La Cina di allora non è la Cina di oggi, e il mondo poteva permettersi il lusso, politici compresi, di condannare l’operato del governo, ma oggi nessuna delle cancellerie occidentali muoverebbe un muscolo se accadesse una seconda piazza Tien'anmen, troppi interessi nel Paese di Mezzo, per preoccuparsi di qualche studentello sparito nelle galere o di “terroristi” macinati sotto i cingoli dei militari. Diamine, stiamo parlando della prima potenza economica del Pianeta, un pese a cui oggi basta un semplice “rutto” o “peto” per “soffocare” qualsiasi resistenza gli si ponga innanzi, anche da parte del “liberale” occidente civile.

Oppure decidere se schierarsi da parte della repressione, della Polizia, del Governo, che ha aggredito a suon di manganellate i pacifici manifestanti,costringendoli a difendersi dall’assalto delle forze dell’ordine, anche a suon di bombe carta.

Ricordiamoci che quando gli italiani hanno visto come la polizia iraniana ha caricato gli studenti a Teheran, si sono indignati per la violenza repressiva, mentre nel caso degli scontri romani contro il governo, i filo governativi si sono incazzati perché la reazione delle forze dell’ordine è stata deboluccia e poco incisiva.

È inutile fare le anime candide o i falsi indignati, ma tutti quando vedono l’esercito di un altro paese che manganella i civili, che gli carica, che respinge le loro proteste a suon di passi cadenziati e battiti di manganello sugli scudi di plexiglass, parteggiano per i manifestanti inermi, perché quello che il cervello interpreta è l’aggressione del Potere Militare nei confronti dei manifestanti e la solidarietà della società civile internazionale, piaccia o no, va a quest’ultimi.

I cittadini francesi, spagnoli, russi, inglesi, tedeschi, polacchi, bulgari, romeni, cinesi, iraniani e via via tutti gli altri, che hanno visto le immagini – tutte uguali – degli scontri romani, indistintamente hanno parteggiato per i manifestanti,che secondo il governo italiano – visto dall’estero – bollati come terroristi, vittime della repressione militare, perché è fisiologico, in quanto si vede la “rivolta altrui” come un atto di coraggio e un atto di civiltà, mentre un potere che reprime viene visto come fascisto-comunistoide che non ha cuore il benessere dei suoi cittadini, ma solo la conservazione del proprio e dei propri privilegi. E dai cittadini di mezzo mondo oggi il governo e la politica italiana è vista così: un paese da democrazia limitata e di questo bisogna ringraziare la nomenclatura attuale, senza distinzione di colore d’appartenenza, responsabili del “Fallimento Italia!”


Marco Bazzato
15.12.2010
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lunedì 13 dicembre 2010

Sakineh, il nuovo appello delle star



È strumentale l’uso che si fa della vicenda di Sakineh, la donna iraniana condannata a morte prima per lapidazione, successivamente commutata in impiccagione, con la pena sospesa, per aver partecipato all’omicidio del marito e adulterio.

Ora che la lapidazione possa essere considerata un’esecuzione atroce si può anche convenire, ma l’impiccagione no, è una tecnica usata spesso nelle condanne a morte nei paesi islamici, e l’ultimo fra i politici condannati fu proprio Saddam Hussein nel 2006.

Quello che è riprovevole non è tanto la condanna a morte ma il rimandarla continuamente perché i media internazionali hanno dato vita ad una campagna mediatica contro l’Iran e il suo sistema giudiziario.

A volte bisogna essere cinici, perché certe campagne di “solidarietà contro la pena di morte” sono mosse da intenti politici sovranazionali, non dall’interesse di salvare la vittima a una singola persona, o perché il mondo ne ha veramente a cuore la sua sorte. L’obbiettivo è destabilizzare in questo caso il sistema giuridico iraniano e il suo governo, e il mondo si sta rendendo complice di un utilizzo strumentale di una vicenda giudiziaria d’omicidio per fare pressioni internazionali a uno stato sovrano.

Sakineh non viene vista come una persona da salvare, ma come un simbolo da usare come ariete per fare pressioni contro un paese. Il simbolo potrebbe chiamarsi Sakineh, oppure invece d’esser una persona potrebbe essere un vegetale o un oggetto, e simboli, oggetti e persone sono sempre sostituibili.

"Liberatela, ha sofferto abbastanza" è il grido che alza dallo star sistem hollywoodiano, come se di “uomini o donne morte che camminano” gli americani non ne avessero a sufficienza di condannati nel braccio della morte, ma di quei condannati nemmeno si preoccupano, anzi il mondo nemmeno si preoccupa, al pari di quelli cinesi, per non fare ingerenza politica nei confronti della prima superpotenza del mondo.

No si sa come reagirebbe l’opinion pubblica italiana se partisse una campagna internazionale a favore di Sabrina e Michele Misseri, dove ottanta attori americani ne chiedessero la liberazione. Sicuramente si assisterebbe a un via vai continuo di politici nelle varie trasmissioni televisive italiane che condannano l’indebita ingerenza nei fatti giudiziari italiani, come sta accadendo in Iran, ma se i paesi manipolando l’opinion pubblica interna, si “coalizzano” contro una nazione oggi politicamente nel mirino,per problematiche che nulla hanno a che fare con i diritti umani. Sarebbe interessante vedere cosa accadrebbe in Italia se un domani mattina un gruppo di iraniani e statunitensi assieme, si mettessero a manifestare davanti alle ambasciate italiane nei rispettivi paesi per chiedere la liberazione dei Misseri, perché “hanno già sofferto abbastanza”. Purtroppo anche l’opinione pubblica internazionale quando si vuole colpire a livello d’immagine un paese all’estero, mettendolo sotto una luce negativa di comodo, reagisce con emozioni di pancia, senza prima pensare alle rogne di casa propria.

Infatti per fare un paragone di come il comportamento dell’opinione pubblica si muova a corrente alternata, le dichiarazioni a favore del neo Premio Nobel per la pace sono state assai risicate anche in Italia, d’altronde gli interessi economici con la Cina sono certamente più importanti di un dissidente in galera che si batte per la democrazia nel suo Paese. Non ci sono stati italiani, anche di sinistra, da sempre a favore della cultura e di diritti umani, che si siano dati appuntamento davanti all’ambasciata cinese per manifestare contro la mancata possibilità di ritiro del premio da parte del vincitore. La ragion di Stato anche di sinistra ha avuto il sopravvento rispetto alla logica e al buon senso.

I diritti umani non dovrebbero essere dei valori negoziabili, soprattutto per quei paesi, Italia compresa, che hanno l’arroganza, quando fa comodo, di dirsi civili, salvo chiudere gli occhi, specie se c’è di mezzo il dio dollaro, il dio Ren Min, che ha come unità di misura lo Yuan o il dio rublo, quando si tratta di fare affari con la Russia. Ma politica e diritti umani non sono mai andati d’accordo, anzi, in ogni paese che si “rispetti” in un modo o in un altro vengono calpestati, solo che raramente assurgono alla prima pagina o nei servizi d’apertura dei paesi interessati, si preferisce omettere.

Gli italiani spesso si arrabbiano contro il sistema giudiziario, eccessivamente garantista, per capirlo basterebbe leggere anche molti commenti su Facebook di quanti sono coloro che invocano la pena di morte anche per “delitti contro gli animali”, contro la vivisezione, o contro i crimini efferrati commessi contro la persona, salvo poi mettersi in mostra, perché fa tanto di moda, quando si tratta di salvare un illustre sconosciuta, solo perché tutti si accodano alle notizie senza prima rifletterci sopra. Se la ragione non è un opinione, la certezza della pena, a seconda di ogni sistema giudiziario, dovrebbe valere come per l’Italia anche per l’Iran, ma così per i ciechi e sordi non è, preferiscono accodarsi alla massa, perché è più comodo


Marco Bazzato
13.12.2010
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domenica 12 dicembre 2010

Wikileaks: l'ira della Santa Sede


“Il re è nudo” e si incazza. Chiudete gli occhi ai bambini!

Non l’ha presa tanto bene lo Stato Città del Vaticano le “rivelazioni” Wikileaks, dove i cablogrammi diplomatici dell’ambasciata statunitense presso la “Santa Sede” fanno fare una figura barbina alle alte cariatidi della diplomazia vaticana. Naturalmente lo Stato foraggiato dall’Italia, grazie al concordato, cerca di smarcarsi, mostrando però una certa diplomatica irritazione per come vengono descritti i vertici della setta composta da un miliardo di addetti del Caattolicesimo Universale.

Ma il problema non sono le ovvietà espresse dagli addetti all’ambasciata, ma lo smacco morale – sempre che in Vaticano esista una morale – manco fosse il primo, circa la catastrofica impreparazione dei diplomatici, legati a una mentalità fariseica e zelota, poco amanti della verità, tradendo così anche i principi del loro capo supremo, non il papa, ma il Cristo crocifisso e il Padre stesso. Cose che Cristo già sapeva, visto che la teologia dice che Dio vede e comprende tutto, ma evidentemente al Vaticano non piace quel passo del Vangelo di Mt 10, 26-27: “Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti”. Ma per il Vaticano, vista l’irritazione manifestata, sembra che queste sacre parole non dovrebbero valere per loro…chissà perché?

Ne esce un ritratto arcinoto di uno Stato Pontificio che a parole predica l’amore, l’armonia, il rispetto nei confronti del prossimo, ma nei fatti fa ostruzionismo, non collabora con i paesi stranieri quando i loro sacerdoti commettono reati con i pantaloni abbassati, contro dei minorenni, oppure quando da quasi duemila anni compie alchimie finanziarie in mezzo mondo, prelevando al contrario di Robin Hood ai poveri per dare ai ricchi, cioè alle alte gerarchie, denaro, terreni, rendite, castelli, palazzi, ospedali e bordelli vari…
Ma uno di quelli che ci fa la figura peggiore è Tarcisio Bertone sa comunicare solo in Italiano, e un diplomatico che si rispetti, come minimo dovrebbe conoscere il francese – lingua internazionale dei diplomatici – o al massimo, anche se zoppicante, un minimo di inglese, perché presumere che i diplomatici stranieri si imparino una lingua morta, il latino, lingua ufficiale del Vaticano è un’utopia neandertaliana, e se poi vengono presi per i fondelli c’è da stupirsi che non sia stato fatto prima pubblicamente.

Alla fine l’ex Stato Pontificio ne esce con le ossa rotte, anche se bisogna essere onesti, fuori dall’Italia se ne fregano del Vaticano e del papa e la massima attenzione che riceve è durante le benedizioni Urbi et Orbi dove anche i non credenti aspettano di sentire gli auguri nella loro lingua, dimenticandolo subito dopo, e tornando alle faccende quotidiane rimuovendo dalla memoria collettiva il nome del Re dello stato teocratico all’interno delle mura capitoline.

L’errore delle gerarchie vaticane, che come nominava duemila anni i loro antenati – sadducei, samariti, farisei, zelti – il loro capo, non sono altro che “sepolcri imbiancati”, che all’alba del XXI esimo secolo vivono ancora con l’illusione di “Roma caput mundi”, mentre alla fine non se li fila nessuno, a parte i politici, ma per ragioni di elettorato, sono solo un residuato preistorico e un costo sociale per la società italiana e presumibilmente anche per altre nazioni dove esistono “Patti Concordatari” che bellamente disattendono, quando si tratta di far camminare la Giustizia, a loro sfavore.

Una gerarchia arroccata ai riti,a secolari tradizioni, persi nelle interpretazioni variabili di pecorai e di un pescatore del Lago di Tiberiade, simili a coloro che festeggiavano durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C, scollata e disadattata rispetto alla società civile, incancreniti su pozioni da castello assediato, come se all’interno delle “Sacre Mura” ci fosse ancora qualcosa degno di un valore morale da salvare e da lasciare ai posteri.
Insomma anche gli americani hanno scoperto finalmente l’acqua calda.

Marco Bazzato
12.12.2010
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sabato 11 dicembre 2010

Julian Assange rischia la deportazione negli U.S.A.


I governi non hanno amici ma solo interessi, e questo li pone allo stesso livello di una prostituta che fa servizizzietti orali per pochi euro, lungo le tangenziali del mondo. E come era prevedibile, sembrerebbe che il governo inglese e quello svedese abbiano deciso di prostituirsi, regalando al dardo della legge dell’inventata ragion di Stato, al capo branco statunitense, che meticcio per la vergogna, sta cercando un onorevole via d’uscita dal letame scatenato dalla mancanza di sicurezza dei sistemi di comunicazione con il Dipartimento di Stato.

Se Julian Assange venisse deportato negli Stati Uniti, e non estradato, in quanto a tutt’ora esiste solo un mandato di cattura internazionale emesso dalla Svezia per una presunta storia di violenze sessuali, l’intero sistema giudiziario statunitense potrebbe rischiare una grana ancora più grande, in quanto sembra assurdo ma non è mai stato violato il I° Emendamento della Costituzione Americana, che recita:

« Il Congresso non promulgherà leggi che favoriscano qualsiasi religione, o che ne proibiscano la libera professione, o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea, e di fare petizioni al governo per riparazione di torti ».

Gli Stati Uniti d’America, patria a parole delle libertà civili, hanno paura della “lista della spesa” degli ambasciatori sparsi per il mondo. Sì, perché come ha detto pochi giorni fa Bruno Vespa a Porta a Porta, gli ambasciatori non sono altro che i portinai della nazione che rappresentano all’estero, e alla fine le rivelazioni Wikileaks, non sono che i commenti sul vicino di casa delle massai dal pizzicagnolo e raccolgono dalle amiche le confessioni sul fustacchione, oppure del cornuto all’insaputa della moglie e/o viceversa. Da che mondo è mondo non si è mai visto un “divulgatore di gossip” deportato in un paese straniero, perché questi non sa tenere riservate le informazioni, la maggioranza comunque di dominio pubblico nei rispettivi paesi, andando ad arrestare,assurdo degli assurdi, il fondatore di un sito internet. A voler essere pignoli, ma gli americani lo sono solo quando fa comodo, dovrebbero arrestare, se avessero commesso dei reati penali, coloro che materialmente caricano i cablogrammi su Wikileaks, perché se la legge ancora esiste, ed ha un valore logico e di giustizia, dovrebbero dimostrare chi praticamente ha caricato file per file, e se i servizi segreti funzionassero a dovere, dovrebbero averli già individuati,,ma sono degli incapaci. Gli americani, se riusciranno a farsi deportare in patria Julian Assange, non vogliono processare i colpevoli materiali, perché incapacitati a prenderli, ma solo il simbolo di questo “sputtanamento” planetario, che si sono auto inflitti da soli.

Ma il mondo del cyber spazio, quel mondo planetario senza barriere, si sta ribellando, dando vita ad una risposta – senza perdite di vite umane – all’attacco sferrato Wikileaks, dove gli hacker stanno attaccando a testa bassa, con attacchi mirati e chirurgi i siti delle compagnie americane in patria e all’estero, facendo pressioni politiche nei confronti di aziende non registrate nel suolo americano, affinchè tagliassero “i viveri”, ergo le donazioni di sostegno al sito ingiustamente incriminato.

Intanto una delle accusatrici si è data alla macchia, secondo quanto riportano molti quotidiani italiani e stranieri, alimentando il sospetto che la donna in questione fosse una spia prezzolata dalla Cia, e che lo stupro fosse solo un invenzione dei servizi americani che sapevano benissimo di non poterlo incastrare per le fughe di notizie avvenute entro il loro territorio nazionale, anche se in paesi esteri.

Ci si augura che Julian Assange non venga caricato in un aereo piombato e spedito – segretamente – negli Stati Uniti, perché potrebbe anche significare che la libertà di parola, di pensiero e di espressione è solo un’ utopia e che gli U.S.A, la decadente superpotenza è con le spalle al muro e l’unica sua possibilità di salvezza, dalla catastrofe, è quella di dar via ad una repressione delle libertà civili su scala planetaria, seguendo il modello della Repubblica Popolare Cinese.

Marco Bazzato
11.12.2010
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lunedì 6 dicembre 2010

Commercio illegale di animali provenienti dall’est Europa


Sta giungendo a grandi passi il Natale, festa che a parte pochi casi di religioso ha ben poco, e da settimane si moltiplicano i sequestri di animali provenienti dall’est Europa, prelevati dalla cucciolata in tenera età, privi di vaccini e spesso costretti a viaggiare in condizioni poco salutari per la loro fragile salute. I servizi giornalistici televisivi però puntano principalmente l’indice contro coloro che sono considerati dei trafficanti senza cuore, ma vanno sfatati alcuni luoghi comuni tipicamente italici. In primo luogo la sensibilità nei confronti degli animali nei paesi dell’est, per fortuna, deve ancora raggiungere i livelli patologici italiani. Lì infatti un cane o un gatto sono ancora solo dei cani e/o gatti, e non caricati dell’umanizzazione tipica dei cosiddetti paesi industrializzati. E nei paesi dell’est quando risultano delle eccedenze di produzione si preferisce, a ragione, addossarli a dei grulli micragnosi, che ben sanno che il prezzo che andranno a pagare sarà più basso di quello di mercato,ma se ne fottono. In fin dei conti potrebbero tranquillamente ammazzarli, gettarli in qualche cassonetto dei rifiuti dopo averi dato qualche mazzata ben assestata in testa. Invece a modo loro tengono, come gli italiani, il cuore a destra e il portafoglio a sinistra, e vendendo gli animali a soli 30 Euro a pezzo è come se garantissero loro la vittoria al terno al lotto della vita, scaricando la patata bollente agli animalisti dell’Europa Occidentale.

Le leggi basilari dell’economia, anche quella clandestina, dicono che per esserci offerta ci deve essere domanda. E infatti la domanda nasce dai cosiddetti “animalisti con le pezze al culo”, che a parole si getterebbero in un canale per salvare il pulcioso, ma nei fatti per risparmiare qualche centinaio di euro non si fanno scrupoli ad acquistare animali di dubbia provenienza, privi dei certificati veterinari legali che ne attestino il buon stato di salute. Ma si sa, devono accontentare i pargoli che vogliono, per i mesi invernali e primaverili, il cucciolo nuovo, salvo poi prima di partire per le ferie, abbandonarlo per strada, visto che alla fine il costo d’acquisto è stato irrisorio.

I sentimenti di questi animalisti accattoni sono ballerini come quelli di un ubriacone che si mette a sbraitare davanti ad un bordello, chiedendo che venga chiuso, perché visto il tanfo che emana, il buttafuori nemmeno si sognano di farli entrare. E il bello di questi loschi figuri è che nascondendo le origini dell’est europeo dell’animale, poi hanno anche la sfrontatezza d’andare a puntare l’indice contro coloro che li maltrattano, fingendosi indignati, mentre questi “San Francesco” dei coatti hanno dimenticato o fingono di non ricordare che l’animale che ora dicono di amare, è stato acquistato a sottocosto, come se fossero andati ad una svendita di rigattiere imbroglione.

Non è il caso di indignarsi, ma esistono degli animalisti più pulciosi del loro protetti se comprano animali al mercato nero, per spilorceria, ma esistono amanti degli animali e sonno la maggioranza , che sono persone degne di ogni rispetto e considerazione perché sanno dare il giusto valore – non patologico – all’animale d’affezione. Quest’ultimi dovrebbero essere i primi che vanno a denunciare i comportamenti bestiali degli animalisti della domenica, di coloro che sfoggiano il loro bell’amico a quattro zampe, avendo magari la faccia tosta d’andare a dire in giro che è stato un affare.

Prendersi un animale da compagnia non è una moda, un capriccio da bifolchi, ma è una responsabilità che solo le persone intelligenti e dotate di un intelletto equilibrato dovrebbero prendersi. Mentre per sfortuna si assiste a un mercimonio animalistico che odora peggio della Simonia, solo per il gusto di sfoggiare con le amiche o i compagni di merende l’ultimo modello di cane di razza pregiata, fregandosene se è stato portato a casa più morto che vivo e soprattutto privo, o con documenti veterinari falsi, e questi sono moralmente più colpevoli degli stessi criminali che effettuano i trasporti illegali, o di coloro, che pur sapendo dal triste destino che potrebbe accadere durante il viaggio verso occidente, vendono a prezzi da fame, i loro animali.

Certi pseudo animalisti sono la feccia di coloro che amano gli animali, una razza indegna che nel caso acquistasse animali al mercato nero dovrebbero essere costretti a viaggiare per almeno un migliaio di chilometri nelle stesse condizioni dei loro “amati”.. Forse così ci penserebbero un'altra volta prima di non imparare d’accertarsi della vera provenienza degli animali che dicono d’amare.

Un invito a tutti i taccagni che acquisteranno animali sottocosto: si spera che vi attacchino il cimurro e la rabbia. Se proprio volete risparmiare andate in un canile e accontentatevi di quello che passa il convento, perché l’animale, se proprio lo si vuole, dovrebbe essere un animale d’affezione e non da sfoggio come una pelliccia pregiata, acquistata per far si che le amiche della moglie siano invidiose.

L’animale per certi animalisti bifochi non è un essere da affezione, ma un modellino griffato da sfoggiare, da mostrare, da portare a passeggio al parco, possibilmente senza museruola e sacchetto raccogli escrementi, tanto se gli altri li calpesteranno, dice il proverbio, “La merda porta denaro”.

Puntare l’indice da parte degli italiani orbi solo contro i Paesi dell’est che esportano illegalmente le eccedenze canine e feline è un insulto alla ragione, perché gli italiani non si rendono conto che vendere unna cucciolata per 150 Euro è una miseria, ma i veri miseri sono gli italiani che avendo uno standard economico più elevato dei Paesi dell’est si comportano da morti di fame, peggio dei venditori, perché per una famiglia dell’est la vendita potrebbe significare la sopravvivenza mensile, mentre per gli italiani, spendere 100 euro per un cucciolo al mercato nero equivale a mangiare e ingrassarsi sopra, risparmiando, rispetto al reale valore di mercato, sulle povertà altrui.

I veri banditi e criminali di questo truce commercio non sono i poveri dell’est Europa, ma i ricchi dell’Ovest Europa, Italia compresa, che con le loro richieste fanno muovere questo commercio clandestino e criminale, giocato sulla pelle degli animali e sulla pelle di poveri cittadini dell’Est, anch’essi l vittime della diffusa illegalità transnazionale.

Marco Bazzato
06.12.2010
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domenica 5 dicembre 2010

Arriva il Natale


Ecco che nuovamente arriva il Natale, festa usurpata al pagano dio Mitra, sostituito 2000 anni fa con un “tipo” più moderno e con una diversa immagine regale, infatti questo Re – narra la leggenda – dovrebbe, ma gli storici non sono concordi, essere nato, ma guarda i destini del caso, anche lui il 25 dicembre.
Lasciamo stare l’aspetto religioso, diventato nel panorama mondiale una festività quasi settante, in quanto in pochi lo festeggiano come celebrazione religiosa, essendo diventato l’aspetto ludico, le libagioni, i regali, l’albero, i ventri ricolmi, i babbi natali che spuntano come una masnada di lebbrosi fuggiti da un lebbrosario di Calcutta. Insomma una festa del consumismo spinto, dove i genitori, mentendo come scimpanzé, inducono a credere che un vegliardo panciuto la notte tra il 24 e il 25 faccia in poche ore il giro del globo con una slitta volante trainata da renne per portare dei doni ai bambini buoni. Per dirla tutta, il festival della patacca.

Una delle cose più rivoltanti sono i centri commerciali, addobbati come tacchini pronti per spennare i clienti, che vi si recano tra imprecazioni sommesse e grida dei figli, perché vorrebbero avere in dono,mentre alla fine pagano i genitori, cani e porci, non importa che siano elettrici, elettronici o manuali.
Poi, come se non bastasse, oltre all’albero, la tradizione italiana ha inventato – grazie a San Francesco – anche il presepio, divenuto la fiera del Circo Barum visti i personaggi che lo agitano: uomini della politica, dello spettacolo, puttane e puttanele, dove il bambinello sfortunato, partorito secondo alcuni in una grotta, secondo altri in una capanna, da qui si capisce il relativismo religioso che nemmeno sa mettersi d’accordo su una cosa banale, dovrebbe levare le tende e farsi mettere al mondo magari in un vero luogo isolato, il deserto potrebbe andare benissimo, senza tanti pastori che fino a pochi attimi prima bestemmiavano e bevevano e poi perché sbronzi, affermano d’aver veduto degli angeli che gli invitava alla trasumanza adoratoria.

I Natale è divenuto l’apoteosi della stupidità, lo festeggiano anche i cinesi comunisti mangia cani e bambini a tradimento, non tanto perché sanno cosa in teoria dovrebbe significare, ma perché anche nel Paese di Mezzo, è arrivato il consumismo politico, imposto dal partito, quindi potenza dei media e della propaganda, bisogna adeguarsi altrimenti si sentono out.

La scemenza assoluta poi è la consegna dei regali, rigorosamente o la notte tra il 24 e il 25 oppure il 25 mattina. Per fare un dispetto alla festività, per scardinare questa follia cannibalizzante il pensiero, sarebbe interessante, se proprio si vuole perdere tempo nel ricercare regali inutili, consegnarli una settimana prima, o due settimane dopo, o meglio ai primi di febbraio, anche per mandare un segnale ai commercianti che sperano di risollevare i bilanci almeno a fine anno, con la corsa alle borse piene dei citrulli.

Uno degli aspetti più depravati sono i cenoni della vigilia e i pranzi natalizi, dove le farmacie vedono incrementare follemente le vendite di lassativi e purganti stura intestino, perché non è corretto andare a banchettare, in onore di uno che nasce al freddo e al gelo, senza riempirsi, anche di ogni genere di schifezze lo stomaco sia la vigilia, sia il 25. La cosa migliore da fare, e al più economica, sarebbe quella di tornare alla tradizione degli antichi romani: mangiare come maiali, riempirsi come dei serpenti boa e mettere dei catini ai piedi della tavolata, infilandosi un dito in gola, rigettando il tutto, per ripartire a spron battuto con nuove portate e facendo bella figura anche il giorno seguente, visto che in ogni caso, o che esca dalla via d’entrata o che esca dalla via naturale d’uscita le scorie devono uscire.

Festeggiare il Natale, da decenni appare come il rito delle pecore – i consumatori, costretti a una tosatura – economica – anticipata, in inverno, dove la maggioranza dei belanti si accapigliano, si spintonano, bestemmiano, si provocano le ascelle pezzate per la bloglia dantesca dell’ultimo frenetico acquisto, sovente inutile, diventando così malati entro un meccanismo perverso dove, dopo aver esaurito ogni genere di maledizione, si spergiura sempre di non ricaderci più, salvo poi farsi nuovamente fottere l’anno successivo.

Un consiglio per trascorre un ottimo 24 e 25 dicembre: Non fate nulla, non comprate regali, no organizzate cenoni o pranzi luculliani, tenete a distanza parenti, nipoti e cugini di ogni ordine e grado, restatevene chiusi in casa,attendendo che l’ubriacatura di regali, cene, pranzi, beveraggi e libagioni passi. Ne guadagnerete i salute, evitando le rotture dei parenti che meno si vedono meglio si sta, e soprattutto risparmierete. Il Natale in fin dei conti è un giorno come un altro, e se ci pensiamo bene anche la patacca “A Natale siamo tutti più buoni” è vera solo per il fatto che nelle settimane e nei giorni precedenti si h dato fondo a bestemmie, maledizioni,e insulti proferiti agli abitanti del Cielo e a quelli rintanati – al caldo – sottoterra, arrivando all’appuntamento della vigilia e del dì di Natale, stanchi, depressi, spaesati e con il portafoglio vuoto, il più delle volte dopo aver speso denaro per persone che stanno ipocritamente simpatiche e nel cuore, ma realmente nello stomaco e nelle balle!!


Una delle più belle preghiere natalizie sia quella del comandate Hartman, da Full Metal Jacket è un film del 1987 diretto da Stanley Kubrick
“Tanti auguri a te. Tanti auguri a te. Tanti auguri Gesù Cristo, tanti auguri a te.
Allora oggi è il Santo Natale, il gran varietà religioso comincerà alle ore 09.30.
Il cappellano Charlie vi farà sapere come il mondo libero riuscirà a fare fuori il comunismo, con l’aiuto di Dio e di alcuni Marines. Dio ci si arrapa con i Marines, perché noi ammazziamo tutto quello che vediamo. Lui fa il suo mestiere, noi facciamo il nostro. E per dimostrargli il nostro apprezzamento per averci dato tanto potere ,noi gli riempiamo il cielo di anime sempre fresche. Dio è arrivato prima del corpo dei Marines, quindi a Gesù voi potete offrire il cuore, ma il vostro culo appartiene alla nostra arma. Signorine, sono stato chiaro?"

Marco Bazzato
05.12.2010

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mercoledì 1 dicembre 2010

WikiLeaks: in attesa dei dispacci che facciano tremare le cancellerie di mezzo mondo.


Dovevano essere i file che avrebbero fatto tremare le cancellerie di mezzo mondo, invece per ora l’atteso botto non c’è stato. Solo banalità, gossip, e qualche piccola perla di ovvietà che tutti i cittadini, riferiti ai politici dei singoli stati, sanno ed esprimo quotidianamente ogni giorno su blog, siti e pagine di Facebook. Insomma chi si aspettava qualcosa di deflagrante è rimasto deluso.

Del nostro beneamato premier, Silvio Berlusconi, si è già detto tutto e il contrario di tutto e allo stato attuale, visto che non molla l’osso del comando per gli scandali quotidiani, appare vero che “ciò che non distrugge, fortifica”Verrebbe da gridare “Miracolo!” o “Peccato!”

La cosa che più rammarica, ma si spera che in futuro WikiLeaks lo faccia, è che non siano stati pubblicati, se fossero disponibili, i messaggi tra le varie ambasciate nel mondo di cosa ne pensano i rispettivi diplomatici dei governati dei paesi ospiti. Sarebbe interessante sapere per esempio cosa pensa un ambasciatore italiano del presidente degli Stati Uniti, o del primo ministro inglese e via discorrendo. Tanto per avere un panorama complessivo della situazione. Se fossimo fortunati, forse, i giudizi, bene o male potrebbero collimare o avere delle piccole differenze,da quanto si può udire in qualsiasi bar di periferia o mentre il barbiere fa barba e capelli, commentando i fatti e i comportamenti dei vari politici nazionali e internazionali, conosciuti e sconosciuti.

A voler essere feroci si potrebbe dire senza timore d’essere smentiti che siamo giunti alla politica da shampisti, con tutto il rispetto per gli shampisti.
Possiamo dire ch si è strappato il velo dell’ipocrisia diplomatica, dei sorrisi a tutti i costi, delle strette di mano davanti ai fotografi, delle pacche sulle spalle e delle corna presidenziali fatte durante gli incontri internazionali, delle barzellette sporche e delle bestemmie contestualizzate, mostrando i vari “leader” nazionali di tutto il mondo, politicamente “nudi come germi” dalla testa alla cintola dei pantaloni, a parte Berlusconi, messo a nudo dalla “cintola in giù”.

Basta ipocrisie, le ambasciate servono ai cittadini per alcuni servizi agli autoctoni e agli emigrati, ma è solo la punta dell’iceberg degli interessi di cui gli ambasciatori e i loro addetti diplomatici quotidianamente si occupano. Addetti militari, addetti culturali, addetti economici e via discorrendo. Ambasciatori e addetti diplomatici non perdono tempo con le “miserie” della plebe – al massimo in caso di incontri con i piccoli imprenditori, l’ambasciatore dice ha “ha preso nota dei bisogni” sebbene nè lui nè nessuno del corpo diplomatico o dei segretari presenti prenda uno straccio di appunto, questo rende l’idea di quanto siano di facciata questi incontri – quelle vengono, a parte casi rarissimi, demandati a dipendenti di rango inferiore, a impiegati, il vero lavoro di un ambasciata rimane comunque la raccolta di informazioni, e non bisogna essere geni per comprenderlo. È naturale che poi i funzionari di grado inferiore, su indicazioni dei superiori, redigano dei dispacci da inviare ai rispettivi Ministeri degli Affari Esteri, per far sapere ai politici ed eventualmente anche alla grande industria, vizi privati e pubbliche virtù delle controparti che si potrebbero incontrare in occasione di negoziati economici e/o politici ad altissimo livello.

Questi sono i “segreti” svelati con dovizia di particolari nei romanzi di spionaggio, come nel caso di Tom Clancy, hanno forti agganci con il sistema e la comunità dell’intelligence. Vedi “Il Cardinale del Cremlino” 1988, e oggi, piaccia o no, le cose non sono cambiate di una virgola. Verità e fantasia mascherate unite e fuse, ma che all’interno rivelano informazioni assai pratiche e utili, per chi non vuole leggere un romanzo solo per la storia, ma anche per comprendere quanto di reale possa esserci dietro.

Le cancellerie internazionali ora sono incazzate perché è ufficiale che molto del denaro speso viene utilizzato affinchè ci si possa “diplomaticamente sputarsi” addosso a vicenda come dei lama tibetani, e sono scandalizzate del fatto che la plebaglia venga a sapere quello che comunque ipotizza bene, infatti, sono furiosi per via dell’ufficialità dei documenti emersi.

Uno dei personaggi più ridicoli di questa situazione è il Ministro degli esteri Franco Frattini, che ne chiede a gran voce l’arresto e l’interrogatorio, anche se non si è capito se anche con metodi estremi, e dato che ci siamo anche un soggiorno “fine pena mai”, senza processo, a Guantanamo. E questo sarebbe un libertario democratico?

Certe richieste di “legalità” odorano di letame fascisto-comunistoide richiamano alla memoria i campi di rieducazione sovietica.

Frattini omette di dire che in quei dispacci resi pubblici i singoli paesi seppur menzionati non possono metterci bocca, in quanto si tratta di comunicazioni interne, intercorse tra le varie ambasciate americane sparse per il mondo e il Dipartimento di Stato, e secondo i principi del diritto internazionale, è come fossero state inviate all’interno del territorio degli Stati Uniti d’America perché le ambasciate non sono altro che appendici all’estero, nelle varie capitali o uffici consolari, del paese che invia i propri ambasciatori nei paesi ospiti, e all’interno le ambasciate sono luoghi extraterritoriali, inviolabili dei singoli stati rappresentati. A tutti gli effetti si tratta di corrispondenza che seppur a migliaia di chilometri di distanza ha viaggiato – formalmente – all’interno del territorio statunitense, e dove per logica di rispetto, le dichiarazioni di Frattini equivalgono ad un intromissione negli affari interni di una nazione sovrana.

Uno che conosce la diplomazia dovrebbe evitare certe sparate, interferendo con gli affari interni di un paese “amico”.

Qualsiasi immigrato in Italia o italiano all’estero che si reca presso la propria rappresentanza diplomatica, vede all’interno del perimetro della medesima le forze dell’ordine del proprio paese,lo sa. È strano che il Ministro degli affari esteri non sia a conoscenza di questa ovvietà, e si lasci andare a dichiarazioni di ingerenza nei confronti di un paese sovrano.

Ora WikiLeaks ha promesso che farà crollare una grande banca statunitense, mettendone in luce le connivenze tra la diplomazia e i banchieri il che ha spinto la signora con le corna, Hilary Clinton, moglie dell’ex presidente dai calzoni macchiati di sperma, Bill Clinton, a far dare la caccia al fondatore di WikiLeaks, e facendo partire la prima guerra mondiale informatica non dichiarata contro un privato cittadino e una società che ha sede in un paese straniero. Con la guerra cibernetica – non dichiarata ufficialmente – gli americani è come se avessero mandato gli squadroni della morte a snidare non i nemici entro i confini di uno stato straniero che ospita i server. Oggi succede a WikiLeaks, domani potrebbe accadere a qualsiasi libera attività ubicata in ogni parte del mondo che sta sui maroni agli americani, il tutto per una falla di comunicazione avvenuta all’interno dei loro confini, ambasciate sparse per il mondo comprese.

Da quando un paese che si reputa democratico e libero ha paura della verità e dei fatti scritti dai loro stessi funzionari? Un terrorista, perché così ministri come Frattini, dipingono dovrebbe essere considerato il suo fondatore Julian Assange. Per chi ha la memoria corta o preferisce resettarla, verso la fine degli anni ’80 gli americani guardavano a Michail Gorbaciov, come un innovatore quando lanciò la “Glasnost” – trasparenza nel vacillante impero dell’oggi ormai ex Unione Sovietica, mentre ora quando questo australiano compie un’operazione di trasparenza nei confronti degli Stati Uniti, facendo uscire documenti disponibili grazie anche alla mediocrità delle difese dei sistemi di sicurezza, ecco che diventa un nemico della pace internazionale, per dirla alla Frattini, “che vuole distruggere il mondo”.

Insomma,in poche parole, siamo all’apologia dell’artereosclerosi.
Ma la cosa più interessante che emerge, almeno per quanto riguarda l’Italia, è come viene visto il presidente del consiglio Silvio Berlusconi dai funzionari dell’ambasciata americana a Roma: un mediocre, dedito a “festini selvaggi”, ma soprattutto il liberista che guarda sempre all’America, ma nei fatti è “intimo” amico di un ex spia comunista, Vladimir Putin, e Berlusconi a parole odia i comunisti, e di un dittatore, tra l’altro simpatico, coreografico e ipocondriaco – stando ai dispacci americani – Gheddafi. Questo dovrebbe far capire in che mani sono gli italiani in questo momento. Uno come Putin resterà per cultura sempre uno con il modo di pensare della spia, ma evidentemente al Cavaliere piace essere accostato a simili personaggi dell’ex apparato sovietico.

Ora però il pericolo più grande non potrebbe venire da WikiLeaks ma dal “silenzio stampa” dei maggiori quotidiani internazionali, cartacei e online, che potrebbero iniziare a dare un basso profilo ai file, perché un conto è quando si tratta di gossip e un'altra cosa quando rischiano, minacciati dai vari governo, ritorsioni legali, nel caso facessero da cassa di risonanza, mettendo al corrente i lettori di quanto emerge.

I cittadini di ogni singolo paese dovrebbero chiedere ai quotidiani d’essere aggiornati in tempo reale per quanto riguarda i file rilasciati da WikiLeaks, perché hanno il diritto di conoscere come si muove il molch della diplomazia, della grande industria e la finanza, perché alla fine quando giungono le crisi finanziarie i costi dei macelli politici ricadono ancora sui cittadini, e sarebbe ora che ognuno inizi a portarsi a casa il proprio letame, smettendo di spalmarlo addosso ai cittadini che alla fine sono solo vittime di questo commistione politico-economico-affaristico planetario.

Marco Bazzato
01.12.2010
http://marco-bazzato.blogspot.com/